Il paziente si presenta alla nostra attenzione con una situazione estremamente compromessa: perdita totale di dimensione verticale di occlusione (Dvo) dovuta a mancanza degli elementi diatorici superiori e mobilità di terzo grado di tutti gli elementi del II e V sestante.
Nonostante le notevoli abrasioni delle superfici occlusali dei denti diatorici inferiori, il loro quadro parodontale non è gravemente compromesso e quindi li rende recuperabili, con una buona prognosi a lungo termine.
Il piano terapeutico ha previsto la bonifica degli elementi superiori e il posizionamento di sei impianti nel mascellare superiore. Gli impianti utilizzati sono impianti a connessione conometrica interna (ImpLassic FTP, Dental Tech, diametro 3,75). Visto il loro posizionamento con un certo grado di angolazione, dovuto all’anatomia del mascellare superiore, si è optato per il posizionamento di elementi intermedi angolati (Mua) di diametro standard (4,8 mm), che ci hanno permesso di raggiungere un eccellente parallelismo tra le componenti protesiche e quindi una riabilitazione immediata tramite protesi tipo Toronto provvisoria in resina avvitata.
Inferiormente si è optato invece per una riabilitazione implantare mantenendo i diatorici che, anche se molto abrasi, non presentavano problematiche paradontali gravi.
Per la protesizzazione del quinto sestante sono stati posizionati tre impianti nei siti 34, 33 e 43, anch’essi con connessione interna conometrica (ImpLassic FTP, Dental Tech, diametro 3,75), i quali sono poi stati protesizzati con componenti intermedie di diametro ridotto (Pilastro Transmucoso, Dental Tech, piattaforma protesica 4,1 mm).
Abbiamo evitato di inserire impianti nella zona degli incisivi inferiori per non avere vincoli volumetrici, derivanti dagli ingombri delle componenti protesiche, sui profili anatomici degli incisivi inferiori.
Il caso è stato finalizzato nell’arcata superiore con una protesi tipo Toronto con barra fusa e denti in composito, mentre nel V sestante si è optato per un ponte in metallo composito.
Da notare come grazie al perfetto sigillo tra componente Mua e impianto, garantito dalla connessione conica interna, i tessuti marginali presentino un ottimo aspetto privo di infiammazione.
Discussione
L’utilizzo di componenti intermedie tipo Mua ha diversi vantaggi, tra i quali i più palesi sono la compensazione di angolazioni implantari e il raggiungimento di un ottimo parallelismo tra impianti divergenti. Specialmente con impianti a connessione conometrica, consente anche una gestione tipo “one abutment-one time”. Inoltre permette anche di protesizzare impianti a connessione interna come se fossero impianti a connessione esterna e quindi di gestire l’intero caso con protesi avvitate su impianti multipli.
Ovviamente l’utilizzo di componenti intermedie presenta anche svantaggi: oltre a un lieve aumento dei costi vi è una difficoltà oggettiva nella scelta della corretta altezza transmucosa del Mua (specialmente alla fine della fase chirurgica coi lembi appena suturati). Qualora la si scelga troppo bassa, si avranno difficoltà in fase di consegna del manufatto protesico per la notevole lunghezza del tragitto transmucoso e anche infiammazione gengivale, data dal posizionamento esageratamente profondo della connessione flat to flat tra Mua e cilindro protesico. Se invece la si scegliesse troppo alta, non si avrebbe poi la possibilità di gestire i profili di emergenza in maniera efficiente, oltre a diminuire lo spazio protesico stesso.
Trasportando queste considerazioni sul nostro caso clinico, si può notare che nell’arcata superiore, essendo una riabilitazione full-arch e dovendo rialzare la Dvo iniziale, non ci sono stati problemi di spazio protesico. Scegliendo pertanto componenti Mua di diametro standard sufficientemente basse non abbiamo avuto problematiche di lavorazione o inserzione della protesi e il risultato estetico finale è stato soddisfacente.
Più complicata invece la gestione dell’arcata inferiore dove, nel sito 4.3, la presenza di una cresta ossea relativamente alta fra l’impianto e il premolare (l’impianto del 4.3 è stato posizionato sottocrestale di 1 mm) ci ha costretto a scegliere una componente intermedia alta ben 3 mm, in quanto quella alta 2 mm avrebbe impattato con l’osso interprossimale provocandone il riassorbimento. In questo sito infatti la realizzazione del profilo d’emergenza dell’elemento 43 è stata meno soddisfacente, con un dente che è risultato più corto del dovuto.
È chiaro, quindi, che piccoli compromessi sono necessari quando vengono utilizzati componenti Mua ma, avendo accortezza di sceglierli corretti per altezza, angolazione e diametro, si riesce a minimizzarli. In compenso, i vantaggi operativi e biologici sono notevoli e garantiscono stabilità e longevità alla riabilitazione protesica.

Enzio Savoini
Libero professionista a Villastellone (Torino)