
Per alcuni analisti nell’ultimo anno il mercato sta cambiando a favore dei cedenti, con finalmente una frenata del deprezzamento degli studi dentistici. Resta comunque ancora più vantaggioso sul lato acquirente. Si sta aprendo inoltre il mercato della pazientela, che consente di monetizzare la propria attività anche in caso di strutture poco attraenti per i compratori. È infatti cambiato profondamente rispetto al passato il tipo di studio appetibile sul mercato
Dal punto di vista imprenditoriale per un odontoiatra i momenti più critici sono quelli in cui decide di aprire il proprio studio, magari rilevandone uno già esistente e avviato, e quando valuta la fusione della propria attività con quella di un collega per creare uno studio associato. E poi, normalmente a fine carriera, giunge il momento di abbandonare la professione e quindi di cedere lo studio. Un passaggio delicato dal punto di vista sia emotivo che economico, in cui l’obiettivo non può che essere quello di realizzare la vendita dell’impresa che ha costruito nel tempo a un prezzo soddisfacente e in qualche modo commisurato ai tanti anni di dedizione e lavoro. Rispetto al passato la vendita dello studio dentistico e della sua pazientela si è rivelata in questi anni un’operazione complicata, ma forse qualcosa sta cambiando.
Abbiamo fatto il punto con l’avvocato Alessandro Siess, socio fondatore e partner di MpO & Partners, una società costituita da commercialisti, revisori legali e avvocati attiva nella consulenza per operazioni di cessioni e acquisizioni di studi di professionisti, dentisti inclusi.
Avvocato Siess, come deve affrontare la questione un professionista che decida di cedere il proprio studio professionale?
In primo luogo, il consiglio che ritengo non eludibile è quello di rivolgersi a soggetti specializzati, che siano in grado di supportarlo in tutte le fasi dell’operazione: individuazione del soggetto interessato all’acquisizione, quantificazione del valore dello studio, contrattualistica e supporto legale all’operazione, negoziazione e closing.
Inoltre, ritengo fondamentale che il professionista pianifichi con congruo anticipo la cessione del suo studio, perché si tratta di un’operazione che necessita di un paio di anni per perfezionarsi. Infatti, oltre ai fisiologici tempi per chiudere l’operazione (ricerca di un acquirente, trattativa e chiusura dell’accordo), bisogna tenere in considerazione un periodo di “affiancamento” obbligatorio, il quale non può essere inferiore a un anno.
Inoltre, il professionista cedente, se si muove per tempo, può di fatto anticipare il momento di cessazione della sua attività: infatti, supponendo per ipotesi che maturi il diritto alla pensione ai 65 anni, potrebbe cedere lo studio a 62, godere per tre anni delle entrate derivanti dal pagamento del prezzo dilazionato e poi ai 65 andare in pensione e ricevere il relativo assegno.
Come effettuare correttamente il valore dello studio? Quali asset si devono considerare?
La valutazione di uno studio dentistico segue in linea di principio i metodi di determinazione adottati nella pratica per la valutazione di un’azienda, ma è necessario fare attenzione ad alcuni elementi specifici della realtà professionale.
Nella prassi, si utilizza un metodo misto derivante dalla combinazione del metodo dei multipli di mercato e del metodo reddituale-finanziario, che permette di determinare la redditività media dello studio sulla base di un intervallo di riferimento (in genere, gli ultimi tre anni) e di elaborare un business plan in grado di evidenziare i flussi finanziari attesi, in entrata e in uscita, nel breve periodo di tre/cinque anni.
Sulla base di un’analisi congiunta di tutti gli elementi che caratterizzano lo studio oggetto di analisi, sia contabili (fatturato medio, costi, redditività su base Ebitda ecc.) che extra-contabili (tipologia di attività, organizzazione, brand, ubicazione ecc.), si giunge a individuare il multiplo dell’indicatore Ebitda che consentirà di determinare il congruo valore di cessione dello studio, valore che dovrà essere supportato adeguatamente dai flussi finanziari del business plan e dovrà necessariamente garantire la sostenibilità dell’operazione per il compratore nel breve periodo.
Va poi detto che la valutazione deve essere “calata” sul mercato: tenuto conto delle attuali dimensioni della domanda di acquisizione di studi dentistici, in sicura crescita ma ancora al di sotto dell’offerta, il valore dello studio può subire un abbattimento al fine di reggere, appunto, il mercato.

Quali sono gli errori più comuni e i rischi da evitare?
Ripeto, a mio parere l’errore più comune è quello di affrontare l’operazione senza il necessario supporto tecnico. Il “fai da te” è molto rischioso e controproducente, in quanto se si è supportati da un advisor si ha la possibilità di spuntare un prezzo migliore, che sicuramente compensa il costo del consulente.
L’altro errore comune è quello di ritardare troppo il tempo della cessione, in quanto è inevitabile che lo studio, con l’avanzare dell’età del suo titolare, perda clientela e quindi valore.
Inoltre, spesso il professionista fa una gran fatica a distaccarsi dalla sua “creatura” e conseguentemente, al momento decisivo, si spaventa della prospettiva di dover cambiare vita e anche inconsciamente ostacola la chiusura dell’operazione.
Avvocato Siess, questo è un buon momento per cedere uno studio?
Da circa un anno il mercato sta cambiando a favore dei cedenti. Fino a
un anno fa registravamo invece un’enorme offerta e una scarsissima
domanda. Ovviamente questo, oltre a rendere difficile l’incontro della
domanda e dell’offerta, determinava un forte deprezzamento dello studio.
Il mercato, inoltre, era dominato dai pochi acquirenti, solitamente
imprenditori proprietari di catene, che erano e sono interessati
esclusivamente a strutture fronte strada con vetrina, a piano terra e
possibilmente in zona commerciale. Questi acquirenti non sono
interessati ad acquistare fatturato e tendenzialmente cercano strutture
in difficoltà da rilevare e potenziare.
Ora però si sono affacciati
sul mercato gli acquirenti professionisti. Dentisti che cercano
strutture avviate da rilevare e che quindi sono disponibili a pagare
l’avviamento dello studio. Noi ci rivolgiamo principalmente a questo
tipo di acquirenti, che consentono un’adeguata valutazione e
monetizzazione dello studio in cessione.
Inoltre, la richiesta si è
estesa anche ai soli “pacchetti pazienti” e ciò consente una
monetizzazione anche a chi sia titolare di strutture poco appetibili, in
quanto antiquate, come ad esempio studi siti in condominio e con arredi
vintage.
Quindi, concludendo, il momento è buono e soprattutto sta
migliorando per i cedenti, anche se resta ancora più vantaggioso lato
acquirente.
Per quali motivi può essere invece interessante acquistare uno studio dentistico?
L’acquisto di uno studio dentistico, e di uno studio professionale in genere, può essere motivato da due ragioni.
A un giovane professionista a inizio carriera consente di acquisire in un’unica soluzione fatturato, un team di dipendenti/collaboratori affiatato e allenato a lavorare con quel pacchetto di pazienti, un know-how già rodato, le attrezzature, l’assistenza del collega anziano cedente.
A un professionista a metà carriera consente di potenziare la sua struttura, facendo confluire ulteriore pazientela nel suo studio e creando sinergie e politiche di scala fra le varie strutture acquisite.
Peraltro, ribadisco che il momento è vantaggioso per acquistare in quanto i prezzi degli studi sono ancora sottostimati rispetto alle loro potenzialità.
Nel caso di due dentisti che vogliano fondersi in studio associato, come valutare correttamente il “peso” dei loro singoli studi, se sono piuttosto diversi per fatturato e tipologia di pazienti?
La premessa fondamentale è partire dalla valutazione di entrambe gli studi, realizzandola secondo i metodi descritti in precedenza, al fine di determinare il valore degli stessi secondo criteri omogenei.
Nella prassi, poiché le regole per assegnare il peso dei singoli studi possono essere diverse a seconda della tipologia di attività esercitata e delle caratteristiche degli stessi, si consiglia di procedere con una negoziazione legale che disciplini tutti gli aspetti della vita del soggetto giuridico di nuova formazione: governance, ripartizione utili, compensi, diritto di recesso, liquidazione della quota ecc.
È utile evidenziare che l’apporto nello studio associato, se non legato a erogazione di somme sia all’ingresso che all’uscita, è fiscalmente neutrale in capo ai singoli associati, in quanto costituisce semplicemente un differente modo di gestire l’attività professionale, per ridurre l’incidenza dei costi individuali e incrementare l’efficienza, non modificando la natura del contratto d’opera intellettuale che conserva carattere personale e vincola il professionista rispetto al suo cliente. Come precisato dalla Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate nr. 177/E del 2009, infatti, l’irrilevanza fiscale permane anche quando l’apporto della clientela costituisce un parametro per differenziare le quote di partecipazione agli utili, in quanto tale ripartizione si determina non solo in base alla clientela ma anche in considerazione del cosiddetto “peso professionale”, costituito dal bagaglio di conoscenze ed esperienze maturate del professionista.

CATENE ODONTOIATRICHE, MOLTI PROBLEMI E QUALCHE OPPORTUNITÀ_ L’ingresso del mondo imprenditoriale nel mercato dentale viene percepito dai professionisti e dalle loro associazioni di categoria come un elemento di criticità.
Per Alessandro Siess, founder e partner di MpO & Partners, l’aggressione del mercato da parte delle catene dentali ha comportato «una forte perdita di pazientela per gli studi monoprofessionali, una significativa riduzione delle tariffe di mercato per le prestazioni odontoiatriche, una sensibile svalutazione degli studi professionali “classici” organizzati secondo standard vecchi e superati, la trasformazione dei dentisti impegnati nelle catene dentali da liberi professionisti a figure simili ai dipendenti».
È indubbio che la categoria dei dentisti è quella che ha maggiormente subito l’attacco degli imprenditori, che hanno applicato metodologie di carattere aziendale alle cliniche, riuscendo a standardizzare le prestazioni e occupando una significativa fetta del mercato.
«Se i professionisti possono cogliere un’opportunità da questo fenomeno – suggerisce Siess – è quella di utilizzare le medesime metodologie utilizzate dagli imprenditori (standardizzazione, spersonalizzazione della prestazione, organizzazione aziendale, controllo di gestione, marketing ecc.) coniugandole con la professionalità tipica della categoria e quindi creando un valore aggiunto che l’imprenditore non riesce a fronteggiare. Noi stiamo verificando che vi sono importanti segnali in tal senso: molti professionisti hanno compreso che devono evolversi nei termini appena descritti e si rivolgono a noi per un supporto nei loro progetti di aggregazione». Che sostanzialmente significa lavorare per raggiungere una standardizzazione delle procedure ripetitive e forti economie di scala, pianificando nel tempo anche un’eventuale espansione territoriale.
Renato Torlaschi
Giornalista Italian Dental Journal

NORME SULLA CESSIONE DI PAZIENTELA E IMPOSTE SU ACQUISTI E CESSIONI_ La validità e la liceità del contratto di cessione a titolo oneroso della clientela professionale è stato stabilito dalla Corte di Cassazione con la sentenza nr. 2860 del 2010, con la quale ha affermato che «è lecitamente e validamente stipulato il contratto di trasferimento a titolo oneroso di uno studio professionale, comprensivo non solo di elementi materiali e arredi, ma anche della clientela». Naturalmente visto il carattere personale e fiduciario del rapporto tra medico e paziente, la cessione della clientela non è un fatto tecnico ma si realizza tramite «un complessivo impegno del cedente volto a favorire la prosecuzione del rapporto professionale tra i vecchi clienti e il soggetto subentrante attraverso l’assunzione di obblighi positivi di fare (mediante un’attività promozionale di presentazione e di canalizzazione) e negativi di non fare (quale il divieto di riprendere a esercitare la medesima attività nello stesso luogo)».
Ai fini delle imposte dirette, nel caso di cessione di uno studio individuale, il comma 1-quater dell’articolo 54 del Tuir, prevede espressamente che per il professionista cedente «concorrono a formare il reddito i corrispettivi percepiti a seguito di cessione della clientela o di elementi immateriali comunque riferibili all’attività artistica o professionale». Ribadendo, quindi, anche il principio “di cassa” tipico dei professionisti.
Pertanto, in caso di pagamento dilazionato in più anni, come avviene quasi sempre, la cessione dello studio professionale genera interamente reddito professionale da assoggettare a tassazione ordinaria ai sensi dell’articolo 54 del Tuir. Di conseguenza i corrispettivi percepiti a seguito della cessione della clientela professionale dovranno essere inseriti nel quadro RE della dichiarazione dei redditi e il lavoratore autonomo che intende cessare l’attività deve conservare la partita Iva fino all’incasso dell’ultima rata.
Qualora il professionista si avvalesse di una società, la cessione dell’attività verrà disciplinata dal regime fiscale applicato in caso di cessione di azienda o di quote societarie.
Da parte acquirente, inoltre, i costi sostenuti per l’acquisizione di uno studio sono interamente deducibili.
Nel caso, rarissimo, in cui il corrispettivo venisse incassato in un’unica soluzione, vi è la possibilità di assoggettarlo a “tassazione separata”, ovvero applicando un’aliquota media delle imposte pagate dal professionista nel biennio precedente all’anno in cui si incassa il corrispettivo.
Alessandro Siess
MpO & Partners