Un team di ricercatori italiani ha messo a confronto estrusione ortodontica e chirurgica, valutando anche un’opzione combinata che potrebbe diminuire drasticamente il rischio di frattura radicolare durante le manovre estrattive ed evitare la fibrotomia
Estrusione ortodontica, estrusione chirurgica e allungamento della corona: volendo evitare di ricorrere a un impianto, sono queste le tre soluzioni disponibili per ristabilire un attacco tissutale sopracrestale fisiologico di denti gravemente danneggiati. Se l’allungamento di corona clinica è considerato una tecnica invasiva, dato che provoca la rimozione di parte del supporto osseo, sia l’estrusione ortodontica che quella chirurgica possono evitare questo inconveniente ed essere utilizzate con successo nel trattamento di denti molto compromessi.
Lo affermano, su International Journal of Environmental Research and Public Health, alcuni ricercatori dell’Irccs Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli di Roma, autori di una review narrativa che mette a confronto vantaggi e svantaggi, controindicazioni e complicazioni di entrambe le tecniche (1).
«Al fine di analizzare sia l’estrusione ortodontica che l’estrusione chirurgica – spiega Martina Cordaro, prima autrice dello studio – è stata eseguita una ricerca bibliografica utilizzando il database PubMed. Sono state utilizzate le keywords “orthodontic extrusion”, “forced orthodontic extrusion”, “forced orthodontic eruption” and “surgical extrusion”; articoli e recensioni originali in lingua inglese che descrivono una o entrambe le tecniche sono stati selezionati in base al titolo e all’abstract e aggiunti alla fase di screening. Sono stati selezionati in totale 57 articoli sull’estrusione chirurgica, 52 sull’estrusione ortodontica, 4 sull’effetto ferula, 9 sull’ampiezza biologica e 16 sull’allungamento della corona clinica. Dopo la lettura completa del testo, 12 articoli sono stati considerati idonei. Riguardo l’estrusione ortodontica, in letteratura sono descritti vari protocolli che differiscono per tecnica, timing di trattamento e necessità di esecuzione di fibrotomia. Sarebbe interessante condurre ulteriori studi per raccogliere e sistematizzare la letteratura al riguardo».
Estrusione ortodontica
L’estrusione ortodontica viene effettuata con l’obiettivo di spostare la radice del dente in senso coronale, verso il piano occlusale: all’interno dell’osso, portando solo il dente in una posizione più superficiale oppure insieme all’osso, trasportando contestualmente all’elemento dentale il suo parodonto, costituito da osso, gengiva e legamento parodontale.
Come ricordano gli esperti romani è indicata: nel trattamento di denti traumatizzati o inclusi; per esporre la struttura dentale e facilitare il restauro del dente in caso di lesione sottogengivale o infraossea oppure per ottenere un adeguato “effetto ferula”, anche in aree estetiche; per correggere una violazione della ampiezza biologica; per ridurre i difetti ossei angolari; per correggere un livello inadeguato dello zenit gengivale e modificare l’architettura della gengiva; a scopo perimplantare, per aumentare il volume della cresta alveolare e della gengiva cheratinizzata; per eseguire l’estrazione ortodontica, quando non è consigliabile l’estrazione chirurgica. L’estrusione ortodontica è invece controindicata in caso di anchilosi o ipercementosi, frattura verticale della radice, vicinanza alle radici di denti contigui, grave riassorbimento della radice interna o esterna, radice corta, parodontite o malattia periapicale non trattata e quando causerebbe l’esposizione della forcazione in denti pluriradicolati.
Nel complesso, si tratta di un trattamento sicuro, minimamente invasivo e dai risultati altamente predicibili, raramente associato a complicazioni. Rispetto all’allungamento chirurgico della corona presenta diversi vantaggi, a partire dal fatto che non richiede l’estensione della resezione ossea ai denti adiacenti per armonizzare la morfologia gengivale. Al contrario, l’estrusione ortodontica può semplicemente causare lo spostamento del dente o addirittura aumentare il volume dei tessuti di supporto dentale, particolarmente vantaggioso in caso di futuro impianto. La combinazione di estrusione ortodontica e fibrotomia può fornire ottimi risultati estetici. Infine, per la sua esecuzione, richiede un movimento del dente relativamente semplice, poiché simula l’eruzione fisiologica.
D’altro canto, servono dalle quattro alle sei settimane per effettuare un trattamento che va poi mantenuto da quattro settimane fino a sei mesi. Se la fibrotomia viene eseguita settimanalmente, è richiesta un’elevata compliance del paziente e non esclude la necessità di una chirurgia parodontale al termine. Peggioramento dell’igiene orale e problemi estetici devono poi essere messi in conto, come per qualsiasi dispositivo ortodontico.
Estrusione chirurgica
L’estrusione può anche essere effettuata con un intervento chirurgico, anche noto come trapianto intra-alveolare, con cui si riposiziona coronalmente l’intera struttura dentale residua nell’alveolo originale dello stesso dente.
Con il reimpianto intenzionale del dente estruso, è possibile gestire casi endodontici complessi e difficili da trattare con altre tecniche oppure trattare danni radicolari non facilmente accessibili o riparabili per via intraorale, come in presenza di riassorbimento cervicale della radice.
Sia il reimpianto intenzionale che l’estrusione chirurgica sono indicati in denti permanenti non vitali che abbiano un’anatomia della radice ideale per l’esecuzione di un’estrazione atraumatica, il che si verifica spesso nei denti monoradicolati.
Tuttavia, la paura di causare danni al legamento parodontale durante l’estrazione, con il conseguente rischio di sviluppare anchilosi o riassorbimento della radice, spinge molti clinici a considerare l’estrusione chirurgica e il reimpianto intenzionale come terapia di ultima scelta, in assenza di un’alternativa migliore. A favore di questa procedura gioca l’importante vantaggio della tempistica: basta una sola seduta per ottenere l’entità di estrusione desiderata. È inoltre possibile trattare endodonticamente il dente contemporaneamente all’estrusione; l’apicectomia e il riempimento retrogrado possono essere eseguiti fuori dall’alveolo, con un agile controllo visivo. I risultati estetici sono generalmente buoni e, rispetto all’allungamento chirurgico della corona, l’estrusione chirurgica permette un migliore mantenimento della papilla interprossimale e una perdita ossea marginale inferiore.
Criteri per la scelta
In conclusione, sia l’estrusione chirurgica che quella ortodontica possono essere utilizzate con successo nel trattamento di denti gravemente compromessi.
Al termine di un accurato esame della letteratura scientifica sul tema, i ricercatori del “Gemelli” consigliano di eseguire l’estrusione chirurgica «quando c’è la necessità di risolvere problemi endodontici che non possono essere trattati con le tradizionali tecniche di endodonzia ortograda o retrograda o come alternativa all’estrazione di denti che non possono essere restaurati in altro modo». È invece preferibile scegliere l’estrusione ortodontica «se il trattamento appare altamente prevedibile, se è già presente un dispositivo ortodontico, se è necessario preservare la vitalità del dente e nel trattamento di elementi non compatibili con un’estrazione atraumatica. Tuttavia, la tecnica ideale va valutata caso per caso, in quanto devono essere presi in considerazione numerosi fattori quali il grado di compromissione dentale, la necessità di eseguire manovre endontiche extraoralmente, la compliance del paziente. A oggi non vi è una tecnica migliore dell’altra in senso assoluto ma una più adatta al singolo caso clinico».
Una prospettiva futura potrebbe fondere i vantaggi di entrambe le tecniche. «La tecnica combinata – argomenta la dottoressa Cordaro – prevede un’iniziale mobilizzazione ortodontica dell’elemento dentale seguita dall’estrusione chirurgica dello stesso. Eseguendo una mobilizzazione ortodontica preliminare, si aumenta il volume del legamento parodontale. In queste condizioni, diminuisce drasticamente il rischio di frattura radicolare durante le manovre estrattive previste nel protocollo di estrusione chirurgica. Rispetto all’estrusione ortodontica, invece, si riducono notevolmente i tempi e la compliance richiesti dal paziente: in media in sole due o tre settimane si ottiene una mobilizzazione dell’elemento sufficiente per procedere con l’estrusione chirurgica in modo atraumatico. Si riduce quasi del tutto il rischio di estrusione dei tessuti parodontali e di conseguenza non è richiesto sottoporre il paziente a fibrotomia, procedura spesso ritenuta poco gradevole dal paziente, specie se è eseguita settimanalmente».
Renato Torlaschi
Giornalista Italian Dental Journal
Bibliografia:
Cordaro M, Staderini E, Torsello F, Grande NM, Turchi M, Cordaro M. Orthodontic extrusion vs. surgical extrusion to rehabilitate severely damaged teeth: a literature review. Int J Environ Res Public Health. 2021 Sep 10;18(18):9530.