L’ingaggio dell’arco nello slot è un aspetto molto importante del trattamento ortodontico, sia per una tenuta sicura che per la frizione durante lo scivolamento. Fenomeni come binding (si crea quando il dente tippa o si flette l’arco dal contatto tra lo stesso e gli angoli del bracket) e notching (deformazione permanente dell’arco sull’interfaccia arco/angolo del bracket) sono componenti importanti della resistenza allo scivolamento che influenzano e condizionano il movimento dentale, come descritto da Kusy e Whitley (1).
Per affrontare queste problematiche, da circa vent’anni sono stati introdotti sul mercato i bracket autoleganti. Possono essere passivi e si comportano come tubi, o interattivi spingendo l’arco nello slot con la clip che si comporta da molla. Sebbene le aziende produttrici presentino i bracket autoleganti come la soluzione ideale sia per la tenuta che per la frizione, in letteratura diverse pubblicazioni hanno dimostrato che non ci sono molte differenze nel trattamento ortodontico tra i vari sistemi di ingaggio del filo, concludendo che non è giustificato l’uso di questi attacchi, più costosi di quelli gemellari (2, 3).
Nel confronto tra i metodi di ingaggio del filo sappiamo però che la legatura elastica è la più frizionante e non garantisce una buona tenuta nel tempo, la legatura metallica va stretta e piegata bene, la clip ha una buona tenuta. Altra caratteristica positiva di questo metodo di ingaggio dell’arco nello slot è rappresentata dalla ridotta deformazione dello stesso, contattando gli angoli del bracket, riducendo il binding o il notching, fenomeni molto frequenti nelle fasi iniziali di allineamento, soprattutto in casi con affollamenti o slivellamenti significativi.
Elencando in sintesi i vantaggi dei bracket autoleganti, il cambio arco è più rapido (5 minuti), si usano meno strumenti e il vantaggio biomeccanico con i primi archi è espresso sia dalla frizione ridotta con fili di piccole dimensioni (2, 3) che da tempi più ridotti nella fase iniziale di allineamento. Tutti questi aspetti sono senza dubbio validi motivi per utilizzare queste apparecchiature, in quanto nel calcolo dei costi di un trattamento ortodontico bisogna considerare anche il fattore “tempo di trattamento”. Se si perde meno tempo nella prima fase di allineamento e livellamento per la ridotta frizione e il controllo dell’ingaggio arco/slot, il cambio arco è rapido e sicuro, si usano meno strumenti e così la gestione clinica risulta certamente più efficace ed efficiente.
Caso clinico
Nel caso clinico presentato si evidenziano i vantaggi degli attacchi autoleganti nella fase iniziale del trattamento. Sono stati usati gli attacchi Micerium Mistral Plus. Questi nuovi bracket possono essere sia interattivi che passivi. È stata usata la prescrizione Roth con attacchi interattivi da canino a canino e passivi nei settori posteriori. In tal modo si ha massimo controllo nella zona anteriore e ridotta frizione nella zona posteriore. Il bondaggio che effettuo è solo indiretto, viene realizzato sul modello pianificando le altezze degli slot e usando Faq.Fix Revolution (Micerium) come altimetro (fig. 1). Viene poi realizzata una mascherina per trasferire sul paziente il bondaggio realizzato.
Il caso clinico presentato mostra un affollamento in arcata superiore con disallineamento verticale del 13, come si evince dal bondaggio iniziale nelle figure 2, 3, 4 e 5. Il primo arco utilizzato è solitamente un niti .014 superelastico Spectra Plus NT. Per massimizzare l’efficacia delle apparecchiature autoleganti il primo arco deve essere molto sottile, riducendo il rischio di binding e notching.
Nella figura 6 si evidenzia la piena libertà dell’arco nello slot del 14, condizione che non si sarebbe osservata in caso sia di legatura elastica che metallica, in quanto avrebbero aumentato la deformazione dell’arco sull’interfaccia arco/angolo del bracket. In tal modo l’arco scorre meglio e si esercitano forze leggere sui denti.
Un’altra considerazione da fare è sull’ingaggio dell’arco nel 13. Per ridurre gli effetti indesiderati dello spostamento in arcata di elementi disallineati verticalmente sui denti contigui possiamo usare diverse strategie, in funzione della gravità degli stessi. In questo caso siamo in presenza di un disallineamento che può essere affrontato già con il primo arco non inserendolo nello slot, bensì legandolo al bracket come mostrato in figura 3.
Nella strategia dell’allineamento con attacchi autoleganti rientra anche la modalità di blocco dell’arco, in funzione dell’ancoraggio o della posizione degli incisivi. In questo caso desidero favorire la vestibolarizzazione degli incisivi superiori, pertanto non bloccherò l’arco a stretto contatto distalmente ai tubi sui sesti, ma lascerò del filo in modo tale da consentirne la vestibolarizzazione durante l’allineamento iniziale (fig. 5).
Dopo circa un mese già si osservano miglioramenti dell’allineamento e livellamento (figg. 7, 8 e 9). Il 13 ha avuto modo di avvicinarsi al piano occlusale ed è stato ingaggiato nell’arco (fig. 8). Gli incisivi si sono vestibolarizzati durante l’allineamento, come programmato, riducendo l’affollamento (fig. 9).
Dopo un altro mese abbiamo ottenuto un buon allineamento del 13 e si inserisce un arco Spectra Tri-Force NT .020x.020, iniziamo a lavorare sul terzo ordine (fig. 10). Questo arco esercita forze biologiche ideali e differenziali sui denti, progressivamente crescenti dalla zona incisiva ai molari.
Un’ultima considerazione sull’efficacia dell’uso di forze leggere in un sistema a bassa frizione. Osserviamo dalla figura 2 la mediana superiore non coincidente con l’inferiore e deviata a destra, e lo spazio insufficiente per il 13, come si evidenzia in figura 5. Le forze leggere espresse da un arco niti .014 in un sistema a basso ingaggio favoriscono il recupero dello spazio in arcata per il 13 e allo stesso tempo consentono di centrare la mediana superiore con l’inferiore (fig. 10).
In conclusione, abbiamo visto in questo caso clinico come i bracket autoleganti possono migliorare la pratica clinica quotidiana di ogni ortodontista, indipendentemente dalla tecnica utilizzata. Il vantaggio evidente nella fasi iniziali del trattamento, dalla sicurezza dell’ingaggio arco/slot alla ridotta frizione al controllo dell’ancoraggio, come pure nei tempi ridotti alla poltrona durante i controlli, rappresentano senza dubbio dei validi motivi per adottarli.
Tutti questi motivi, accompagnati anche da uno studio dei modelli per pianificare le altezze corrette degli slot e la realizzazione di un bondaggio indiretto, potranno rendere i nostri trattamenti più efficaci ed efficienti.
Bibliografia
1. Kusy RP, Whitley JQ. Influence of archwire and bracket dimensions on slidinmechanics: derivations and determinations of the critical contact angles for binding. Eur J Orthod 1999;21: 199-208.
2. Thorstenson GA, Kusy RP. Comparison of resistance to sliding between different self-ligating brackets with second-order angulation in the dry and saliva states. Am J Orthod Dentofacial Orthop 2002;121:472-82.
3. Thorstenson GA, Kusy RP. Effect of archwire size and material on the resistance to sliding of self-ligating brackets with second-order angulation in the dry state. Am J Orthod Dentofacial Orthop 2002;122:295-305.

Edoardo Marchese
Libero professionista a Salerno, specialista in chirurgia maxillo-facciale