Negli ultimi anni sono stati pubblicati numerosi lavori e revisioni della letteratura che hanno messo a confronto gli approcci immediati e convenzionali nella terapia implantare. Nessuno di questi lavori è stato in grado di evidenziare un risultato clinico significativamente diverso tra i due. Ciò nonostante, ancora oggi, si consiglia estrema prudenza nell’eseguire un carico immediato su elementi singoli in area estetica, ancor di più nel caso di impianti immediati post-estrattivi. Di contro, è sempre maggiore la richiesta di trattamenti il più possibile rapidi e poco invasivi, soprattutto se il problema coinvolge un’area estetica.
Tra le componenti che concorrono al conseguimento del risultato si possono considerare il volume e la qualità ossea, il tipo e la morfologia dell’impianto come anche la tipologia delle componenti protesiche impiegate.
In implantologia, tra i vari tipi di materiali, è stato introdotto un materiale composito, il Peek, già impiegato con successo in ambito ortopedico, che coniuga un’ottima resistenza meccanica con un basso peso specifico, intermedio tra quello dell’osso corticale e spongioso. Questa caratteristica può contribuire a limitare la trasmissione di carichi eccessivi all’osso nelle prime fasi di guarigione dopo l’inserimento implantare. Il colore bianco, poi, è certamente un aiuto nelle zone estetiche per evitare la comparsa di aloni scuri a livello del margine gengivale perimplantare.
Di recente il Peek è stato modificato mediante l’aggiunta di un microriempitivo di particelle ceramiche grazie al quale si è ulteriormente aumentata la resistenza meccanica del materiale ed è stato anche possibile caratterizzare meglio il colore, rendendolo più simile alla dentina.
Caso clinico
Il caso clinico illustra l’applicazione di questo nuovo materiale, denominato BioHpp, in un’area ad alta valenza estetica.
La paziente GF, 40 anni, si presenta alla nostra osservazione lamentando aumento di mobilità di 1.2. L’esame clinico conferma la mobilità riferita dalla paziente, di grado 3, con estrusione dell’elemento dentale. I tessuti molli si presentano di buon aspetto, con un moderato grado di infiammazione marginale (fig. 1). L’esame endorale evidenzia invece una rizalisi radicolare pressoché completa (fig.2).
Si decideva quindi di procedere con un inserimento implantare post estrattivo a carico immediato. Dopo aver estratto il dente, veniva inserito un impianto (blueSKY, Bredent) ponendo particolare attenzione al raggiungimento di un’adeguata stabilità primaria. Insieme all’impianto veniva anche inserito un innesto connettivale, per aumentare il volume dei tessuti molli.
Successivamente, mediante mascherina preconfezionata, si rilevava un’impronta della posizione implantare, che veniva inviata all’odontotecnico. In laboratorio, sul modello in gesso, utilizzato per preparare la mascherina, veniva creato un alloggiamento per consentire il riposizionamento dell’impronta. Sul modello così modificato il tecnico procedeva alla modellazione del moncone e alla sua successiva costruzione in BioHpp mediante pressofusione. Contestualmente costruiva anche il provvisorio in resina. Il manufatto così realizzato, dopo circa 4 ore dall’intervento, veniva applicato alla paziente (figg. 3 e 4).
Dopo circa sei mesi, completato il processo di osteointegrazione dell’impianto e di maturazione dei tessuti molli, il caso clinico veniva completato con l’applicazione di una corona in disilicato di litio (fig. 5). Ai controlli, a distanza di un anno dall’intervento, si può apprezzare un ottimo mantenimento dei livelli ossei e mucosi della zona trattata.
Autori: Giovanni Ghirlanda, libero professionista a Roma, Laura C. Campos libera professionista a Roma

Giovanni Ghirlanda
Libero professionista a Roma
mancano le radiografie dell’impianto all’atto dell’inserimento e dopo un anno dal carico