
Elio Berutti
Non solo protesi: anche l’endodonzia aumenta la quota di digitale negli interventi di routine, semplificando il lavoro del clinico e standardizzando i risultati. Se ne parla al congresso di Parma della Digital Dental Academy
L’odontoiatria è profondamente cambiata negli ultimi 15 anni grazie a tecnologie che sicuramente hanno facilitato il lavoro dell’odontoiatra. La telecamera intraorale è stata forse la prima innovazione che ha annunciato che qualche cosa stava cambiando. «Non ha avuto un grande successo, era più un gadget utilizzabile per informare il paziente sui problemi dei suoi denti e motivarlo all’igiene che un vero e proprio strumento utile a semplificare e migliorare le qualità delle prestazioni. Ma era l’inizio». Elio Berutti è stato testimone diretto di come la tecnologia ha cambiato, negli ultimi decenni, l’attività quotidiana del dentista.
Berutti è ordinario di endodonzia e conservativa all’Università di Torino, dove dirige anche il Master di microendodonzia clinica e chirurgica, ma le attività didattiche e scientifiche non l’hanno allontanato dalla clinica, in particolare dall’endodonzia, specialità a cui si dedica in modo esclusivo. L’endodontista torinese sarà il primo dei relatori che interverranno al congresso della Digital Dental Academy, che si tiene a Parma in marzo (vedi box in questa pagina).
Professor Berutti, il congresso di Parma propone un tema su cui è necessario confrontarsi il prima possibile: la tecnologia digitale in odontoiatria. Quali sono i principali cambiamenti che ci attendono nell’immediato futuro?
L’endodonzia digitale, l’implantologia, i materiali compositi, i sistemi digitali di impronta e gli annessi software di elaborazione e pianificazione dei manufatti restaurativi e protesici, la pianificazione digitale del sorriso hanno già mutato la nostra professione.
Il futuro, a mio avviso, usufruirà sempre di più delle tecnologie, specialmente del digitale, come sta già avvenendo nella nostra vita quotidiana. Non bisogna solo pensare strettamente al lavoro alla poltrona ma anche all’ambiente intorno a noi. Immagino segreterie virtuali, archivi virtuali con ologrammi 3D… Nel campo strettamente operativo sicuramente la robotica entrerà prepotentemente, come già è avvenuto anni fa nella chirurgia addominale, in urologia e altre specialità.
Penso che l’unico problema saranno i costi. Le tecnologie si pagano e anche l’apprendimento, in termini di tempo e personale necessario per poterle utilizzare al meglio. Io penso che sempre più in futuro si cercherà di fornire ai pazienti trattamenti di qualità, ammortizzando i costi grazie al numero di trattamenti. Immagino quindi studi polispecialistici, non low-cost, dove il costo delle tecnologie potrà essere meglio ammortizzato e questo permetterà di fornire al paziente prestazioni di alto livello a costi contenuti.
Come la tecnologia ha cambiato l’endodonzia?
L’endodonzia è sicuramente una delle branche dell’odontoiatria che più ha beneficiato delle tecnologie. Io ho limitato la mia attività alla sola endodonzia dal lontano 1985. Allora l’eccellenza in endodonzia era la tecnica di Schilder: files, reamers, frese di Gates Glidden, Touch’n Heat, siringa Obtura, tanta pazienza e tanto, tanto tempo. Quelli come me che si dedicavano solo a questa specialità erano visti come esseri strani e quasi masochisti.
Poi le cose sono cambiate grazie agli strumenti rotanti NiTi, che hanno eliminato il “fattore operatore”. Oggi chiunque può, in poco tempo, ottenere sagomature perfette e mininvasive grazie a questi strumenti. L’otturazione canalare è oggi semplificata dai sistemi carrier che la rendono estremamente efficace e rapida. Semplicità, rapidità e risultato hanno reso, finalmente, l’endodonzia anche remunerativa, era ora!
Oggi, con tutte le tecnologie che abbiamo a disposizione, è quasi impossibile eseguire un trattamento scadente. In letteratura ci sono studi, in particolare uno statunitense e uno asiatico, che riportano dati ricavati dalle compagnie di assicurazione, dove evidenziano che il successo dei trattamenti endodontici si attesta intorno al 95%. Non male rispetto alle altre specialità odontoiatriche, forse siamo al vertice, o meglio all’apice…
Sono più di trent’anni che tengo corsi privati e da quasi venti insegno all’università e devo dire che la maggioranza degli studenti e dei colleghi mi riferisce che l’endodonzia è bella e spesso divertente, questo senza dubbio grazie alle tecnologie oggi disponibili. Ancora oggi però l’operatore può fare la differenza, in particolare nella diagnosi, nel canal scouting, nel piano di trattamento e in endodonzia chirurgica.
Quali sono le tecnologie che più hanno fatto la differenza nella sua pratica?
Non ho dubbi: microscopio operatorio, rivelatore elettronico del forame e Cbct.
Uso il microscopio quotidianamente da quasi vent’anni. Microscopio significa non solo ingrandimento ma anche illuminazione coassiale e secondo tubo binoculare per l’assistente. Vedere un campo operatorio potendo variare gli ingrandimenti in relazione alle esigenze operative, e in più perfettamente illuminato, permette di eseguire trattamenti eccellenti senza stress. Inoltre l’assistente, vedendo il campo operatorio, può interagire al massimo diventando un vero secondo operatore.
L’endodonzia chirurgica senza microscopio ha una percentuale di successo intorno al 70%; con il microscopio il successo arriva al 94%. Il microscopio operatorio mi ha aperto un mondo nuovo, semplificandomi la vita e rendendomi la professione piacevole.
E il rivelatore elettronico?
Ricordo negli anni Ottanta quante radiografie eseguivo per essere sicuro della lunghezza di lavoro prendendo come riferimento, come diceva Schilder, l’apice radiografico. Noi ora sappiamo che molto spesso l’apice radiografico non ha nulla a che fare con il forame apicale. Oggi i rivelatori elettronici del forame sono alla quarta generazione e sono affidabilissimi – in letteratura si legge che la loro precisione è nell’ordine del mezzo millimetro – e non costosi. Rapidamente e soprattutto più volte possiamo controllare la giusta lunghezza di lavoro durante la sagomatura di un canale radicolare.
Sappiamo come questo sia importante essenzialmente per due motivi: primo perché la lunghezza di lavoro varia durante l’allargamento del canale, poiché le curve vengono addolcite, e secondo perché oggi utilizziamo strumenti rotanti NiTi a conicità aumentata. Andare oltre apice con uno strumento rotante NiTi di grossa conicità significa allargare troppo il forame e spesso trasportarlo. Non voglio pensare in passato quante volte con gli strumenti a mano ho strumentato oltre apice a causa di una incerta lunghezza di lavoro. Oggi il rivelatore è un amico fedele irrinunciabile.
Ha poi citato la tomografia computerizzata cone beam
La Cbct è per l’endodontista è un altro anti stress. Schilder diceva: gli occhi sul dente e la mente nel canale. Questo per enfatizzare l’importanza della concentrazione e la sensibilità che doveva sviluppare un bravo endodontista per riuscire attraverso le sensazioni che percepiva dai files a comprendere l’anatomia del canale.
Oggi attraverso la Cbct possiamo vedere nel dettaglio l’anatomia apicale di quel tremendissimo primo premolare inferiore e verificare se ha un unico canale oppure vedere se si biforca o si triforca. E, parlando di cose più semplici, possiamo vedere se è presente e da dove inizia il canale calcificato di quell’incisivo centrale traumatizzato. Con questo non voglio dire che sia sempre necessaria una Cbct prima di eseguire un trattamento endodontico, come alcune volte sentiamo dire spesso più per motivi commerciali che per vera necessità, ma che in alcuni casi, specialmente se si deve fare un ritrattamento, quest’indagine è veramente utile.
In endodonzia chirurgica, la tomografia computerizzata cone beam è irrinunciabile in fase di diagnosi, quando per esempio c’è una grossa radiotrasparenza e dobbiamo sapere esattamente i confini della lesione per non rischiare di andare a curettare in zone dove sono presenti terminazioni nervose o vasi. Ma più che altro quando ritrattiamo un dente, chirurgicamente o non, dobbiamo sapere la causa del fallimento del precedente trattamento e questo la Cbct quasi sempre ce lo dice.
La Cbct è poi irrinunciabile, a mio parere, quando c’è un dolore non chiaro dopo un trattamento endodontico; spesso ci rivela una fenestrazione ossea all’apice del dente trattato: ricordiamo che possiamo avere questa eventualità nel 9% dei casi di dolori post-endo.
Renato Torlaschi
Giornalista Italian Dental Journal
LE NOVITÀ TECNOLOGICHE AL CONGRESSO DELLA DIGITAL DENTAL ACADEMY_Il nuovo appuntamento con la Digital Dental Academy (www.digitaldentalacademy.it) e le tecnologie digitali legate al mondo odontoiatrico è per il 24 e 25 marzo a Parma, dove alcuni tra i maggiori esperti intercetteranno e approfondiranno i principali cambiamenti in corso in tutte le specialità: endodonzia, restaurativa, implantologia, ortodonzia, protesi digitale e tradizionale e anche riguardo alle normative europee.
A presiedere i lavori sarà Massimo Nuvina, che così definisce l’approccio del convegno: un occhio particolare agli aspetti pratici e applicabili immediatamente il lunedì successivo. Nuvina vede «segnali forti di un cambiamento imminente che coinvolgerà tutti noi e ci porterà a modificare abitudini e metodi, spingendoci ad aprirci a queste nuove opportunità pur senza dover dimenticare o accantonare nessuna delle esperienze e conoscenze affinate nel corso di tutti questi anni».
La Digital Dental Academy ha l’obiettivo di facilitare al dentista la scelta tra tutte le offerte che il mercato propone, «trasformando dei possibili problemi in soluzioni sfruttabili senza incertezze, evitando tecnicismi esagerati o apparecchiature avveniristiche ma ancora immature o troppo sofisticate per garantire una immediata e generale applicazione pratica». Nuvina è infatti convinto che il vero progresso sia dato dall’integrazione della tecnologia nella pratica clinica quotidiana e nella possibilità di semplificare e migliorare tecniche e metodiche che noi già possediamo e che sfruttiamo da tempo.