
Giovanni Manani
Possono gli igienisti dentali somministrare l’anestesia ai propri pazienti? Il ministero della Salute dice di no. Potrebbe sembrare la parola fine di un annoso dibattito, ma già alcune voci autorevoli hanno rinnovato dubbi ed evidenziato contraddizioni.
Il pronunciamento ministeriale è arrivato a fine marzo, in risposta a una lettera del presidente Cao (Commissione albo odontoiatri) Giuseppe Renzo, che chiedeva chiarezza e una «definizione in merito alla possibile interpretazione di quelli che sono i protocolli che affidano al medico odontoiatra la piena ed esclusiva responsabilità di visita, accertamento diagnostico, diagnosi, prescrizione terapeutica, applicazione della terapie, ivi comprese e in particolar modo, terapie cruente che prevedano l’utilizzo di farmaci, medicamenti e anestesie».
Nella lettera, il presidente Renzo esprimeva chiaramente il proprio parere: «è mai possibile che tale responsabilità, rimanente in capo al medico (a parere dello scrivente) possa essere delegata e/o supplita da altre figure professionali, quali l’igienista dentale le cui mansioni risultano chiaramente espresse nei profili professionali? Risulta quindi necessario ribadire che le responsabilità connesse a questi atti non possono essere ad alcuno delegate, come già ampiamente codificato e soprattutto tenuto conto di possibili incidenti o di emergenze che in uno studio medico o a maggior ragione in uno studio odontoiatrico è del tutto plausibile che possano verificarsi, trovando l’operatore sanitario di igiene dentale del tutto impreparato professionalmente e non strutturalmente in condizione di affrontarle e sottoponendo quindi il malaugurato paziente a seri rischi».
E la nota del ministero della Salute, a firma del suo direttore generale Giovanni Leonardi, ha dato ragione al presidente Cao, richiamandosi a una decisione del Consiglio superiore di sanità di cinque anni fa. «Questa amministrazione – ha scritto Leonardi – ha da sempre riconosciuto all’odontoiatra e al medico chirurgo legittimato all’esercizio dell’odontoiatria, esclusiva competenza e correlata responsabilità in merito alla visita odontoiatrica, all’accertamento diagnostico e alla prescrizione terapeutica. Con riferimento all’anestesia e all’applicazione delle terapie, in generale il Consiglio superiore di sanità, nella seduta del 15 dicembre 2009 avente ad oggetto proprio la competenza degli igienisti dentali all’utilizzo di agenti topici contenenti anestetici, ha affermato che l’utilizzo di sostanze anestetiche per infiltrazioni locali e loco regionali è atto medico». La conseguenza è chiara secondo il ministero, che «ha pertanto escluso l’applicazione di sostanze anestetiche da parte dell’igienista dentale, argomentando che il percorso formativo di tale figura professionale non prevede l’acquisizione di competenze specifiche per l’utilizzo di farmaci e per la gestione delle emergenze mediche che ne possono derivare nel corso delle cure dentarie».
Contraddizioni tra norme giuridiche e necessità cliniche
Il professore emerito di anestesiologia presso l’Università di Padova Giovanni Manani fa però notare che resta una contraddizione tra la riconosciuta autonomia dell’igienista dentale, il suo altrettanto riconosciuto ambito d’azione e la concreta possibilità di svolgerlo correttamente. Nel documento relativo agli “Obiettivi formativi qualificanti della classe: L/Snt3 Professioni sanitarie tecniche” del laureato igienista dentale, si afferma per esempio che gli igienisti «provvedono alla ablazione del tartaro e alla levigatura delle radici… e, in generale, devono essere in grado di gestire autonomamente il trattamento non chirurgico della malattia parodontale». Eppure è noto che anche la levigatura delle radici richiede in molti casi un’analgesia. Manani inizia citando il National Institute of Health americano che riconosce come l’ansia, la paura e il dolore siano grandi ostacoli per i pazienti nell’accettare la cura odontoiatrica. «Nel trattamento di igiene dentale – continua il professore – il 7-9% dei pazienti può accusare dolore di elevata intensità (Hakenberg e Cunha, 2008). L’intensità del dolore è, similmente al paziente odontoiatrico, in relazione con l’intensità dell’ansia (Sullivan et al, 1998). In uno studio di De Jong e Stoutherd (1993) solamente il 15% circa dei pazienti non accusa ansia o paura durante l’igiene orale, mentre nella rimanente percentuale l’ansia è attribuita al dolore attuale o atteso ed è di intensità variabile. È noto fra l’altro che la levigatura delle radici risulta improponibile in molti pazienti a causa della ipersensibilità della dentina e dei tessuti molli per cui si rende necessario persino la combinazione fra anestesia locale e sedazione cosciente inalatoria (Fehrenback, 2004)».
Insomma, il paziente ha sicuramente il diritto a un trattamento dell’ansia e del dolore. D’altra parte, questo compito rappresenta un dovere imprescindibile che in Italia viene attribuito al solo odontoiatra. Giovanni Manani rammenta tuttavia che la cura dell’ansia e della paura in odontoiatria non potrebbe essere effettuata neppure dal dentista con il solo diploma di laurea: «l’odontoiatra che volesse acquisire esperienza e liceità nel sedare un paziente odontoiatrico o sottoposto a cure di igiene dentale, dovendo rispettare il dettato Adee 2009, deve compiere, come invocato dalla Bologna Declaration (1999), un percorso formativo post-lauream».
In conclusione della sua analisi, Manani afferma tra l’altro che, pur avendo il legislatore legittimato pienamente l’esercizio dell’attività professionale riguardo all’erogazione di prestazioni sanitarie di igiene dentale, attenendosi in grandi linee alle competenze dell’igienista dentale europeo, «non vi è dubbio che abbia pienamente sottovalutato che le prestazioni dell’igienista dentale vengono svolte frequentemente su pazienti nei quali è perentorio il ricorso all’anestesia tronculare o infiltrativa, talvolta per territori di anestesia molto più ampi di quelli previsti in chirurgia orale, o alla semplice applicazione di anestetici». Dunque, «è lecito sospettare che anche l’odontoiatra compia “atti medici” che non gli sono concessi come, facendo continuamente eco a quanto ripetuto più volte, l’anestesia locoregionale e le tecniche di sedazione cosciente, lasciando spazio all’entrata in campo odontoiatrico di medici anestesisti dopo aver riconosciuto “i propri limiti”».
Rimarrebbero dunque elementi di debolezza e di contraddizione nelle norme che regolano attualmente la professione dell’igienista dentale e il professor Manani si augura che «il legislatore possa definitivamente chiarire i doveri che l’igienista deve espletare nei confronti del proprio paziente, ove tali compiti non possono e non devono essere esclusivamente limitati alla cura di patologie del cavo orale, ma coinvolgere altresì i mezzi e le tecniche che ne permettano una esecuzione senza rischi e priva di complicanze».
Gli igienisti chiedono una formazione più completa
L’associazione igienisti dentali italiani (Aidi) ritiene che il Consiglio superiore di sanità, esprimendosi contro l’utilizzo, da parte degli igienisti dentali, degli agenti topici contenenti anestetici, non abbia tenuto in considerazione diversi aspetti. In una lettera aperta, il presidente Aidi Marialice Boldi e il past president Aidi e Efdh (European Federation of Dental Hygienists) Irene Riccitelli Guarrella esprimono rammarico «per aver costatato, ancora una volta, gli errori di fondo che la classe odontoiatrica continua a perpetrare nei confronti di una categoria che vuole svolgere la propria attività con senso di responsabilità nel rispetto del paziente e della legge».
Le esponenti Aidi ritengono che la preparazione universitaria in materia «sia deficitaria sia per gli odontoiatri che per gli igienisti: si danno due esami di anestesiologia e due di farmacologia ma non si attua la parte pratica» e per questa ragione, «come rappresentanti la nostra professione, abbiamo ritenuto necessario, doveroso, etico, fare un corso di formazione professionale universitario proprio per rendere completa la preparazione universitaria». Tuttavia, denunciano, «per intervento inopportuno e corporativistico della Fnomceo, abbiamo dovuto, per il momento, soprassedere».
Anche in Europa non c’è chiarezza
Così come per numerose altre questioni, anche riguardo agli standard delle terapie parodontali l’Europa è ancora lontana dall’avere una posizione omogenea e la professione di igienista dentale non è stata definita in maniera armonizzata con una legislazione comune. Come sottolinea l’Ainos (Associazione italiana di narco odontostomatologia) in uno speciale dedicato a “igienisti dentali e anestesia”, questo ha anche la conseguenza che, a differenza di altre figure professionali in ambito sanitario, l’igienista dentale non può beneficiare di una libera circolazione e di una attività professionale comparativamente valida su tutto il territorio europeo. «Per ottenere ciò – spiega Ainos – è necessaria una maggior collaborazione fra le competenti autorità governative, fra le università e fra gli stessi igienisti dentali. Una delle ragioni per cui esiste molta confusione fra diversi stati è il timore di una concorrenza da parte dell’igienista dentale in ragione della mancata conoscenza delle precise competenze di quest’ultimo».
Per quanto attiene, in particolare, al ricorso a tecniche di analgesia e di anestesia locale, l’European Dental Hygiene Association – European Federation of Periodontology afferma che all’igienista dentale è consentito, per quanto attiene il trattamento del dolore, utilizzare gli anestetici locali, e più specificatamente nel capitolo “Dental hygienist education: practical training” informa che fra le procedure, quelle consentite sono le «tecniche di anestesia locale infiltrativa». Nel capitolo “Dental hygienist education: course content” si informa che i corsi di formazione degli igienisti dentali dovrebbero assicurare conoscenze di analgesia locale e in particolare «una dettagliata conoscenza dell’anatomia orale e dell’innervazione, una conoscenza della farmacocinetica e l’utilizzo degli analgesici locali disponibili in odontoiatria» e anche la capacità «di svolgere una pratica sicura di infiltrazione locale».
Ancora, il General Dental Council (Gdc), nel capitolo “Dental hygienists and dental therapists”, informa che «un dentista che permette a un igienista di lavorare senza la diretta supervisione o di somministrare l’analgesia infiltrativa sotto la sua diretta supervisione deve essere certo che l’igienista dentale sia in grado di prestare tali funzioni» e che «egli avrà eseguito un corso certificato di analgesia infiltrativa». Alla Cork University Dental School and Hospital, in Irlanda, il diploma di igiene dentale consente di eseguire, all’interno di un team odontoiatrico, la somministrazione di anestetici locali.
L’Associazione italiana di narco odontostomatologia ricorda che, nelle nazioni in cui è concessa l’esecuzione, da parte dell’igienista dentale, di tecniche di anestesia locale, tali tecniche risultano applicate al paziente più frequentemente rispetto all’odontoiatra. L’applicazione delle tecniche di blocco dei tronchi nervosi risulta inoltre più frequente di ogni altra tecnica di anestesia locale impiegata.
Nel suo speciale l’Ainos (www.ainos.info – sezione linee guida), specifica quali sono le tecniche di anestesia locale che a suo parere dovrebbero competere all’igienista dentale per il trattamento delle patologie del parodonto non chirurgiche e quelle tecniche complesse che invece considerano non compatibili con la professione dell’igienista dentale.
Renato Torlaschi
Giornalista Italian Dental Journal