
Conferenza stampa Unidi al congresso Amici di Brugg: Roberto Rosso, presidente Key-Stone, presenta i dati dell’ultima rilevazione
Sabato 24 maggio, nell’ambito del congresso degli Amici di Brugg a Rimini, sono stati presentati i risultati dello studio di settore 2013 dell’Unione nazionale industrie dentarie italiane (Unidi), realizzato come ogni anno dall’istituto Key-Stone e che vi avevamo anticipato sull’ultimo numero di Italian Dental Journal.
La produzione
Torna a crescere la produzione italiana dei dispositivi medici per l’odontoiatria, marcando un +3% nel 2013. D’altra parte si tratta di un settore particolarmente virtuoso, che vede l’Italia rappresentare uno dei maggiori poli di fabbricazione mondiali con una crescita costante negli anni, che ha risentito della crisi solo nel 2009.
In particolare nel 2013 la produzione ha sfondato il tetto dei 730 milioni di fatturato: la crescita del comparto produttivo, che conta oltre 5.000 addetti, ha raggiunto quasi quota 740 milioni e – escludendo lo shock del 2009 che ha marcato un decremento intorno al -3,5%, immediatamente risolto da un biennio 2010-2011 straordinariamente positivo – ha subito solo nell’ultimo periodo un rallentamento di un trend che rimane comunque positivo. Si tratta infatti di una lieve flessione della crescita dovuta essenzialmente alla riduzione della domanda interna.
Allargando lo sguardo al trend globale degli ultimi dieci anni, la produzione fa registrare una crescita complessiva addirittura del +39%, che corrisponde al +3,8% annuo.
L’export
Proprio la crisi del 2009, con la conseguente caduta della domanda interna, ha indotto un vero e proprio cambiamento nel modello di business dei fabbricanti italiani, che hanno parzialmente riconvertito la loro attività commerciale rivolgendosi maggiormente all’estero, con un peso dell’esportazione salita oggi a oltre il 60% della produzione.
E la scelta dell’export dà i suoi frutti: mai un segno negativo per il made in Italy, la crescita complessiva nell’ultimo decennio è del +63%, con un trend del +5,6% all’anno. Una forte impennata proprio negli anni più bui della crisi internazionale, nei quali l’export del dentale ha avuto una situazione di ristagno ma senza recessione, per poi riprendere la sua crescita.
Il mercato interno
Sul fronte interno il settore è stabile a 1,1 miliardi: a prescindere dal positivo andamento della produzione industriale, il mercato italiano – frutto dei consumi e degli investimenti di dentisti e odontotecnici – risulta ancora in lieve flessione, calcolata intorno al -1,5%. Una flessione acuita dal momento difficile dei settori dell’implantologia e dell’ortodonzia, che prevedono un maggior investimento da parte dei cittadini.
Si assiste a dinamiche fortemente differenziate tra consumi e investimenti. I primi – vera variabile dipendente dall’accesso degli italiani alle cure odontoiatriche – non hanno mai subito un vero e proprio crollo e, nonostante la grave crisi iniziata nel 2009, il mercato è andato in recessione soltanto nel 2012. L’andamento degli investimenti (che significa in sostanza acquisto di nuove attrezzature negli studi odontoiatrici) torna invece ad avere segno positivo (+0,7%), forse anche per lo stato di obsolescenza delle tecnologie installate e di decisioni di spesa rimandate già da troppo tempo.
Il fatturato dei dentisti e la concentrazione del mercato
I dati sul mercato interno non sembrano però coincidere con le dichiarazioni di dentisti e odontotecnici sulla “salute” della loro attività: il 70% degli operatori lamenta una situazione recessiva, con un calo del fatturato nel 2013 rispetto all’anno precedente.
Per trovare una spiegazione all’apparente incongruenza tra il dichiarato di dentisti e odontotecnici e l’andamento del mercato è stato analizzato da Key-Stone il livello di concentrazione del settore. Da questa analisi risulta come poco più del 25% dei dentisti tratti oltre il 60% dei pazienti e assorba circa il 70% dei consumi. Questo fenomeno è acuito dal proliferare di catene odontoiatriche, che sembra trovino consenso da parte di una porzione sempre più ampia di cittadini.
«Sembra che la crisi attuale del settore sia più una crisi dell’offerta che della domanda – ha detto Roberto Rosso, presidente Key-Stone, tentando di interpretare queste differenze nei dati –. La domanda – ha continuato l’esperto – si sta ristrutturando secondo nuove necessità, capacità di auto-informazione e comportamenti di consumo dei cittadini e il sistema di offerta dovrà adattarsi. L’intero settore potrebbe persino evolvere, ma solo grazie alla volontà e capacità dei dentisti di sostenere e generare domanda». Il rischio insomma è che buona parte degli studi dentistici non sia più in grado di intercettare i nuovi bisogni dei pazienti. Cosa che invece sembra sappiano fare benissimo i grandi centri. In un contesto di “pazientela fluida”, che si sposta da uno studio all’altro, questo fattore può decidere del futuro dei singoli studi e dell’intera composizione del settore.
«Studio dentistico e settore dentale: tendenze diverse ma coerenti – conferma Roberto Callioni, past president Andi e oggi responsabile del Centro studi del sindacato –. All’interno degli studi è in atto una modificazione profonda della produttività rispetto a qualche anno fa. In particolare l’aumento costante del numero dei dentisti riduce il ricavo medio del singolo studio, anche se i dati ministeriali confermano un fatturato stabile per il settore». Si parla infatti di 44mila operatori che come attività principale esercitano l’odontoiatria e di circa mille nuovi ingressi ogni anno.
«L’Italia, da sempre al secondo posto nel mercato dentale europeo, nel 2013 è stata superata dalla Francia» ha fatto rilevare Maurizio Quaranta, vicepresidente Adde, parlando della necessità di analizzare l’evoluzione della domanda e citando lo sviluppo delle casse mutue e il crescente interesse delle assicurazioni. «È fondamentale tenere in conto l’evoluzione della domanda, delle sue forme di organizzarsi e, se non cavalchiamo il cambiamento, chiuderemo l’anno prossimo con un anno nuovamente negativo» ha fatto presente Quaranta. Sulla stessa linea Callioni, che reputa necessaria una più concreta «apertura verso i fondi integrativi», auspicando in parallelo un welfare odontoiatrico che supporti la classe media e favorisca gli accessi agli studi.
Andrea Peren
Giornalista Italian Dental Journal