Si tratta di un termine coniato da qualche anno che ha destato molto interesse tra i londinesi e non solo. La ricerca, infatti, è dell’University College di Londra, luogo in cui è stato approfondito il rapporto tra igiene orale e malattie cardiache, argomento che è studiato universalmente sia in Europa che oltreoceano.
Il dibattito scientifico è ancora aperto tra casualità o causalità di tale associazione. Se fosse puramente casuale non ci si attenderebbero benefici della patologia vascolare conseguenti alla cura o prevenzione della parodontite, se invece ci fosse una vera causalità, questa, una volta certificata con studi randomizzati, confermerebbe grazie a prevenzione o terapia la riduzione dell’esposizione dei soggetti agli effetti dannosi della parodontite, evidenziando effetti benefici sul circolo attestando così l’evidenza tra nesso e causa. In realtà la cosa è complicata da altre variabili non trascurabili come elevati livelli di citochine, altri markers, risposte immunitarie di tipo virale e altri fattori di rischio che potrebbero rendere spuria l’indagine.
In ogni caso la ricerca londinese si rifà a un certo numero di pazienti, definiti come “cattivi pulitori” e per questo esposti a un’alta percentuale di rischio di generare una malattia cardiovascolare. Gli stessi ricercatori ipotizzano, rispetto ai “buoni pulitori”, una percentuale paragonabile al 70% di probabilità (solo probabilistica) in più di riscontrare una patologia cardiaca. La scarsa igiene orale, oltre a tutte le problematiche che ben conosciamo, aumenta la concentrazione di proteina C reattiva e di fibrinogeno in circolo, considerati da tutta la comunità scientifica come veri fattori predittivi di tutte le malattie vascolari, compresa la patologia cardiaca. Inoltre la microbiologia della placca batterica conferma ceppi batterici comuni responsabili delle note placche ateromatose, causa della riduzione della circolazione arteriosa e quindi della stragrande maggioranza di problemi cardiocircolatori.
Molti autorevoli colleghi sostengono infatti da sempre che la salute dell’organismo inizia proprio dalla bocca e per questo si sforzano di trasmettere ai loro pazienti il concetto che la cura della stessa non deve essere vista come soluzione a un problema locale, ma in un contesto molto più ampio, in grado di coinvolgere l’intero organismo. Se è vero che per noi è cosa nota, non lo è certamente per tutti i pazienti che frequentano i nostri studi, ai quali dovremmo rivolgere questa informativa di prevenzione provando a usare l’emblematico termine di “cardiopatia dentale” quale mezzo per ottenere un impatto comunicazionale.
Non vogliamo sicuramente illuderci che diventeranno tutti “spazzolatori professionisti” con indice di placca vicino allo zero, ma consideriamola un’opzione aggiuntiva in attesa che la letteratura scientifica ci dimostri prove assolutamente certe tra causa ed effetto, avremo in ogni caso compiuto un’opera preventiva. Se questo messaggio entrasse con la stessa penetrazione del binomio fumo-perimplantiti e parodontiti, avremmo promosso un’altra forma di prevenzione, non solo nei riguardi delle strutture parodontali dei nostri pazienti ma anche, vista la nota priorità d’organo, un semplice programma preventivo cardiocircolatorio.
Semplice perché ci costa veramente poco, in termini di tempo, dedicarne una quota a informare i nostri pazienti su un tema su cui tutti insistiamo già da anni, aggiungendo anche le estensioni vascolari oltre al resto.
Ci perdonino i colleghi che già lo fanno e se non ci perdoneranno, ce ne faremo una ragione anche perché la diffusione di un dato scientifico, in grado di portare un simile ipotetico vantaggio, ha ragione di essere ripetuto, specie considerando che la malattia cardiovascolare rappresenta la causa principale di morte in Europa e negli Stati Uniti. Ultima considerazione riguarda la presenza capillare sul territorio di strutture odontoiatriche che, se attivate in tal senso, offrono un’espressiva cassa di risonanza non certo trascurabile.
Aldo Crespi
Odontoiatra