SPECIALE ANTIBIOTICI
Esistono test diagnostici microbiologici rapidi, utilissimi per impostare la terapia antibiotica mirata, ma non ancora disponibili negli ospedali italiani. L’appello delle società scientifiche in occasione della Giornata mondiale della sepsi
Colpisce 20-30 milioni di persone nel mondo, 250mila casi solo in Italia, di cui 1 su 4 non sopravvive, per un totale di 60mila morti l’anno. Il suo nome è sepsi, ed è la conseguenza di una grave risposta dell’organismo a un’infezione che danneggia tessuti e organi. La sepsi rappresenta un’emergenza sanitaria in costante aumento, dall’esito fatale se non diagnosticata precocemente e trattata tempestivamente. Un’emergenza legata a doppio filo ad altri due problemi di grande importanza: le multi-resistenze e le infezioni ospedaliere. Queste ultime sopraggiungono in circa il 5-7% dei pazienti ricoverati negli ospedali italiani (fino al 15% nei reparti di terapia intensiva), 500-700mila casi in totale, con una mortalità del 3%.
La Giornata mondiale della sepsi (www.world-sepsis-day.org), che si celebra ogni anno il 13 settembre, è l’occasione per le società scientifiche e non solo di ribadire la portata di questi fenomeni e sollecitare contromisure efficaci e sostenibili. Ma il tema dell’antibiotico resistenza sarà anche al centro del prossimo G7 della salute, in programma a novembre a Milano.
Soluzioni ci sono, ma mancano negli ospedali
L’uso improprio o eccessivo di antibiotici è, infatti, alla base dell’aumento del fenomeno della resistenza a questi farmaci, con selezione di ceppi di batteri multi-resistenti, specialmente all’interno delle strutture sanitarie.
«Quando parliamo di sepsi e antibiotico resistenza ci riferiamo a fenomeni time-dependent – ha affermato Pierangelo Clerici, presidente dell’Associazione microbiologi clinici italiani (Amcli) –. Accorciare i tempi di passaggio dalla cosiddetta terapia empirica ragionata a quella ottimale, ovvero specifica rispetto al batterio che ha causato l’infezione, può consentire di ridurre notevolmente la mortalità da sepsi. Infatti, si stima che questa aumenti fino al 7% al trascorrere di ogni ora in cui il paziente è sottoposto a un trattamento antibiotico non appropriato».
Il metodo utilizzato per determinare la resistenza e la suscettibilità dei batteri, e dunque guidare la selezione e il dosaggio della terapia antibiotica ottimale per il singolo paziente, è l’analisi di suscettibilità antimicrobica (Ast) basata sulla minima concentrazione inibente (Mic). I metodi Ast tradizionali però impiegano alcuni giorni per produrre risultati, rendendo necessario il ricorso alla terapia antibiotica ad ampio spettro. «In presenza di un’infezione microbica abbiamo invece bisogno di velocità di esecuzione e di precisione del test diagnostico, perché quanto prima si arriva alla diagnosi, tanto migliore, rapida ed efficace sarà la terapia – spiega Antonio Chirianni, presidente della Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit) –. Esistono già tecnologie innovative che consentono di avere una diagnosi clinica in sole 7 ore contro i 2-3 giorni delle strumentazioni tradizionali, ma sono ancora poco diffuse. Dotarsi di queste tecnologie è diventato, per gli ospedali, un requisito indispensabile per diminuire la mortalità, migliorare gli outcome di salute e ridurre gli effetti collaterali degli antibiotici e le resistenze».
«La terapia empirica in epoca di infezioni da microrganismi multi-resistenti può non essere adeguata fino al 25% dei pazienti affetti da alcune infezioni del sangue – sottolinea Stefania Stefani della Società italiana di microbiologia (Sim) –. Risulta pertanto cruciale una diagnostica microbiologica rapida, atta a identificare il patogeno e il suo profilo di antibiotico-sensibilità, consentendo l’ottimizzazione della terapia antibiotica nel più breve tempo possibile».
Previsioni nefaste per il 2050
Entro il 2050 si prevede che nel mondo ogni anno 10 milioni di persone moriranno per infezioni resistenti agli antibiotici, più delle vittime del cancro (8,2 milioni) e degli incidenti stradali (1,2 milioni) messe insieme. Si calcola, inoltre, che addirittura 1 paziente su 2 morirà in seguito a infezione nosocomiale sostenuta da batteri multi-resistenti.
I pazienti critici che necessitano di cure intensive nei reparti di anestesia e rianimazione sono esposti a un più alto rischio di contrarre infezioni e, come spiega il presidente della Società italiana di anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva (Siaarti) Antonio Corcione, «ridurre di due giorni le ospedalizzazioni, grazie a una risposta immediata dei test diagnostici di suscettibilità antimicrobica, significa limitare l’esposizione al rischio di infezioni in ambiente ospedaliero e, al tempo stesso, i costi dei ricoveri. In tal senso, l’innovazione tecnologica va considerata come un driver dell’appropriatezza, in grado di migliorare la salute delle persone e salvare vite umane, ma anche consentire risparmi grazie a processi di cura più efficaci».
«In presenza di shock settico, è stato dimostrato che la rapidità della diagnosi microbiologica e l’impostazione di una terapia antibiotica appropriata sono essenziali e dovrebbero avvenire già entro le prime sei ore, al fine di poter ridurre la mortalità associata, in particolar modo per le infezioni ospedaliere sostenute da batteri multi-resistenti» ha spiegato Bruno Viaggi, membro del Gruppo italiano per la valutazione degli interventi in terapia intensiva dell’Istituto Mario Negri.
«Gli ospedali giocano un ruolo fondamentale nel ridurre il trend della resistenza e preservare l’utilità degli antibiotici per i pazienti del futuro» sostiene Maria Pia Ruggieri, presidente della Società italiana di medicina di emergenza e urgenza (Simeu). E allora, come sintetizza Andrea Fontanella, presidente della Federazione delle Associazioni dei dirigenti ospedalieri internisti (Fadoi), «è necessario che le tecnologie innovative che consentono di limitare a poche ore i tempi dei test di suscettibilità agli antibiotici si traducano in un’opportunità concreta nei nostri ospedali».
Andrea Peren
Giornalista Italian Dental Journal
LEGGI ANCHE:
⇒ Antibiotici in odontoiatria: stiamo usando farmaci non più efficaci?
⇒ Una guida per la terapia antibiotica in endodonzia
⇒ La profilassi antibiotica nel paziente con protesi articolare