
Gianfranco Carnevale
Tra i numerosi progetti del Comitato intersocietario di coordinamento delle associazioni odontostomatologiche italiane (Cic), uno si propone di influenzare in modo positivo le abitudini di lavoro degli odontoiatri, motivandoli all’utilizzo della diga di gomma, invece di altri mezzi diffusi ma meno efficaci, per isolare il campo di lavoro ricostruttivo ed endodontico. Abbiamo chiesto al presidente del Cic, Gianfranco Carnevale, di presentarci questo progetto e di farci il punto sull’attività attuale del Comitato, che sta assumendo un ruolo finalmente fattivo nel coordinamento delle attività istituzionali delle società scientifiche di area odontoiatrica.
«Il Cic – ricorda Carnevale – è stato fondato nel 1995 e nei primi anni ha avuto soprattutto un’attività legata al coordinamento del calendario delle varie manifestazioni culturali organizzate dalle associazioni scientifiche che rappresentava, pur avendo sempre presente un triplice obiettivo non semplice da raggiungere: ottenere un riconoscimento giuridico delle società scientifiche, partecipare ai tavoli delle trattative per conto di queste ultime e chiarire i ruoli delle varie componenti del cosiddetto “universo odontoiatrico” di Guastamacchiana memoria».
Convegni organizzati, testi pubblicati, raccomandazioni e linee guida emesse, progetti portati avanti con la collaborazione delle più diverse componenti del mondo odontoiatrico: le attività svolte finora sono state numerose e articolate: «a oggi – dice Carnevale – c’è collaborazione e accordo tra le parti e il Cic occupa un ruolo istituzionale, come rappresentante delle associazioni scientifiche in una commissione tecnica del ministero della Salute».
Dottor Carnevale, perché si è avvertita la necessità di sviluppare un “progetto diga”?
Questo progetto nasce nell’ambito di un disegno più vasto, quello delle “Raccomandazioni cliniche”, che sono un punto di riferimento per il professionista in quanto definiscono i livelli minimi di qualità che una corretta pratica odontoiatrica dovrebbe rispettare nell’interesse della salute del cittadino.
Nelle raccomandazioni cliniche si parla esplicitamente dell’isolamento del campo operatorio in alcune procedure odontoiatriche ed è noto che il miglior sistema per isolare il campo operatorio odontoiatrico è la diga di gomma, strumento che, con molta probabilità, tra qualche anno sarà reso obbligatorio dalla normativa europea.
In Italia purtroppo questa procedura è poco utilizzata. Da queste premesse nasce quindi la necessità di un progetto teso alla diffusione tra i colleghi di questo strumento che, oltre a essere utile per la salute del paziente, è anche vantaggioso per l’odontoiatra.
Chi parteciperà a questo progetto e quali sono gli obiettivi? Alla stesura delle Raccomandazioni cliniche in odontostomatologia hanno partecipato il Comitato intersocietario di coordinamento delle associazioni odontostomatologiche italiane, l’università, le associazioni di categoria e la Commissione degli albi degli odontoiatri (Cao) nazionale. Il documento finale è stato vagliato dal ministero della Salute e presentato al pubblico lo scorso 20 marzo e da allora è sul sito del ministero. Il progetto diga, che è una conseguenza delle raccomandazioni, è in fase iniziale e il primo incontro tra le parti c’è stato durante l’ultimo congresso degli amici di Brugg; ne è coordinatore il dottor Augusto Malentacca, vicepresidente vicario del Cic.
Il “progetto diga” verrà sviluppato da Aic, Aie e Sie (società aderenti a Cic, ndr), Andi e Aio con l’obiettivo principale di diffondere l’utilizzo di questo strumento ma soprattutto di fugare luoghi comuni e disinformazione sulla diga di gomma che dissuadono i colleghi dall’usarla.
Può ricordare lo scopo della diga di gomma e i vantaggi che comporta?
La diga di gomma è disponibile alla professione odontoiatrica da oltre 140 anni. Serve a isolare il campo operatorio dalla saliva e di conseguenza dai batteri.
Lavorare su un dente isolato completamente dal resto della bocca ha una serie di indiscutibili vantaggi. Prima di tutto, il foglio di gomma divarica i tessuti creando un ampio spazio di manovra esente da interferenze con la lingua, le guance e i tessuti periorali e impedisce al paziente di chiudere in continuazione la bocca. Con la diga abbiamo inoltre la possibilità di lavorare da soli, senza un assistente che perennemente aspiri la saliva per ottenere oltre all’isolamento del campo anche una buona visibilità per l’operatore. Altri vantaggi sono: la riduzione del rischio per il paziente di ingestione o aspirazione di materiali e liquidi; la maggiore possibilità di eseguire un lavoro che oltre a essere tecnicamente corretto sia anche esteticamente soddisfacente; un maggior livello di protezione per gli operatori da contaminazione crociata e un aumentato livello di protezione legale, in quanto l’utilizzo della diga dimostra una maggiore attenzione al rischio e quindi alla prevenzione dell’incidente.

Risultati principali di una ricerca condotta nel 2008 tra i dentisti degli Stati Uniti.
Gli odontoiatri americani che non utilizzano la diga ritengono che sia scomoda (40%), inutile (28%), non gradita dal paziente (11%) o che faccia perdere tempo (9%). Fonte: Hill EE, Rubel BS. Journal of Dental Education 2008 Oct;72(10): 1177-8
In quali branche è essenziale e in quali è semplicemente consigliabile?
Ci sono molti lavori scientifici che dimostrano inequivocabilmente che in conservativa e in endodonzia l’utilizzo di questa procedura migliora i risultati e la durata delle nostre prestazioni.
Quanto è diffuso tra i dentisti italiani il corretto utilizzo della diga di gomma?
L’utilizzo della diga di gomma è purtroppo molto poco diffuso: circa nel 10% degli odontoiatri; ma le statistiche non sono affidabili, in quanto stabiliscono che l’odontoiatra ha acquistato il kit per la diga di gomma ma non sono in grado di prevedere se poi questo strumento venga effettivamente utilizzato.
Un indicatore più affidabile è il numero di fogli di gomma venduti e in questo caso la percentuale cala a un 5% di professionisti che la usa quale prassi abituale sia in endodonzia che in conservativa.
Percentuali più alte sono riportate da statistiche estrapolate da questionari nei quali la maggior parte degli odontoiatri, forse per vergogna o per timore, affermano di usare sempre la diga di gomma.
Per quali ragioni è così poco utilizzata?
Uno dei luoghi comuni più accreditati è il maggior dispendio di tempo. Invece, contrariamente a quanto si pensa, è esattamente il contrario; se si considera infatti che molte attività, quali ad esempio l’aspirazione, l’asciugatura, l’applicazione dei rulli salivari o il risciacquo della bocca del paziente, non sono necessarie, si intuisce facilmente come il suo impiego possa comportare un risparmio fino a quasi la metà del tempo necessario per eseguire lo stesso lavoro senza diga.
Che fare nei casi in cui non è possibile posizionare la diga di gomma?
I casi in cui non è possibile posizionarla sono veramente pochi, con un po’ di esperienza la si può utilizzare nel 99% delle situazioni. Nelle rare occasioni in cui non si può posizionare, perché il dente è completamente scoronato e il margine è sottogengiva, più che ragionare sull’utilizzo della diga sarebbe utile riflettere sulla reale utilità di curare un elemento così compromesso.
Comunque anche nei casi più ostici è possibile fare una ricostruzione pre-endodontica e applicare la diga senza problemi. Per ottenere lo stesso risultato, a oggi, non esistono sistemi alternativi.
Può essere lo stesso paziente a opporsi all’utilizzo della diga, trovandola fastidiosa?
L’opposizione del paziente, più che essere un reale problema, è una argomentazione usata come alibi. Se si informa correttamente il paziente sui vantaggi che questo strumento comporta, saranno poi gli stessi pazienti a chiedere all’odontoiatra di utilizzarla.
Inoltre, in questo periodo di crisi, utilizzare la diga può essere un elemento di distinzione sul piano della qualità della prestazione nei confronti dello stesso paziente.
Esistono limitazioni in alcune categorie di pazienti – bambini, diversamente abili ecc. – e in che modo bisogna comportarsi in questi casi?
Non esistono vere e proprie limitazioni, piuttosto esistono casi in cui la gestione del paziente è più complicata a tutti i livelli. In quei casi può essere utile pre-medicare il paziente con un farmaco a base di benzodiazepine o similari.
E i progetti futuri del Cic?
Sono molti. Oltre al progetto diga, di cui abbiamo parlato, vorremmo riuscire a rivedere la parte del decreto Sirchia che riguarda il riconoscimento delle società scientifiche mediche/odontoiatriche da parte del ministero della Salute e lavorare con L’Agenas per migliorare alcune incongruenze del programma Ecm.
Stiamo lavorando su un manifesto etico che regoli alcune attività comuni nel campo dell’aggiornamento, poiché nei nostri congressi e corsi vogliamo il massimo della trasparenza.
CIC, UNA SIGLA CHE NE RIUNISCE MOLTE ALTRE
Fondato quasi vent’anni fa, il Cic è una federazione di associazioni scientifiche odontostomatologiche: Accademia italiana di conservativa (Aic), Accademia italiana di endodonzia (Aie), Accademia italiana di gnatologia (Aig), Accademia italiana di odontoiatria microscopica (Aiom), Accademia italiana di odontoiatria protesica (Aiop), Società italiana di chirurgia orale e implantologia (Sicoi), Società italiana di chirurgia odontostomatologica (Sidco), Società italiana di ortodonzia (Sido), Società italiana di parodontologia e implantologia (Sidp), Società italiana di endodonzia (Sie), Società italiana di implantologia osteointegrata (Sio) e Società italiana di tecnica bidimensionale (Sitebi).
I compiti del Cic:
– promuovere il dibattito interno alla categoria per sensibilizzare gli odontoiatri alle problematiche culturali della professione nella società contemporanea;
– diffondere nella società civile la conoscenza dei progressi in campo scientifico e professionale;
– aprire un confronto con il mondo politico sui temi della cultura nella professione odontoiatrica e nell’organizzazione sanitaria in relazione alle esigenze della società;
– creare un punto d’incontro tra gli operatori del settore e le associazioni o gli enti che si occupano o si interessano della salute.
L’azione del Cic è rivolta alle associazioni scientifiche che lo compongono, ai cittadini-utenti, ai politici, ai ministeri di branca (Salute e Istruzione, università e ricerca) e agli operatori del settore.
Renato Torlaschi
Giornalista Italian Dental Journal