
Alessandro Agnini
Il congresso della Società italiana di protesi dentaria e riabilitazione orale passa in rassegna le indicazioni alla riabilitazione orale nelle diverse età della vita: da quella evolutiva all’età adulta, fino alla terza età
Per Alessandro Agnini e tutta la Società italiana di protesi dentaria e riabilitazione orale (Sipro) la protesi non ha età, né per i pazienti, né per i clinici. «Da sempre siamo abituati a considerare la protesi come una branca destinata ai pazienti adulti, praticata da colleghi già con una base di esperienza in altre discipline e magari non più giovanissimi e declinata su trattamenti di nicchia, almeno nelle sale congressuali – riflette Agnini, presidente della società scientifica –. Il congresso della Sipro sfaterà questo falso mito».
In programma il 17 e 18 febbraio a Firenze, il secondo congresso della Sipro si intitola proprio “Le età della protesi” e si occupa di passare in rassegna tutte le indicazioni alla riabilitazione orale nelle diverse età della vita: da quella evolutiva all’età adulta, fino alla terza età.
Dottor Agnini, vista la dinamica demografica, in futuro a frequentare gli studi dentistici saranno prevalentemente persone anziane. Quali problematiche si pongono per questo tipo di pazienti?
A livello globale, assistiamo da oltre cent’anni a una dinamica demografica che sta cambiando la composizione della popolazione. Se nel 1900 solo il 4% della popolazione mondiale aveva superato i 65 anni, oggi risulta chiaro che il segmento che nel prossimo futuro andrà ad aumentare maggiormente sarà quello degli ultraottantenni: avremo quindi una società sempre più anziana, dovuta alla bassa natalità e all’aumento dell’aspettativa di vita.
Ma l’aspettativa di vita è anche legata alla qualità della vita? Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, la qualità della vita non corrisponde semplicemente a un’assenza di malattia, malformazione o infermità (o mutilazione, nel caso di un paziente edentulo) ma a un benessere complessivo: fisico, mentale e sociale.
Questo significa che, durante l’invecchiamento, la qualità della vita può essere compromessa dall’insorgenza di una condizione che oggi è chiamata fragilità; può essere correlata a inattività fisica, a patologie croniche, a stili di vita inadeguati, a effetti collaterali dell’assunzioni di farmaci o ad eventi psicologici traumatici, tipicamente lutti.
Tutti questi aspetti vanno tenuti in considerazione quando ci troviamo di fronte a un paziente con edentulismo, che a sua volta impatta sulla qualità della vita dell’anziano e si correla a una serie di condizioni, come malnutrizione, obesità, diabete, malattie cardiovascolari.
Cosa prevedono le linee guida?
Nel 2002 è stato pubblicato un documento internazionale di consenso per il trattamento del paziente edentulo (The McGill consensus statement on overdentures. Gerodontology. 2002 Jul;19(1):3-4. PMID: 12164236) in cui lo standard di cura minimo è identificato in una protesi rimovibile nell’arcata mascellare e un’overdenture mandibolare ritenuta da due impianti per migliorare estetica, stabilità, funzione e trofismo dei tessuti molli.
Col tempo, sono migliorati i sistemi di ancoraggio protesico, la tipologia degli impianti dentali – oggi lavoriamo con mini-impianti che possiamo posizionare anche in creste edentule atrofiche – e abbiamo la possibilità, quando vi è indicazione, seguendo un preciso protocollo terapeutico, di posizionare un solo impianto dentale in mandibola riducendo ulteriormente la morbilità del paziente.
Quali competenze si richiedono ai nuovi protesisti?
Al giovane odontoiatra, e protesista in particolare, si richiede un approccio multidisciplinare, con la valutazione non solo dell’aspetto tecnico odontoiatrico, ma dello stato psicologico, degli stili di vita e dello stato nutrizionale. Inoltre, la riabilitazione protesica nel paziente anziano deve essere sostenibile. La sostenibilità clinica comporta sedute brevi e di ridotta invasività; deve poi esserci una sostenibilità economica, che si declina anche dal punto di vista sociale, con la necessità di favorire l’accesso alle cure per i pazienti anziani e fragili, garantendo la presenza di professionisti informati e formati sul territorio.
Su questo tema, al congresso Sipro è prevista una tavola rotonda, a cui partecipano esperti della sanità pubblica e privata per analizzare i dati epidemiologici, capire su cosa sta lavorando la sanità a livello nazionale e come possono contribuire gli ambulatori privati, le università e le società scientifiche sulla formazione degli odontoiatri, di tutto il team di operatori coinvolti, non ultime le persone che sono a contatto quotidiano con i pazienti fragili e se ne prendono cura e che devono sapere come gestire, nel caso di una protesi rimovibile, l’igiene quotidiana. I giovani di oggi sono gli anziani di domani. Investire nella ricerca adesso significa stipulare un’assicurazione per il benessere del futuro.
Passa il tempo e la protesi rimovibile rimane un presidio ancora molto utilizzato. Quali sono le condizioni cliniche che la fanno preferire a una riabilitazione fissa?
Tempo fa c’era chi le dava in via di estinzione, ma le protesi mobili non lo sono affatto.
A prescindere dalle tecniche e protocolli di trattamento, quando riabilitiamo un paziente anziano dobbiamo tenere conto di una certa strategia che prevede un trattamento semplificato a cui possono seguire adattamenti protesici negli anni futuri. Sappiamo che il paziente anziano subisce nel tempo una riduzione delle capacità visive, della sensibilità tattile, della destrezza manuale, con una conseguente maggiore difficoltà nella gestione della protesi e nell’igiene orale in generale.
Insomma, le condizioni di fragilità e riduzione dell’autonomia si evolvono nel tempo e l’odontoiatra deve tenerne conto quando pianifica una soluzione protesica. È vero che non ci sono controindicazioni assolute a una protesi fissa su impianti in un paziente anziano, ma dobbiamo anche valutare la possibilità e la disponibilità del paziente a mantenere l’igiene delle protesi che andiamo a proporre. Questo può portare a preferire in certi pazienti delle protesi rimovibili, che prevedono magari degli ancoraggi e che si adattano a situazioni anatomiche differenti.
Al congresso di Firenze parliamo anche dell’efficienza ed efficacia dei processi digitali Cad/Cam per la produzione delle protesi rimovibili, facendo il punto della situazione anche sui nuovi materiali dedicati.
Se l’edentulia caratterizza principalmente la terza età, abrasioni, difetti estetici e soprattutto malattia parodontale colpiscono già in età adulta. Qual è il ruolo del protesista in questi quadri clinici?Spesso nell’età adulta dobbiamo gestire questi problemi tutti insieme e quindi servono delle competenze multidisciplinari, che comprendono aspetti parodontali, conservativi, endodontici e quindi protesici. Nella gestione di casi di questo tipo, caratterizzati da problematiche diverse, parodontali, estetiche, funzionali e di usura, la programmazione è molto importante. E il protesista gioca un ruolo determinante nel gestire questa fase perché e il primo a essere chiamato in causa. Insieme all’odontotecnico forma il team preposto a impostare il caso, dal punto di vista estetico e funzionale, in base ai parametri facciali del paziente.Oggi un grande aiuto viene dalle tecnologie digitali, che facilitano la comunicazione e il passaggio di informazioni tra l’odontoiatra e il paziente, il team di studio e l’odontotecnico. Nella gestione di questi pazienti, il protesista deve fare una raccolta molto attenta, a partire dalla prima visita, di tutti i parametri estetici e funzionali, parodontali, di usura dentale per individuarne il profilo di rischio. Oggi abbiamo la possibilità di organizzare tutte queste informazioni in ambito digitale integrandole insieme in un’unica piattaforma per facilitare la diagnosi e le diverse soluzioni di trattamento. Questo permette al team protesico di pre-visualizzare digitalmente la riabilitazione protesica per comunicare ed educare il paziente in modo efficace per quanto riguarda gli aspetti del piano di cura. Il protesista deve utilizzare razionalità, buon senso e gestione ergonomica nella gestione di questa fase. È fondamentale seguire e avere un metodo di lavoro multidisciplinare, che parta dal controllo dell’infezione per poi riorganizzare in maniera estetica e funzionale il caso e, infine, prevedere un protocollo di mantenimento con sedute di richiamo di igiene orale adeguati.
Tutti questi aspetti vengono ampiamente trattati nella mattinata congressuale del sabato da un pool di esperti nazionale e internazionale.
Quali sono invece, e come si affrontano, i quadri clinici che richiedono una riabilitazione orale già in età evolutiva?
La gestione della riabilitazione orale dell’età evolutiva richiede delle competenze odontoiatriche multidisciplinari, in ambito medico e sulla fisiopatologia dell’apparato stomatognatico.
Sappiamo che le cause dell’edentulia parziale nei pazienti in crescita sono legate a diversi fattori. La carie dentale è la più comune patologia cronica che affligge i bambini ed è la causa più frequente di perdita di elementi dentali. I traumi dentali, a volte, possono essere causa di perdita dell’elemento dentale, altre volte determinano delle fratture coronali o radicolari parziali complicate dall’esposizione pulpare dove la prognosi può essere questionabile o non favorevole. Le agenesie monolaterali, bilaterali e multiple, sono spesso associate a dei denti decidui in arcata anchilosati. Infine, ci sono talvolta edentulie parziali apparenti, quando il dente deciduo è anchilosato e nasconde la presenza del permanente incluso.
Sono tutte situazioni cliniche diverse che richiedono competenze odontoiatriche e mediche per gestire al meglio il piccolo paziente e la sua famiglia. Le diverse possibilità terapeutiche vengono affrontate nella sessione dedicata al congresso con un ampio dibattito fra diversi esperti: si parla di indicazioni e controindicazioni dell’autotrapianto e reimpianto dentale, dell’approccio ortodontico di chiusura o apertura degli spazi, di soluzioni protesiche adesive e della sostituzione dell’elemento mancante con un impianto dentale.
Renato Torlaschi
Giornalista Italian Dental Journal
PROTESI SU PAZIENTE PARODONTALE: «PRIMA VA TRATTATA LA MALATTIA»_La risoluzione della malattia parodontale non può che essere la precondizione per una riabilitazione protesica. A volte però, per pressioni del paziente o diagnosi superficiali, si decide di non aspettare. Come si rimedia in questi casi? «Le decisioni devono seguire un’etica che metta al primo posto il bene del paziente e una deontologia che prescrive buoni comportamenti professionali; per questo, il primo e necessario sforzo è di rendere consapevole il paziente del problema che ha, cercare di migliorare i suoi stili di vita non corretti e, di conseguenza, non iniziare un trattamento che sicuramente andrà incontro a un fallimento, se non viene prima controllata la malattia parodontale» risponde Alessandro Agnini, presidente della Società italiana di protesi dentaria e riabilitazione orale (Sipro).
A volte però ci si trova di fronte al fatto compiuto. «Se arriva un paziente che ha già fatto il trattamento protesico da un altro professionista, senza che ci fossero le condizioni adatte, occorre a maggior ragione ottenere una sua collaborazione in una scrupolosa igiene orale, nel tentativo di gestire la situazione controllando l’infezione e cercando di mantenere il manufatto protesico, con una condizione parodontale che deve essere comunque trattata – spiega Agnini –. A volte, ma non sempre, si riesce a rimediare, a patto di seguire il paziente in un preciso protocollo di mantenimento».