La pandemia ha accresciuto l’urgenza di soluzioni digitali per favorire la consultazione e la comunicazione a distanza, a beneficio della cura dei pazienti, ed evidentemente ha accelerato l’adozione della tecnologia degli smartphone. Si stanno intensificando i timori che l’attuale pratica delle comunicazioni cliniche abbia il potenziale di compromettere la privacy e la protezione dei dati con smartphone, app popolari e social media, strumenti in grado di trasformare i dati dei pazienti in merce di scambio.
L’acquisizione dei dati dei pazienti è possibile attraverso una varietà di tecnologie, tra cui il monitoraggio e la profilazione dei dati, l’analisi, i dati sulla posizione, la condivisione di dati da parte di terzi, i broker di dati, la tecnologia di sorveglianza e i dispositivi in rete. Queste attività hanno il potenziale di violare le normative e la legislazione sulla privacy, tra cui il Gdpr e persino la Convenzione europea dei diritti umani.
Al fine di mappare la letteratura esistente e le prove emergenti in questa vasta area, identificare le lacune nelle conoscenze e guidare la ricerca e le politiche future, un gruppo di ricercatori della Cork University Dental School & Hospital, in Irlanda, ha condotto una revisione della letteratura, comparsa sulle pagine del Journal of Dentistry.
Gli autori hanno attinto all’intera gamma della letteratura pubblicata: ricerche quantitative per stabilire la prevalenza dell’uso di smartphone e app, studi qualitativi per scoprire eventuali problemi derivati da specifiche tecnologie, politiche, norme e leggi, fino ad articoli tratti tanto dalla letteratura accademica quanto dalla stampa generalista.
Le conclusioni non sono molto confortanti e, pur riconoscendo le grandi potenzialità delle tecnologie di comunicazione legate agli smartphone, evidenziano una gran quantità di lavoro da fare: «c’è una carenza di canali davvero sicuri per comunicare i dati sensibili dei pazienti tra medici all’interno dell’Unione europea – scrivono gli autori – e una parte considerevole delle pubblicazioni sulle riviste cliniche non esplora o addirittura non riconosce le considerazioni tecniche necessarie per garantire la sicurezza dei dati, tali da garantire la privacy dei pazienti e da soddisfare i requisiti del Gdpr».
La revisione documenta forti lacune nelle conoscenze su ciò che costituisce un canale di comunicazione digitale adeguatamente sicuro, il processo per la valutazione del rischio e l’approvazione di tali canali per la comunicazione sicura di dati clinici sensibili. Si evidenzia la necessità di studi che approfondiscano e mettano a confronto le varie soluzioni aziendali esistenti in tema di sicurezza. È anche importante stabilire perché i medici utilizzano canali di consumo non sicuri invece di selezionare canali che garantiscano una maggiore sicurezza per le comunicazioni cliniche, che pure esistono e sono gratuiti (come Signal o Siilo).
Giampiero Pilat
Giornalista Italian Dental Journal