
Roberto Mattina al meeting italiano dell’International College of Dentists
SPECIALE ANTIBIOTICI
Il dato sulle resistenze batteriche nelle patologie del cavo orale è praticamente sconosciuto. Stiamo utilizzando antibiotici non più efficaci? La posologia, in ogni caso, è fondamentale. E i farmaci generici non funzionano come quelli brandizzati
L’odontoiatra è tra i più grandi prescrittori di antibiotici e deve affidarsi alla terapia empirica ragionata, non essendo quella mirata una pista percorribile. Non sempre però le prescrizioni al paziente sono corrette, complice una scarsa preparazione e aggiornamento sul tema, anche a causa del mancato supporto informativo fornito dalle aziende farmaceutiche sul territorio. Questo, in estrema sintesi, l’intervento di Roberto Mattina, professore di microbiologia e microbiologia clinica all’Università di Milano, al meeting italiano dell’International College of Dentists, che si è tenuto in settembre a Milano.
«Siete dei forti prescrittori di antibiotico, perché lo utilizzate non solo per la terapia, come fanno tutti gli altri medici, ma anche per la profilassi – ha detto Mattina agli odontoiatri presenti in sala –. Non solo: i medici che utilizzano l’antibiotico, soprattutto i medici di medicina generale, lo fanno in maniera stagionale, mentre l’odontoiatra affronta l’ascesso dentale sia a Natale che a Ferragosto, 12 mesi all’anno». Nonostante questo, le aziende farmaceutiche non puntano su di lui e così gli informatori del farmaco snobbano il dentista: se gli altri specialisti e i medici di medicina generale devono gestire un alto numero di visite a settimana, negli studi dentistici è più comune vedere un informatore una volta al mese, per non dire mai. Questo porta inevitabilmente a un gap di aggiornamento sul farmaco che si riflette poi su scorrette indicazioni posologiche, se non addirittura in una errata scelta della molecola da utilizzare. La conseguenza più grave non è la mancata risoluzione dell’infezione, ma il forte contributo allo sviluppo dell’antibiotico resistenza da parte dei batteri.
«Assolutamente no a schemi di terapia che prevedono la sospensione e poi la ripresa dell’antibiotico: non si fa altro che aumentare il rischio di sviluppare antibiotico resistenza» sottolinea Roberto Mattina, che ricorda poi il corretto schema terapeutico dell’amoxicillina, l’antibiotico più utilizzato, per distacco, in odontoiatria: «per essere efficace al massimo, andrebbe data ogni 8 ore, quindi tre volte al giorno, per almeno cinque giorni e non più di otto-nove giorni. Ma se dopo tre giorni la sintomatologia non migliora, significa che quella terapia antibiotica è inefficace». C’è stato spazio anche per una importante nota prescrittiva: «Il farmaco generico non è la stessa cosa del brand: le molecole sono le stesse, ma gli eccipienti sono diversi, quindi la capacità di assorbimento da parte dell’organismo e tante altre cose sono diversissime. E se il farmaco generico subisce pochissimi controlli, quello brandizzato viene rivoltato peggio di un calzino». Ed è quindi più sicuro.
Naturalmente le corrette prescrizioni mediche sono fallimentari senza la collaborazione del paziente: «due ore di ritardo nell’assunzione dell’antibiotico posso fare la differenza e consentire ai batteri sopravvissuti fino a quel momento di riprendersi e replicarsi. Importante anche ricordare al paziente di completare la terapia fino al termine della prescrizione e di non interromperla all’attenuarsi o alla scomparsa dei sintomi» sottolinea Mattina, che all’Università di Milano studia le resistenze batteriche.
La terapia ragionata
Per l’odontoiatra la scelta tra terapia mirata e terapia empirica ragionata è obbligata a favore della seconda.
La terapia mirata, idealmente la soluzione migliore e più efficace, si fa individuando dove è localizzata l’infezione, prelevando del materiale patologico, inviandolo al laboratorio di microbiologia dove viene isolato il patogeno e determinata la sensibilità in vitro con l’antibiogramma. Il microbiologo invierà poi il referto con anche l’elenco degli antibiotici attivi su quel patogeno. «È la strada migliore – sottolinea l’esperto – ma ha una serie di limitazioni, e in odontoiatria ancora di più». Si tratta anzitutto delle difficoltà di raccolta di un materiale che sia idoneo all’analisi e che permetta al microbiologo di distinguere il patogeno dal colonizzatore. Nel cavo orale («una vera fogna batterica») tale operazione non è per nulla agevole.
Anche le modalità e i tempi di raccolta e invio dei campioni fanno la differenza: molti batteri sono anaerobi obbligati e durante il trasporto possono morire. «Quando i campioni giungono da noi, abbiamo tempo piuttosto lunghi per avere una risposta, dalle 48 alle 72 ore» spiega Mattina, consapevole che è impossibile chiedere a un paziente con un ascesso in corso, recatosi in urgenza in studio, di attendere due o tre giorni prima di iniziare la terapia antibiotica. Non sempre infine il dato microbiologico sulla sensibilità del patogeno è predittivo per l’efficacia terapeutica.
Per tutti questi motivi l’odontoiatra si dimentica del laboratorio e deve necessariamente impostare una terapia empirica ragionata. Dovrebbe farlo, però, conoscendo le corrette posologie dei farmaci che prescrive e, nella scelta della molecola, utilizzare i dati epidemiologici. «Dovete ipotizzare quali patogeni possono essere responsabili di quell’infezione e quali antibiotici potranno essere efficaci» suggerisce il microbiologo Roberto Mattina, direttore della scuola di specializzazione in microbiologia e virologia dell’Università di Milano.
La scelta dell’antibiotico, nel frattempo, è stata complicata dall’antibiotico resistenza. «Un grosso problema è che non ricevendo mai nei nostri laboratori dei campioni sulle infezioni batteriche del cavo orale, di fatto non abbiamo informazioni recenti sul comportamento di questi batteri nei confronti degli antibiotici: sono ancora sensibili? sono diventati resistenti? Non ve lo sappiamo dire» ammette Mattina. La resistenza agli antibiotici può avere anche una dimensione locale e una molecola efficace a Modena può non esserlo a Monza. Per le infezioni del cavo orale però i microbiologi, non avendo accesso ai campioni, non sono oggi in grado di dirci quali farmaci funzionano ancora e dove: il dato sulle resistenze dei batteri in odontoiatria è praticamente sconosciuto e potrebbe già verificarsi che vengano somministrati antibiotici non più efficaci.
Nel frattempo non si intravedono nuovi antibiotici e per almeno cinque anni la situazione rimarrà invariata, con un allarme crescente tra le istituzioni internazionali che si occupano di salute pubblica, a partire dall’Oms, preoccupata di essere alle soglie di un’era post-antibiotica, dove infezioni comuni, come un ascesso dentale, possono essere fatali.
Andrea Peren
Giornalista Italian Dental Journal
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