Il paziente B. R., di anni 60, è completamente asintomatico pur presentando un’area di radiotrasparenza classica in 3.5 (figg. 1 e 2). La cosa non ci stupisce, essendo tipico di alcune condizioni cliniche.
Procediamo quindi a una terapia canalare dopo isolamento del campo e impiego di Gates per il terzo coronale e Pro Taper Gold su manipolo cordless (fig. 3).
Approfitteremo anche per provare un sistema NiTi con particolari caratteristiche che descriveremo, per rifinire le pareti dentinali al meglio. Ma il caso clinico in questione è concentrato sull’impiego della nota tecnica Thermafil, che in alcuni rari casi può presentare piccole criticità che possono per altro verificarsi anche con qualsiasi altra metodica di riempimento con guttaperca, ovvero l’impattamento sulle pareti canalari che impedisce il raggiungimento dell’ultimo tratto apicale o, in altri casi come anche nel nostro, un leggero “sbucciamento” tra carrier e guttaperca in zona apicale (denudamento del carrier).
Nel nostro caso è probabile sia stato un errore di spinta, visto che la conicità della preparazione era verificata. In ogni caso questo recupero rappresenta un caso limite, anche se paradossalmente molto semplice, per svariati motivi: lo scarso pescaggio dell’elemento, le condizioni parodontali, un modesto riassorbimento radicolare, per finire un diametro apicale oltre lo standard.
Naturalmente faremo il classico monitoraggio per valutare la completa guarigione.
Abbiamo così documentato l’errore avvenuto per ben due volte (figg. 4 e 5). Nella prima (fig. 4 ), sia la guttaperca che il carrier si sono fermati a 3 mm circa dall’apice, anche se un piccolo sbuffo di PCS è passato oltre apice. Nella seconda (fig. 5) abbiamo tolto accuratamente la guttaperca precedente e ripulito il canale al meglio, ma non siamo comunque riusciti a raggiungere la zona apicale, mancando ancora circa 1,5 mm.
Per non cadere nello stesso errore, abbiamo accuratamente deterso le pareti per far proseguire il cono master in direzione apicale e, con l’occasione, abbiamo appunto provato due strumenti di finitura di recente introduzione sul mercato, XP Endo Shaper (fig. 7) e XP Endo Finisher (fig. 8), dotati di super elasticità e memoria di forma, in grado di adattarsi alle pareti canalari e detergerle quasi come fosse una sorta di finitura “spazzolante”, questo rappresentato da XP Endo Finisher.
Dopo il passaggio di quest’ultimo ad una velocità di 800 rpm e con una spinta più energica delle precedenti, siamo riusciti a raggiungere l’apice usando sempre lo stesso master da 40 che prima non era stato in grado di raggiungere la zona apicale (fig. 9).
Le varianti in gioco sono molteplici e quindi non possiamo affermare che il merito sia di questa strumentazione, tuttavia l’impressione è quella di uno strumento di finitura e non solo, che rispetta la dentina, grazie alle sue qualità strutturali: super elasticità; memoria di forma; capacità di reagire alle variazioni di temperatura, consentendo allo strumento movimenti di dilatazione e contrazione che aumentano la detersione delle pareti; scarsa aggressività.
Si può quindi constatare che questi strumenti in NiTi sono in grado di garantire una buona finitura delle pareti dentinali, e non solo, senza correre il rischio di sovra strumentazione.
Nel nostro specifico caso non abbiamo seguito la sequenza prevista dal protocollo (Scout Race 10/15/20-02/04) avendo iniziato con altra tecnica e nemmeno impiegato riempitivi in bio-ceramica, ma abbiamo voluto solo testare il contatto tridimensionale temperatura dipendente di XP Endo Finisher, che ci ha permesso il raggiungimento apicale e, certamente grazie all’impiego di ipoclorito e di Edta, una corretta detersione canalare.
Bibliografia disponibile su richiesta

Aldo Crespi
Libero professionista a Corsico (Milano)