
Enrico Gherlone, presidente del Collegio dei docenti universitari di discipline odontostomatologiche
Il presidente dei docenti universitari di odontoiatria a 360 gradi sulla professione: promosso il nuovo sistema di educazione continua in medicina, sì alla previsione di sanzioni per chi non si aggiorna, difesa dell’attività della Cao. La legge Gelli sulla responsabilità professionale, invece, non sarebbe ancora in grado di tutelare in maniera efficace chi opera in regime di libera professione. Ma sulla scia della nuova legge, la stesura delle linee guida in odontoiatria può diventare una priorità, per creare una fonte autorevole sul piano medico legale
Quest’anno il Congresso nazionale del Collegio dei docenti universitari di discipline odontostomatologiche si tiene da giovedì 6 a sabato 8 aprile a Milano (Centro Congressi San Raffaele) e il chairman è Enrico Gherlone, che è presidente dello stesso Collegio oltre che ordinario di malattie odontostomatologiche all’Università Vita Salute di Milano.
Tutte le relazioni ruotano attorno al tema della sfida estetica in odontoiatria. «Il congresso è sempre più aperto oltre i nostri confini – spiega Gherlone – con la presenza di un simposio con relatori provenienti da tutta Europa sul tema dell’estetica in parodontologia e implantologia. Il nostro congresso è un evento a cui partecipa una media di tremila persone ed è importante che si possano confrontare con una realtà internazionale. I poster sono molti, tutti in inglese, e saranno pubblicati su una rivista indicizzata su Scopus. Il format del congresso è sostanzialmente identico e quest’anno per i consessi riguardanti le scuole di specialità abbiamo la grande novità della scuola di odontoiatria pediatrica».
Enrico Gherlone è anche componente del Gruppo tecnico odontoiatria presso il ministero della Salute, e questa doppia veste, accademica e politica, gli conferisce un punto di vista privilegiato sull’odontoiatria italiana.
Professor Gherlone, lei ha avuto e ancora ha un ruolo importante sia a livello accademico che politico e questo le ha permesso di approfondire temi di particolare rilevanza e di contribuire alla soluzione di certe criticità. Ne può ricordare qualcuno?
Mi ha dato particolare soddisfazione il fatto che siamo riusciti a ottenere la riapertura delle scuole di specialità in odontoiatria: è importante perché, in base alla nostra legislazione, soltanto con la specialità si può accedere a concorsi pubblici e quindi il fatto di averle potute riattivare è stato un successo; il Collegio dei docenti ha avuto in questo percorso una parte molto attiva e ha contribuito con l’appoggio della Conferenza dei rettori e della politica: anche il Gruppo tecnico sull’odontoiatria istituito presso il ministero della Salute, di cui faccio parte, ha lavorato molto su questo tema.
Esiste oggi un problema di disoccupazione o di sottoccupazione per i neolaureati in odontoiatria?
In base ai nostri dati, relativi allo scorso anno, non esistono al momento problemi occupazionali per i giovani odontoiatri che, a poco tempo dalla laurea, riescono tutti quanti a trovare lavoro, a volta aprendo studi ma soprattutto facendo i consulenti e inserendosi in realtà già esistenti.
Nei prossimi anni molti degli odontoiatri attualmente operativi andranno in pensione, lasciando spazi ancora più ampi ai giovani.
In questo contesto, che ruolo hanno le catene odontoiatriche?
Sicuramente danno occupazione ai neolaureati ma non è un fenomeno che influisce in maniera determinante: il giovane che si immette sul mercato è un professionista in divenire, che dovrà sempre perfezionarsi e fare corsi. Detto questo, che si chiamino catene o siano altri soggetti, il futuro è di grandi centri e di associazioni tra professionisti o network; anche l’Andi ne sta formando uno.
Condividendo spazi, attrezzature e acquisti si riesce a offrire una qualità accettabile di cure ed essere allo stesso tempo competitivi. Il problema è che queste realtà, troppo spesso, hanno forme di pubblicità troppo aggressiva, mentre in ambito sanitario la pubblicità dovrebbe essere soprattutto informazione. È anche quello che da tempo chiede l’Ordine.
L’aggregazione crescerà in futuro, perché consente risparmi e riduzione di costi, ma resterà sempre importante il rapporto diretto e la presa in cura del paziente da parte dell’odontoiatra: per questo anche gli studi professionali hanno ancora un futuro.
Il nostro giornale ha più volte mostrato una certa assenza di trasparenza dell’Ordine in tema di procedimenti disciplinari ai suoi iscritti. Qual è la posizione dei docenti universitari sui temi della sanzione e della trasparenza?
È un tema molto delicato. Io conosco molto bene la Cao e so che lavora in termini molto trasparenti e regolari. Semmai il problema è che è stato tolto troppo potere agli Ordini, che tante volte sanzionano ma non possono essere più incisivi come una volta.
Solo pochi anni fa, per esempio, non sarebbe stato possibile pubblicizzare un impianto al “prezzo civetta” di 1 euro, perché erano stati stabiliti dei minimi che poi sono stati tolti.
L’Ordine di controllo non costituisce solo una figura di controllo etico, ma deve avere anche legalmente la possibilità di intervenire; a volte sembra poco trasparente perché non ha il margine di movimento che dovrebbe avere e che un tempo aveva: figuriamoci se l’Ordine non ha interesse a sanzionare i prestanome piuttosto che fenomeni di abusivismo…
Non ci sono dietrologie da fare, ma purtroppo la politica, per aumentare la competitività, ha abbassato gli standard e ha dato meno potere agli Ordini (Legge Bersani). Ma non si può trattare la sanità come un qualsiasi erogatore di prodotti o di servizi: bisogna formare operatori capaci e sia l’Ordine che il Collegio hanno il dovere della tutela della salute del cittadino; bisogna dare ai professionisti la possibilità di curare in maniera ottimale. Tant’è vero che le raccomandazioni cliniche, che sono state un tempo ideate da me e poi partorite da tutta la componente odontoiatrica in sinergia, hanno proprio lo scopo di fissare un’asticella sotto la quale non si può scendere, per non penalizzare la salute dei cittadini a fronte di motivazioni di tipo economico.
Un tema che ha tenuto banco negli ultimi mesi è la ridefinizione del percorso Ecm per il prossimo triennio. Qual è la sua valutazione, come docente, di questo approccio al tema della formazione continua?
La prima cosa importante è che, a quanto pare, le spese sostenute per l’aggiornamento dei professionisti saranno detraibili e la seconda è che saranno definite delle sanzioni per chi non raggiunge una quota minima di aggiornamento.
L’Ecm c’era anche prima, ma il problema è che chi non seguiva i corsi non era sanzionabile. Anche in questo caso l’Ordine deve essere in condizione di esercitare un controllo e disporre di un potere sanzionatorio nei confronti di chi non rispetta i requisiti minimi di formazione continua, speriamo proprio che questo obiettivo si possa raggiungere.
Quindi, da una parte si agevola il dentista ad aggiornarsi e dall’altra si richiede che lo faccia davvero, perché oggi non è pensabile che la formazione finisca con la laurea: l’odontoiatria sta correndo e ci sono tecniche sempre nuove, meno invasive e più efficaci che vengono proposte praticamente ogni anno. Anche le nostre raccomandazioni cliniche dobbiamo aggiornarle ogni quattro anni, perché in poco tempo sono già obsolete e non escludo che in un prossimo futuro si possano sostituire con linee guida che, essendo costruite secondo canoni con esclusiva evidenza scientifica, non lasciano spazio alcuno a interpretazioni.
Anche la nuova legge sulla responsabilità dispone che si tenga conto del fatto che il medico dimostri di aver seguito le linee guida.
A proposito della Legge Gelli sulla responsabilità, qual è il suo giudizio?
È una legge importante e positiva ma riguarda praticamente solo chi opera nel settore pubblico, mentre a mio avviso dovrebbe essere estesa anche alla libera professione; non dimentichiamo che in Italia per il 93% l’odontoiatria è privata e quindi per ora ne è toccata sono marginalmente. Ma certamente, in un contesto medico legale, è rilevante che un professionista dimostri di aver operato in modo conforme alle linee guida o alle raccomandazioni. Questo darà certamente un ulteriore impulso a stilare le linee guida.
Renato Torlaschi
Giornalista Italian Dental Journal