Un nostro anziano paziente, C. S. di anni 82, non frequentava lo studio da molto tempo. Avevamo sue notizie dai familiari che curiamo da molti anni. Un bel giorno si presenta senza appuntamento segnalandoci un disagio in quadrante tre.
In urgenza e con le poltrone occupate, riusciamo a eseguire una radiografia endorale e una veloce visita dalla quale, con la percussione, identifichiamo con certezza il dolore evocato in 3.5, quindi lo rimbalziamo al giorno dopo con un semplice analgesico.
Alla fine della giornata guardiamo velocemente la radiografia e optiamo per una terapia endodontica, confortati da un piccolo alone radiotrasparente apicale (che crediamo di vedere) e dalla semeiotica, che inequivocabilmente scatena i sintomi sul secondo premolare.
Allestiamo le solite procedure spiegando bene al paziente che tratteremo l’elemento montando la diga e operando su quel dente con strumenti atti a rimuovere la componente vascolo-nervosa, conservando l’elemento dentario.
Non abbiamo considerato il punto di vista del paziente, dando per scontato che quella terapia fosse la più logica secondo il nostro vissuto professionale. Peccato che il paziente ci risponde: “caro dottore, alla mia età non ho nessuna intenzione di sottopormi a una seduta come quella che lei mi ha descritto, la prego di togliermi questo disagio in tempi brevi e di estrarmi il dente”.
Dopo un attimo di perplessità e di approfondimento, ci accorgiamo che è irremovibile e quindi non ci resta che ricorrere all’avulsione.
Al primo approccio appare evidente la notevole mobilità dell’aspetto coronale che, con il minimo sforzo, si separa lasciando più del terzo apicale nell’alveolo. Apriamo un lembo e recuperiamo il frammento fratturato, suturiamo e rimandiamo il paziente a 8 giorni per le valutazioni del caso.
Riprendiamo la radiografia iniziale e, una volta sensibilizzati, ecco che compare magicamente la linea di frattura orizzontale che conferma quanto accaduto durante l’estrazione.
La decisione del paziente ci ha fatto riflettere sulle informazioni che può offrirci una semplice radiografia endorale, se esaminata con molta attenzione.
Per onor di cronaca, tra la diga e l’uncino ci saremmo accorti della mobilità della corona e avremmo cambiato direzione in corso d’opera, cosa legittima ma sempre spinosa.
Faremo tesoro di questa esperienza ricordandoci che sono sempre i piccoli dettagli in grado di fare le grandi differenze.

Aldo Crespi
Libero professionista a Corsico (Milano)
non ti dolere amico è il riflesso del salvatore ad ogni costo
Caro Bruno,
hai ragione una curiosa sindrome.
Ti ringrazio per la tua costante partecipazione speriamo possa essere di stimolo per altri colleghi per onorare lo spirito per il quale è nata Dental Academy.
Come sempre buon lavoro.
Aldo
spesso la,fretta,a volte la stanchezza la scarsa lucidita’ portano a errori di valutazione…
poi su pazienti ottantenni e oltre difficilmente si riesce a fare piani cura complessi.
Cordialmente.
Caro gfoca,
come scritto nel testo ho fatto un chiaro mia colpa per non aver osservato con attenzione la radiografia iniziale, questo è il messaggio.
Per il resto non posso che condividere quanto da te scritto.
Come sempre buon lavoro.
Aldo
Una volta si faceva E.O, oggi Rx 3D e quant’altro.
Secondo me bastava valutare la mobilità ed era fatta.
A volte è più facile prescrivere antibiotico e fissare appuntamento.
Caro Collega,
il monito è proprio questo ” errore sempre in agguato ” consoliamoci che vale anche, nella maggior parte dei casi, per il rimedio.
Le tue parole direi “vangelo ”
Un caro saluto e come sempre buon lavoro.
Aldo
A me è successo il contrario. Trenta anni fa un paziente si è presentato con sintomatologia dolorosa alla percussione a carico del 46 trattato endodonticamente. Sulla radiografia endorale era “chiaramente” visibile una frattura della radice distale. la scelta terapeutica era di rizotomia ed estrazione della sola radice distale.
Anestesia, separazione delle corona ed estrazione.
La radice estratta era intatta …
Caro Luca,
assolutamente istruttivo il tuo racconto, mette a fuoco l’importanza dell’interpretazione radiologica, senza entrare nel merito per ovvi motivi di spazio, tengo a dirti che è questo il vero scambio di esperienze. Posso solo ringraziarti e sperare che possa essere da “volano” per altri colleghi, dopo tutto le variabili del nostro lavoro sono veramente tante.
Un caro saluto e come sempre buon lavoro. Aldo