La paziente si è presentata presso la nostra struttura per ripristinare gli elementi 15 e 16 (estratti circa 6 mesi prima in altro studio); purtroppo, come si nota dalla figura 1, l’osso alveolare residuo era insufficiente per intraprendere qualsiasi tipo di terapia implantare, pertanto si è optato per un grande rialzo di seno mascellare.
Attesi 6 mesi per la guarigione dell’innesto è stata effettuata una TC di controllo (con Cone Beam Gendex GXCB-500); la panoramica ricostruita mostrava (fig. 2) un esito privo di qualsiasi infiammazione sinusale con rialzo misurabile fra 14 e 10 mm (picco massimo e minimo), ma i tagli parassiali (ne sono riportati quattro tra i più significativi nella figura 3) mostravano un esito imprevisto: in corrispondenza della botola utilizzata per accedere al seno mascellare si nota una zona dell’innesto compromessa dall’infiltrazione di tessuto fibroso.
È interessante notare che di norma l’OPT (più raramente l’endorale) è la radiografia di controllo standard per il rialzo di seno mascellare; in questo caso, sarebbe apparsa simile all’immagine 2 e non avrebbe permesso di apprezzare il problema insorto nella fase di guarigione, considerata la totale mancanza di tessuto flogistico al di sopra dell’innesto. Misurando la dimensione dell’innesto sicuramente sano, si evinceva comunque la possibilità di posizionare impianti con asse di inserimento e dimensione ottimale per la futura protesi fissa, pertanto si è deciso di reintervenire con un’incisione crestale (per permettere l’inserimento implantare), ma sollevando il lembo fino alla botola laterale del precedente intervento, in modo da poter eliminare completamente il tessuto fibroso, rialzare nuovamente la membrana del seno mascellare e integrare con un nuovo innesto la zona sopra gli apici implantari (fig. 4).
Il torque di inserimento degli impianti (BTI interna plus) è stato fissato a 50 Ncm, cosa che ha permesso di raggiungere un’ottima stabilità primaria; la figura 5 mostra il controllo intraoperatorio TC sull’elemento 16, eseguito per verificare l’avvenuta copertura dell’apice con il nuovo innesto e la riparazione della zona di mancanza in corrispondenza della botola laterale: anche in questo caso è opportuno far notare che una radiografia endorale oppure una OPT non sarebbero state sufficienti per ottenere le informazioni necessarie.
Il caso riportato dimostra quindi l’utilità e, per certi aspetti, la necessità della TC volumetrica per evitare imprevisti intraoperatori dovuti a una diagnosi effettuata su immagini bidimensionali e per garantire un risultato ottimale nella programmazione e nell’esecuzione di interventi chirurgici maggiormente complessi di quanto si potrebbe ricavare dall’analisi di immagini bidimensionali.

Mario Cappellin
Libero professionista