
Paolo Vigolo
Da quando, oltre mezzo secolo fa, il sistema Brånemark irruppe nell’odontoiatria, ne sono state proposte molte varianti, diverse anche riguardo al tipo di connessione, l’elemento che realizza l’accoppiamento della componente implantare con quella protesica. Come è noto la connessione negli impianti può essere interna o esterna e le differenze tra le due tipologie si estendono dagli aspetti morfologici a quelli biomeccanici, essenziali per garantire la migliore risposta allo stress determinato dalla masticazione.
Ma quale delle due connessioni garantisce i risultati clinici migliori ed è quindi da preferire? L’ultima risposta scientifica in ordine di tempo stabilisce un sostanziale pareggio tra connessioni interne ed esterne. Il risultato giunge da uno studio italiano pubblicato su The International Journal of Oral & Maxillofacial Implants (1) il cui primo autore è Paolo Vigolo, presidente dell’Accademia italiana di odontoiatria protesica (Aiop). Ma allo studio, di tipo retrospettivo, hanno partecipato 28 degli 85 membri attivi dell’Accademia, il che ha permesso di disporre dei dati di 1.159 pazienti e 2.010 impianti. Di questi, 75 non sono stati inclusi nell’analisi a causa di un follow-up di durata insufficiente, ma 1.431 sono stati controllati per cinque anni e 332 per oltre otto.
La maggior parte dei pazienti inclusi nello studio erano donne, ma il genere non ha prodotto alcun effetto distintivo sul risultato clinico e non ha influito sul rischio di complicazioni. Inoltre, per la maggior parte i pazienti non erano fumatori o comunque fumavano poco e sono stati controllati per due volte all’anno per una pulizia professionale dei denti. Gli impianti sono stati inseriti soprattutto nelle aree posteriori e i numeri delle connessioni interne e di quelle esterne è stato molto simile.
Durante il periodo di follow-up, il numero di eventi negativi, di tipo biologico o meccanico, è stato molto ridotto. Fallimenti meccanici, causati da un danno strutturale alla connessione impianto-moncone, si sono avuti solo in 16 casi, per una percentuale dell’1,1%, e non si sono registrate differenze significative tra connessioni interne ed esterne.
Gli autori della ricerca segnalano che un risultato leggermente diverso si era avuto in una revisione della letteratura condotta qualche anno fa (2) a cui aveva contribuito lo stesso Vigolo: in quel caso, le connessioni a vite interna avevano dimostrato di garantire una migliore stabilità, anche se non erano emerse differenze significative riguardo al rischio di fratture.
Renato Torlaschi
Giornalista Italian Dental Journal
1. Vigolo P, Gracis S, Carboncini F, Mutinelli S; AIOP (Italian Academy of Prosthetic Dentistry) Clinical Research Group. Internal vs external-connection single implants: a retrospective study in an italian population treated by certified prosthodontists. Int J Oral Maxillofac Implants. 2016 Nov/Dec;31(6):1385-1396.
2. Gracis S, Michalakis K, Vigolo P, Vult von Steyern P, Zwahlen M, Sailer I. Internal vs external connections for abutments/reconstructions: a systematic review. Clin Oral Implants Res. 2012 Oct;23 Suppl 6:202-16.