
Pierluigi Delogu
Un’odontoiatria sostenibile, per i professionisti e per i cittadini-pazienti: va in questa direzione la riflessione dell’Associazione italiana odontoiatri (Aio) riunita al congresso internazionale di Chia, in Sardegna. E dal centro geografico del Mediterraneo apre un dialogo diretto con le associazioni dei Paesi che condividono lo stesso ideale di professione, per dare vita a un’alleanza mediterranea e ripensare il ruolo del dentista: «meno ingegnere, più medico»
Si è chiuso sabato 13 giugno il 27° congresso nazionale e 8° congresso internazionale dell’Associazione italiana odontoiatri (Aio) di Chia, sud della Sardegna, dopo tre giorni di lavori scientifici con partecipanti e relatori provenienti veramente da tutte le parti del mondo: dagli Stati Uniti al Medio Oriente, dalla Russia all’Asia orientale, dal Nordafrica al Centroamerica. Aio è riuscita a portare in Sardegna più di mille iscritti al congresso, per un totale di circa 4.000 accessi al congresso nei tre giorni di lavori.
A margine del congresso, abbiamo intervistato il presidente Aio Pierluigi Delogu, che insieme a Fausto Fiorile (vicepresidente Aio) e Angelo Raffaele Sodano (segretario nazionale Aio) ha risposto alle nostre domande sulla questione giovanile, sull’identità politica e sindacale di Aio, sui rapporti con le altre anime dell’odontoiatria e sulla posizione conflittuale tra Aio e Cao, la Commissione albo odontoiatri, alla cui guida è stato recentemente riconfermato Giuseppe Renzo che entra nel suo settimo mandato.
Presidente, Aio nasce nel 1984 all’indomani dell’istituzione dei corsi di laurea in odontoiatria per rappresentare sindacalmente e politicamente quei nuovi odontoiatri e in quella rappresentanza trovava la sua forza e la sua identità. Oggi che tutto è cambiato e quella battaglia si è esaurita, qual è l’identità associativa di Aio?
L’identità di Aio è duplice: una forte, fortissima matrice politico-sindacale che nasce dalle problematiche che avevamo trent’anni fa e una più recente connotazione internazionale.
Ormai da anni abbiamo intrapreso relazioni non limitate al territorio nazionale, mirate all’inserimento dell’odontoiatria italiana nel contesto internazionale. Oggi vediamo i frutti di questo sforzo diplomatico a partire dal congresso di Chia, al quale partecipano professionisti da tutto il mondo, e ci offre anche un importante trampolino dal punto di vista politico. Proprio in questi giorni al congresso abbiamo lanciato, insieme ai delegati di tante associazioni estere, l’idea di un’alleanza mediterranea in odontoiatria.
Confrontandoci con i nostri colleghi all’estero ci siamo resi conto delle grandi differenze che ci sono tra un Paese e l’altro: gli odontoiatri nel mondo non pensano la professione alla stessa maniera. Anche in Europa ci sono delle differenze sostanziali. E il blocco divisorio in Europa è tra Paesi anglosassoni e Paesi del Mediterraneo: è nettissima, dicotomica, la visione dell’odontoiatria tra queste due realtà. Tutti abbiamo più o meno gli stessi problemi ma vediamo l’odontoiatria in due modi diversi, entrambi plausibili, da valutare e da analizzare.
Una differenza sostanziale è che gli inglesi, seguendo gli esempi di Svezia, Danimarca, Belgio e Francia, hanno deciso di investire risorse per offrire un’assistenza pubblica odontoiatrica al cittadino piuttosto che nella formazione dei dentisti, che hanno acquisito già formati dall’estero, Italia compresa. Essere inseriti in questo ambito internazionale ci ha fatto comprendere ad esempio come osteggiare i corsi di laurea all’estero sia un ragionamento inutile e senza senso e che non può essere questa la soluzione alla insostenibile pletora che c’è nel nostro Paese. Anche perché siamo inseriti in una Europa con delle regole che tutti stanno seguendo ed è in questo quadro normativo che dobbiamo muoverci.
La figura dell’odontoiatra è in parte cambiata: prima erano quasi tutti datori di lavoro, ora crescono dipendenti e collaboratori e la gran parte dei giovani lavora in grandi centri. Come prova un sindacato a tenere insieme e rappresentare esigenze così diverse e a volte contrastanti?
Queste due anime della professione devono viaggiare insieme: il datore di lavoro si deve rendere conto che se non aiuta e non si mette a disposizione del neolaureato, non ci sarà più nessuno a cui vendere lo studio a fine carriera e nessuno a pagargli la pensione.
La nostra collaborazione con Aiso (l’associazione degli studenti di odontoiatria, ndr) è nell’ottica di far entrare i giovani laureati negli studi dei dentisti libero professionisti, per far sì che il passaggio intergenerazionale sia anche formativo, non solo dal punto di vista tecnico-scientifico ma anche etico-valoriale e di visione della professione. Una visione che l’università oggi non offre, perché predilige l’aspetto della dipendenza. Così il neolaureato esce dall’università rassegnato a entrare in un franchising.
Le nuove leve devono essere consapevoli del ruolo dell’odontoiatra, che non è solo quello di professionista sanitario ma è anche quello di attore sociale. Aio, prima di ogni cosa, vuole trasferire questa consapevolezza ai giovani, la consapevolezza della nostra professione.
Nella realtà quotidiana però i giovani trovano la porta degli studi chiusa. Cosa fa un sindacato per sostenere la crescita di questo meccanismo, che sarebbe virtuoso?
Intanto lo dice. E con onestà non millanta di avere una rete di dentisti pronta ad assumere giovani neolaureati.
Sicuramente faremo una campagna di sensibilizzazione sui colleghi. Stiamo poi attivando dei servizi legali per tutelare chi lavora nei grandi centri. Abbiamo anche intrapreso contatti a livello politico per spingere a cambiare la legge che riguarda la gestione di queste società di capitali, che in Italia sono tollerate ma non completamente legali, a partire dalle direzioni sanitarie: spesso si tratta di persone che dirigono più di cinque centri nello stesso tempo e magari non sono nemmeno odontoiatri. Questo può fare un sindacato e questo deve fare un sindacato.
È vero che bisogna dare una risposta ai giovani, ma dobbiamo darla anche a tutta l’odontoiatria. Ci sono colleghi di 45 anni che stanno chiudendo lo studio. O che lo aprono solo quando hanno appuntamenti in agenda. Alcuni sono costretti a licenziare i dipendenti e a tornare a un’attività completamente autogestita.
Dopo un periodo di convergenza, l’ultimo anno ha segnato una forte divisione tra le diverse anime del dentale: odontoiatri, igienisti dentali, odontotecnici, assistenti. Quanto siamo lontani da un movimento omogeneo del comparto nel dialogo con le istituzioni?
Siamo dell’idea che tutte le professioni debbano elevare la qualità e professionalità e lavorare in rete. Non possiamo però dimenticare che la risposta alla richiesta di salute del cittadino può essere appropriata solo se tutto gravita attorno alla figura dell’odontoiatra. Non possiamo assolutamente accettare che gemmino delle situazioni normative che lascino spazio allo studio dell’igienista dentale o che la figura dell’odontotecnico si trasformi in una figura sanitaria, cosa che non è.
Siamo per la valorizzazione di tutte le figure del settore, ma in un contesto in cui al centro ci sia l’odontoiatra.
Aio aveva caldeggiato un cambiamento ai vertici della Cao nazionale alla vigilia delle ultime elezioni. Cambiamento che non c’è stato. Vi sentite in ogni caso rappresentati da Giuseppe Renzo o prevalgono elementi di dissenso?
Siamo rispettosi dei ruoli, dell’istituzione ordinistica e anche della sua rappresentanza attuale.
Prima delle elezioni abbiamo preso una posizione non su un nome o una persona ma sulla valutazione politica degli ultimi anni. E il nostro giudizio deriva dal fatto che da troppo tempo le regole che dovrebbero governare la categoria e tutelare i pazienti vengono in continuazione travalicate, rese confuse, mal interpretate e oggi ne vediamo gli effetti. I grandi centri stanno artificiosamente creando un bisogno sanitario che non esiste, dalle radiografie gratuite alle ablazioni del tartaro in ogni caso. E tutto avviene alla luce del sole, senza che l’Ordine intervenga sugli iscritti responsabili di questi comportamenti deontologicamente censurabili.
Avevamo chiesto chiarezza sulla pubblicità sanitaria e invece nel codice deontologico si è fatta una norma confusionaria che ha addirittura portato a una sanzione dell’Antitrust. Nonostante questo abbiamo sostenuto l’Ordine nel ricorso.
L’Ordine è un organismo ausiliario dello Stato che dovrebbe tutelare i cittadini e la loro salute attraverso una garanzia delle regole assolutamente ferrea. Oggi invece è un’istituzione svuotata di significato e autorevolezza, che esiste solo perché previsto dalla legge.
Nel nostro ambito la Cao è il vero referente del ministero della Salute, che gli riconosce a pieno questo ruolo, in quanto sua emanazione tecnica che autogoverna la categoria. Peccato però che la Cao non riesca a dare risposte adeguate e continui a sviare l’attenzione parlando solo di abusivismo, che non è il problema principale della categoria e non può essere il punto di partenza di ogni ragionamento.
Andrea Peren
Giornalista Italian Dental Journal
IL FOTORACCONTO DEL CONGRESSO
AIO: CONFRONTO CON L’AREA MEDITERRANEA
PER UN NUOVO MODELLO DI ODONTOIATRIA
«Forse il futuro dell’odontoiatria sarà diverso dallo studio monoprofessionale di oggi, sarà fatto di professionisti in rete, di società di professionisti, ma non potrà essere quello dei grandi centri low-cost» riflette Fausto Fiorile, vicepresidente Aio, a margine del 27¡ congresso nazionale e 8¡ congresso internazionale Aio di Chia, sud della Sardegna.
E proprio da questo evento, geograficamente al centro del bacino del Mediterraneo, è partito un confronto, un’alleanza tra Aio e altre associazioni di odontoiatri che si affacciano sul Mediterraneo e che condividono con l’Italia una visione simile della professione. «Il filo conduttore di tutte le relazioni al congresso è la visione di un’odontoiatria non solo come aspetto tecnico e scientifico ma anche come ruolo sociale – dice Pierluigi Delogu, presidente Aio -. Fare odontoiatria non significa solo saper far bene un’otturazione, ma anche far sì che questa sia riproducibile e sostenibile economicamente. Per questo tutti i relatori hanno parlato anche di sostenibilità delle terapie e questa sostenibilità, questo nuovo modello odontoiatrico, noi vorremmo discuterlo e analizzarlo anche alla luce delle esperienze degli altri Paesi che per cultura della professione sono a noi vicini. Con il dialogo possiamo trovare le idee per un modello odontoiatrico sostenibile».
Un ripensamento che per Angelo Raffaele Sodano, segretario nazionale Aio, deve necessariamente coinvolgere il sistema universitario: «Il sistema dell’offerta formativa andrebbe riformato sul fronte delle modalità di accesso e i numeri dei posti a concorso, così come richiesto anche dalla Federazione, drasticamente ridotto ripensando anche sull’opportunità paventata di aprire il 35esimo corso di laurea in Italia. Tra tagli di risorse e scarsezza di mezzi – riflette Sodano – non mi meraviglierebbe affatto che le piattaforme informatiche delle università telematiche del settore privato si affaccino quali prepotenti mediatori di opportunità a un “sistema della formazione” a cui assesterebbero un epocale cambiamento di rotta puntando verso la “smaterializzazione” del rapporto docente-discente».
Andrea Peren