Il numero di volte che una pubblicazione è stata citata da altri autori è uno dei metodi più impiegati per valutare l’importanza scientifica e accademica di un articolo di ricerca. È stato infatti suggerito come questo numero possa esprimere la capacità dell’articolo “di avere impatto” in uno specifico ambito di studio, produrre cambiamenti nella pratica clinica, nonché far nascere discussione costruttiva tra i ricercatori per ulteriormente promuovere e stimolare lavori scientifici futuri.
Valutare la rilevanza di un articolo in base al numero di citazioni può nascondere, però, non pochi fraintendimenti, in grado di inficiare la reale utilità di questo parametro. Ad esempio, il fatto che una pubblicazione tenda ad accumulare citazioni col passare del tempo, indipendentemente dalla propria qualità scientifica, così come la possibilità che la stessa possa perdere visibilità (e numero di citazioni) man mano che i suoi risultati vengono, anno dopo anno, assorbiti dalla conoscenza comune, fanno sì che questo parametro vada considerato in modo critico e non a sé. Questo è ancora più vero se si considera la tendenza al self-citing e la preferenza di molti autori a citare articoli appartenenti alla rivista nella quale sperano di pubblicare il proprio lavoro. I cosiddetti bias di citazione includono anche la tendenza a citare articoli di autori molto influenti, colleghi o revisori, come pure l’effetto “a palla di neve”, ossia la propensione a richiamare articoli per il semplice fatto che hanno già ricevuto un enorme numero di citazioni precedenti, piuttosto che per il loro contenuto e qualità scientifica.
L’obiettivo di un interessante studio, pubblicato sul Clinical of Oral Investigation, è stato, interrogando le più importanti banche dati, identificare i 100 articoli più citati articoli, al 2012, pubblicati su riviste odontoiatriche.
Il numero di citazioni dei primi 100 articoli variavano tra 326 e 2.050, dove i primi quattro in classifica eccedevano il migliaio di citazioni. Vinceva, con 2.050 citazioni, una revisione sulle metallo-proteinasi della matrice extracellulare e il loro ruolo nello sviluppo di patologie, come la malattia parodontale. Questo articolo, non propriamente di carattere clinico, pubblicato nel 1993 da Henning Birkedal-Hansen e altri su Critical Reviews in Oral Biology and Medicine, riassume bene come la valutazione dell’impatto di una ricerca su un ambito della comunità scientifica (ad esempio quella odontoiatrica), utilizzando il solo numero di citazioni, cada sotto l’influsso di fattori ulteriori rispetto alla sola capacità di produrre cambiamenti nello specifico settore, necessitando una valutazione critica. In questo caso l’articolo, di interesse multidisciplinare, potrebbe aver visto amplificate le proprie citazioni tramite richiami, trasversali, su riviste appartenenti ad di altri ambiti di ricerca, sia di base che clinica.
Al secondo posto veniva riportato uno studio dell’International Journal of Oral Surgery (Ragnar Adell et al, 1981), sulla riabilitazione dei mascellari edentuli tramite impianti osteointegrati, mentre il terzo articolo, “Experimental gingivitis in man” pubblicato nel 1965 da Harald Loë e altri sul Journal of Periodontology, rappresenta una pietra miliare della parodontologia, di fondamentale importanza per evidenziare le conseguenze della sospensione di qualsiasi procedura di igiene orale nella formazione di placca e nella comparsa di gengivite.
In termini quantitativi, l’autore con più articoli appartenenti alla classifica risultava Sigmund S. Socransky, seguito da Jan Lindhe; l’area più coinvolta era la parodontologia, come confermato dalle riviste con il maggior numero di lavori tra i primi 100, ossia il Journal of Clinical Periodontology e il Journal of Periodontology.
Alla luce dei suoi risultati, la classifica dei “migliori cento” da un lato permette il riconoscimento di lavori di eccellenza nel settore odontoiatrico, ma dall’altro pone pure l’accento su come l’indice scelto per la valutazione (il numero di citazioni) vada sempre considerato in modo critico.
Elena Varoni
Odontoiatra