Abbiamo volutamente unito due termini per descrivere il caso di un paziente che presentava un rigonfiamento sospetto della mucosa palatina in quadrante uno in prossimità degli apici delle radice di 1.6 e 1.7.
Si tratta di A. P. di anni 43, al quale avevamo otturato molti anni prima gli elementi precedentemente indicati.
La storia clinica è interessante in tutte le sue variabili perché non sono presenti sintomi dolorosi a carico degli elementi dentari interessati, ma solo un capriccioso fastidio provocato dal rigonfiamento della mucosa palatina che poi si risolve spontaneamente senza mai aver fistolizzato.
Per diversi controlli, visitando il paziente, il gonfiore era completamente risolto, non vi era ancora evidenza radiologica delle lesioni e la vitalità era nella norma. (Il suo racconto sulla sensazione di gonfiore sentito con la lingua è dettagliato e certamente attendibile).
Solo dopo diversi mesi è comparsa una leggera radio-opacità nelle zone apicali, ma i test termici non sono risolutivi per la diagnosi.
Nel frattempo, il paziente è stato immerso in indagini cliniche per un malessere generale dovuto a un’infezione non ben identificata che ha portato a un approfondimento con ricovero ospedaliero al fine di risolvere il quesito diagnostico (rimandiamo allo specialista la linfocitosi).
Quando finalmente gli esami ematici confermano un rientro dei valori, il paziente torna alla nostra osservazione (circa sei mesi dopo), i test termici sia di 1.6 che di 1.7 denunciano inequivocabilmente la perdita di vitalità di entrambi.
Sono presenti due riabilitazioni protesiche sia in 1.4 che in 1.5, decidiamo così di trattare sia il sesto che il settimo con endoconservativa, che chiameremo “intercettiva”, in attesa della scomparsa dei sintomi che nel frattempo si erano palesati in entrambi gli elementi come dolore solo all’intrusiva.
Rimandiamo “l’effetto ferula” a quando gli esiti della terapia garantiranno la completa guarigione.
Il caso offre una riflessione sulla complessità del sistema immunologico basato su delicati equilibri in grado di bilanciare le manifestazioni cliniche a seconda dello stato generale dell’organismo, per non farci dimenticare che dietro l’universo bocca, per quanto specialistico, c’è sempre un paziente, cosa che non nascondiamo a volte, troppo concentrati sul dettaglio, dimentichiamo.

Aldo Crespi
Libero professionista
penso che il malessere del pz nn c’entri,
se si osserva la rx endorali e le foto,oltre ai restauri incongrui e oramai infiltrati,sulla radice distale del 7 si vede la presenza di una rarefazione apicale.Sicuramente erano 2 denti che da li a poco avrebbere perso la loro vitalita’.
Complimenti come sempre per le dv.
Caro Collega,
per prima cosa grazie come sempre per la utile partecipazione attiva, come scriviamo spesso rappresenta la molla che fa scattare il mondo. Le diagnosi a volte sono facili ed altre complesse, nel corso degli anni ho compreso molte incertezze accompagnate da tante certezze, una miscellanea non sempre identificabile facilmente. Ti ringrazio molto per il tuo apprezzamento.
Un caro saluto e buon lavoro. Aldo.