
Nicola Perrini
Gli Amici di Brugg tornano a Milano come all’inizio della loro storia. Nel programma del congresso la biologia viene riportata in primo piano rispetto alla tecnica. Spazio anche a complicanze in conservativa e ortodonzia preprotesica
Dopo la rottura con Unidi, dal 7 al 9 aprile gli Amici di Brugg lasciano Rimini e, per il loro 59esimo congresso, tornano a Milano dove ebbe inizio la loro storia. «L’associazione si può dire che ancora non esisteva – spiega il presidente dell’Associazione Nicola Perrini –. C’era un gruppo di persone che, dopo aver frequentato lo studio di Augusto Biaggi e poi di Luigi Castagnola, e i corsi a Brugg, in Svizzera, per mantenere un contatto anche con i maestri decisero di incontrarsi a Milano, più che altro grazie alla spinta di Elia Giorgetti di Grosseto che è stato un po’ l’ideatore dell’associazione». Vennero in Italia sia Biaggi che Castagnola e, visto il successo dell’incontro, ne venne stabilito un secondo a Firenze, dopo di che si decise di costituire l’associazione Amici di Brugg.
Praticamente tutto risale alla notte dei tempi. «Ora il ritorno a Milano è stata la conseguenza della fine della sponsorizzazione dell’Unidi che era durata per circa trent’anni; abbiamo dieciso di tornare alle origini anche come sede, idealmente è come se gli Amici di Brugg effettuassero una seconda fondazione. Ci aspettiamo comunque un gran numero di persone, sembra addirittura che gli spazi espositivi siano insufficienti per le richieste che arrivano dagli espositori e questo ci fa ben sperare in una risposta ottimale anche da parte degli odontoiatri. L’Hotel Marriott certamente non ha la capienza della Fiera di Rimini, però rientriamo nell’ambito della gestione congressuale classica di tutte le società scientifiche».
Dottor Perrini, di cosa si parlerà al congresso?
Il filo conduttore è uno classico degli Amici di Brugg: l’odontoiatria tra biologia e tecnica. In un momento in cui si parla quasi esclusivamente di tecnica e di estetica abbiamo voluto tornare un po’ indietro, sugli aspetti biologici.
Oggi molto spesso l’odontoiatria dimentica di essere parte della medicina, ai congressi vediamo lavori tecnicamente bellissimi, direi di altissimo artigianato, ma certe branche dell’odontoiatria di medico non hanno quasi più nulla, quindi vogliamo ritornare un po’ alle origini e riscoprire la nostra nascita dalla medicina stessa, privilegiando l’aspetto biologico, perché è importante non solo sapere come si fa, ma anche perché lo si fa e quali sono le conseguenze del nostro fare.
Quindi, più che di novità, si punta ad approfondire le conoscenze esistenti…
Si parla molto di nuove acquisizioni ma di effettivamente nuovo non c’è nulla, molti congressi svolti annualmente non ne avrebbero necessità, magari c’è solo un interesse economico. Anche perché oggi i programmi dei congressi sono tutti basati sulla tecnica e sull’estetica, mentre di ricerca nel mondo odontoiatrico ce n’è pochissima, non solo in Italia ma anche all’estero.
Questo è dovuto anche a quella crisi globale che investe tutto il settore e alla mancanza effettiva di fondi per la ricerca, basti pensare ai tagli che sono stati fatti alle università, che non ricercano più nulla e sbarcano il lunario come meglio possono.
Ci presenta più in dettaglio gli argomenti clinici del congresso di Milano?
Il primo sono le protesi su impianti: nello spirito del congresso, parliamo delle valutazioni biologiche di queste protesi, cioè di quello che effettivamente accade e cosa ci si può aspettare da da certe scelte di trattamento rispetto alle altre. È ovvio che per fare un discorso del genere a monte ci devono essere degli studi, delle sperimentazioni, la tecnica da sola non è sufficiente.
Poi si parla di restauri Cad-Cam e di restauri adesivi indiretti, in particolare della loro predicibilità. Una delle carenze che stiamo notando nei congressi è che si presentano le cose appena fatte, tutt’al più il controllo a uno-due anni. I nostri maestri Biaggi e Castagnola, lo ricordo benissimo, dicevano che di un determinato trattamento non si può dire la validità se non si fanno vedere i controlli ad almeno dieci anni.
Esaminare i fallimenti è molto importante. Intanto perché esistono e sono moltissimi, al di là delle percentuali di successo spesso sbandierate; glielo dice uno che si occupa prevalentemente di endodonzia: dicono che oggi in questo settore c’è il 99% di successi, ma nella mia pratica clinica non faccio altro che ritrattare pazienti la cui terapia è fallita. In secondo luogo parlare di fallimenti ha un’enorme valenza didattica: io mi auguro che si faccia un congresso costituito soltanto dagli insuccessi di tutte le branche dell’odontoiatria; si apprenderebbe molto di più rispetto a una serie di show in cui ogni relatore gode a mostrare la propria bravura. Anche dal punto di vista della ricerca, si vede che gli studi a lungo termine sono troppo pochi, si parla tanto di evidenza scientifica ma è una mistificazione, sarebbe più corretto parlare di evidenza clinica: per affermare la validità scientifica di una metodica servono venti o trent’anni, ma è molto complicato mettere in cantiere studi a lungo termine e spesso è più facile dar voce a soluzioni di tipo commerciale.
Quest’anno si parla anche di ortodonzia preprotesica…
Un argomento di cui non si parla mai, eppure molte volte prima di eseguire certi lavori dobbiamo trattare da un punto di vista ortodontico. L’ortodonzia è sempre stata una branca quasi a se stante, invece interessa trasversalmente tutte le specialità. Gli Amici di Brugg l’anno sempre considerata in questo modo, anche perché Giuseppe Cozzani, scomparso poco tempo fa, è stato uno dei padri dell’ortodonzia italiana e uno dei punti fermi degli Amici di Brugg.
C’è poi il classico programma per gli odontotecnici, dal titolo: “Le conoscenze scientifiche unite alla pratica operativa nel laboratorio odontotecico”, mentre le assistenti affrontano il tema dell’ergonomia declinata nelle diverse specialità: conservativa, endodonzia, ortodonzia e chirurgia. Infine gli igienisti si confrontano sul tema: “cavo orale e stile di vita, attenta sentinella del benessere sistemico: protocolli sperimentali e clinici”.
Voglio infine segnalare il maggiore spazio dedicato a Brugg Gymnasium, la sezione giovani che è un po’ una nostra invenzione e che ora ci stanno copiando quasi tutte le società scientifiche. Le nuove leve dell’odontoiatria presentano, discutono e fanno valutazioni dei loro casi clinici e il caso che viene scelto come migliore viene poi presentato nell’aula grande: è l’incubatrice da cui speriamo vengano fuori i nuovi Amici di Brugg.
Renato Torlaschi
Giornalista Italian Dental Journal