
Aldo Crespi
Abbiamo preso in prestito questo noto aforisma, lasciando tuttavia ogni considerazione profonda agli esperti di marketing odontoiatrico, per enfatizzare che nella gestione di uno studio privato esistono aspetti che travalicano ogni dottrina ordinaria, ovvero quei rapporti interpersonali di tipo emotivo in grado di farci apprezzare dai pazienti per il nostro comportamento commercialmente corretto.
Vogliamo infatti sottolineare quanto sia importante, per il prestigio dello studio e la fama creatasi nel corso degli anni sul proprio territorio, riconoscere una sorta di garanzia su tutte le terapie eseguite. Può sembrare scontato, ma nella realtà di oggi non sempre lo è.
L’argomento è certamente delicato e oggettivamente non condiviso da tutti i colleghi. Anche gli aspetti temporali non sono sempre così facili da determinare: ad esempio alcuni colleghi, emulando un classico delle garanzie, prevedono un periodo di 24 mesi per la sostituzione gratuita di un’otturazione persa o non andata a buon fine per svariati motivi e anche per colpa, se così si può definire, del paziente stesso.
Questo protocollo, per altro condivisibile, pone dei limiti nel rapporto medico-paziente. Immaginiamo ad esempio il caso di un padre di famiglia, nostro storico paziente da anni, al quale abbiamo curato i due figli con costosi allineatori. Se dovesse perdere un’otturazione al 25esimo mese, saremmo in difficoltà nel rispettare il vincolo dei due anni. Questo è solo un esempio, ma si può applicare alle innumerevoli situazioni cliniche che si presentano ogni giorno nei nostri studi, e vale anche per gli interventi di ricostruzioni parodontali complesse, dove non sempre la predicibilità è così scontata.
Il dilemma si pone anche in implantologia dove, anche se in percentuale modesta, si possono verificare degli insuccessi.
Non dobbiamo mai dimenticare che il punto di vista del paziente, non sempre ma in alcuni casi, è diverso dal nostro. Alcuni non comprendono le nostre spese e il costo delle competenze, sono convinti di aver speso molto, indipendentemente dalla qualità delle terapie ricevute, e quando queste poi si rivelano un insuccesso anche parziale, il rapporto può diventare ancor più complesso. È proprio in questi casi che dobbiamo ragionare con attenzione, pensando attentamente al prestigio dello studio, che è difficilmente quantificabile, anche perché sappiamo bene quanto è importante il passaparola positivo. Questo naturalmente non significa “sudditanza”, ma costruttive valutazioni a lungo raggio.
Rifare, in tempi brevi, un impianto fallito è sempre considerato deontologicamente corretto. Questa, a nostro parere, rappresenta la vera domanda da porsi per coloro che addebitano costi. Ci possono essere molte variabili da valutare, tuttavia mai dobbiamo dimenticare che un paziente soddisfatto del nostro operato, soprattutto clinico ma anche commerciale, rappresenta per noi una risorsa irrinunciabile e incredibilmente proficua per il nostro prestigio professionale che, ricordiamo, difficilmente può essere quantificato in termini di perdita economica.
Scritto questo, siamo assolutamente consapevoli che il bilancio di uno studio, specie in questo momento storico, deve sempre essere attentamente valutato, come analogamente i rapporti economici con i nostri pazienti. Il bilanciamento tra queste due variabili rappresenta una delle importanti difficoltà gestionali, o come dicono gli esperti, un attento bilanciamento dei costi di produzione.
Per questo e altri complessi motivi la gestione di uno studio è tanto articolata, dovendo passare da un impegno clinico di massima qualità possibile, sia oggettiva che percepita, ma anche ponderando al meglio tempi, costi e soddisfazione di pazienti, collaboratori e personale di studio.