
Francesca Vailati
«Dopo vent’anni di sperimentazione sui miei pazienti, posso dire che questo approccio funziona e funziona bene – dice Francesca Vailati, ideatrice del metodo 3Step –. Il metodo nasce dalla necessità di stabilizzare l’occlusione prima di eseguire qualsiasi tipo di procedura protesica ricostruttiva. È una metodica additiva, quindi totalmente reversible. È il prototipo, statico e funzionale. È la forma, il perimetro all’interno del quale poi si può costruire l’estetica e la funzione definitiva del paziente»
«La protesi additiva serve a tutti»: lo dice Francesca Vailati, ideatrice del metodo 3Step, dando il titolo al corso precongressuale di giovedì 16 novembre che precede i lavori del 42esimo congresso internazionale Aiop, che si tiene a Bologna dal 16 al 18 novembre con il titolo “Occlusione ed estetica: rivalutazione critica dal passato al presente”.
Il metodo 3Step è un percorso terapeutico non invasivo perché additivo: aggiunge invece di togliere sostanza agli elementi dentari da riabilitare. «Dopo vent’anni di sperimentazione sui i miei pazienti, posso dire che questo approccio rivoluzionario funziona e funziona bene» spiega Vailati, che ha da poco pubblicato il suo libro dedicato al metodo 3Step e alla protesi additiva. Al congresso Aiop la relatrice presenta il metodo, un approccio fondato su tre pilastri, ovvero la diagnosi, il progetto di laboratorio e il “test drive” nella bocca del paziente.
Dottoressa Vailati, cos’è il metodo 3Step e da quali necessità cliniche nasce?
La 3Step è un metodo che permette di trattare pazienti con diverse problematiche come l’usura dentale, il bruxismo, l’instabilità occlusale, partendo da una diagnosi attenta e una semeiotica accurata.
Nasce dalla necessità di stabilizzare l’occlusione dei pazienti prima di eseguire qualsiasi tipo di procedura protesica ricostruttiva. È pertanto un metodo preventivo, che si fonda su un approccio riorganizzativo e riabilitativo estetico e funzionale.
Perché serve a tutti? Quali indicazioni trova oggi in ambito protesico?
La 3Step serve a tutti perché è diagnosi del problema e studio della parte di laboratorio. Non è solo una procedura legata alla cura di pazienti con severa usura dentale. Essendo un metodo, si può applicare dal dente singolo, dalla corona su dente naturale, alle protesi su impianti, sino alle grandi riabilitazioni complesse.
Si può inoltre applicare in ortodonzia, definendo una nuova via per interpretare la gnatologia.
In ambito protesico, le idee della riabilitazione 3Step permettono di rifunzionalizzare l’intera bocca tenendo conto dell’armonia bilaterale delle arcate: così come le nostre gambe funzionano meglio avendo una forma simile fra loro, anche la bocca può funzionare meglio con una simmetria delle due arcate. Con questa visione bilaterale la 3Step mira a ricreare forme protesiche più adatte e stabili nel tempo.
Le forme dentali progettate sull’articolatore vengono trasferite in bocca in maniera non invasiva e quindi reversibile grazie al Bite Bianco, ovvero una ricostruzione delle superfici occlusali in composito, applicata su denti naturali e/o su restauri preesistenti. Il risultato ottenuto in fase statica deve poi essere valutato dinamicamente guardando la funzione masticatoria del paziente. Questa analisi, che ho chiamato GTest – dove la G sta per gomma da masticare – consiste nell’analizzare in dinamica la masticazione del paziente e la presenza di conflitti e interferenze.
Si tratta di un modo sicuramente differente di guardare all’occlusione e di fare protesi. È un metodo alternativo o complementare rispetto a quelli più tradizionali?
È un metodo alternativo perché utilizza un percorso diagnostico semplificato, fondato completamente su una analisi semeiotica del paziente. La 3Step è allo stesso tempo complementare perché arricchisce la protesi tradizionale di idee additive, mininvasive, reversibili e funzionali.
La 3Step si nutre della tradizione della protesi classica, ma la porta a un livello ancora più alto, perché tratta tutta la dinamica masticatoria che è stata spiegata benissimo da clinici come Marcel Le Gall.
Si tratta di una dinamica complessa che richiede tempo e ascolto del paziente. Non è solo una questione clinica ma anche di mentalità del dentista, che deve investire del tempo insieme al paziente per fare le regolazioni occlusali su misura nel momento in cui consegna il manufatto protesico.
La metodica offre sempre completa reversibilità e lascia la possibilità di svolgere successivamente trattamenti tradizionali?
Assolutamente sì. La 3Step è reversibile.
Possiamo applicare in bocca il nostro progetto, testarlo sia nell’immediato sia nel tempo e poi tornare indietro, senza nessun danno sui denti o sui restauri esistenti, se non siamo convinti del risultato o il paziente non ha avuto una corretta compliance con la terapia.
Possiamo riprovare un successivo progetto, oppure apportare modifiche. E solo dopo aver completato una fase di stabilizzazione e di assestamento, possiamo valutare l’idea di completare le nostre terapie con soluzioni definitive anche classiche o addirittura implantari.
La 3Step è il progetto, è l’applicazione del progetto. È il prototipo, statico e funzionale. È la forma, il perimetro all’interno del quale poi si può costruire l’estetica e la funzione definitiva del paziente.
Per questo dico ai colleghi: imparate il metodo, sperimentate e testate. La 3Step vi permetterà di avere uno sguardo ampio e anche di sbagliare senza aver arrecato danno al tessuto dentale del paziente, ma ponendo le basi della comprensione della stabilità della bocca.
Andrea Peren
Giornalista Italian Dental Journal