Lo studio della quarta dimensione, il movimento mandibolare e la dinamica di occlusione dei denti antagonisti, consente una progettazione più accurata delle riabilitazioni protesiche seguendo un approccio definito conforganizzativo
In fase di pianificazione protesica, lo studio del movimento mandibolare e della dinamica di occlusione dei denti antagonisti può portare le riabilitazioni a un livello di accuratezza superiore. E grazie alla personalizzazione, a risultati clinici estremamente efficaci, con poco margine d’errore. A promettere questi traguardi è la quarta dimensione in protesi, cioè il movimento reale, trasferibile su un file dopo averlo registrato. Tra i primi utilizzatori di questo approccio clinico digitale c’è Fabio Carboncini: protesista di lungo corso e past president Aiop, è socio fondatore della Società italiana di protesi dentaria e riabilitazione orale (Sipro) e componente del consiglio direttivo nel ruolo di tesoriere. Per le riabilitazioni protesiche progettate e realizzate sulla base degli studi in quarta dimensione, Carboncini ha anche coniato il termine “approccio conforganizzativo” per definire un intervento di riorganizzazione dell’occlusione che sia conforme al movimento naturale. «Sto lavorando con questa metodica da un anno – ci ha detto l’esperto – e ho affrontato tutti i tipi di casi: la sensazione clinica è molto molto buona, sovrapponibile a quella che mi ha consentito di avere casi con follow-up ultraventennali».
Dottor Carboncini, in questi anni la protesi ha avuto la sua prima vera rivoluzione, quella digitale. Cosa ha portato?
Siamo ormai abituati all’odontoiatria protesica tridimensionale: chi ha iniziato a lavorare con uno scanner intraorale non riesce più a tornare indietro perché i vantaggi sono talmente tanti ed evidenti che è quasi superfluo stare qui ad elencarli. Ma se vuoi lo facciamo: la possibilità di valutare immediatamente la correttezza delle preparazioni, il parallelismo, i margini di finitura, gli spazi necessari, la leggibilità dell’impronta (termine da boomer, meglio scansione intraorale), l’opportunità di correggerla senza dover ripartire da capo, di inviarla in tempo reale all’odontotecnico e guardarla insieme a lui a tutto schermo. La scansione intraorale non risente degli sbalzi di temperatura, dell’umidità, non deve essere affidata a un corriere. E poi niente più portaimpronta individuale, niente più sporco, niente materiali che infastidiscono il paziente e imbrattano sia il paziente che gli ambienti, nessuna necessità di disinfettare le impronte con materiali chimici. Non parliamo poi del gesso… se si opta per flussi completamente digitali, fine dei modelli e degli articolatori. Tu mi dirai: ci sono i modelli stampati in 3D e gli articolatori digitali, che fastidio ti danno? Nessuno, ci mancherebbe, ma già adesso per molti casi non si usano e piano piano saranno abbandonati.
Il prossimo passo può essere la quarta dimensione in protesi. Cos’è e quali vantaggi clinici può portare?
Con più di trent’anni di esperienza in protesi, avendo lavorato con articolatori a valore individuale con arco facciale cinematico, ma anche con articolatori a valore medio che non prevedono neanche l’utilizzo dell’arco facciale arbitrario, penso di poter dire in tutta serenità che facciano la differenza: da un lato accortezza e accuratezza da parte del clinico prima nel trasferire la posizione dei mascellari e poi nell’aggiustare l’occlusione; dall’altro lato esperienza dell’odontotecnico nel piazzare cuspidi, fosse e versanti. Certo, nelle grandi riabilitazioni in relazione centrica l’articolatore a valore individuale aiuta a lavorare con precisione, ma oggi possiamo avere di più e forse superare il concetto stesso di utilizzo della relazione centrica.
Perché? Perché se possiamo registrare esattamente i movimenti funzionali del paziente e trasferirli all’odontotecnico in modo che possa utilizzarli per sviluppare la morfologia occlusale, non ci serve più sapere se e quando i condili ruotano o non ruotano, dove si trovano, se e quanto si spostano lateralmente, in alto o in basso, in avanti o indietro, né dove sono i centri di rotazione dai quali deriva l’asse cerniera. C’è la quarta dimensione, cioè il movimento reale, semplicemente trasferibile su un file dopo averlo registrato. Ma non è fantastico, per fare un esempio, decidere su uno schermo quanto aumentare la dimensione verticale fermando il reale movimento di apertura e chiusura del paziente dove è più indicato per avere denti di dimensioni corrette e i giusti spazi per i materiali da restauro, piuttosto che prendere una cera di centrica o peggio alzando arbitrariamente l’asta incisale di un articolatore su un arco di movimento diverso da quello reale?
Dal punto di vista tecnologico, cosa serve per introdurre la quarta dimensione nella pratica quotidiana? E che livello di competenza ed esperienza clinica serve?
Oggi servono strumenti abbastanza costosi, ma posso immaginare che nel giro di qualche anno tutto ciò sarà possibile con una app sul telefono e dei sensori monouso da applicare in bocca al paziente. L’utilizzo dello strumento è comunque molto semplice: si parte da una scansione intraorale, si individuano dei punti di riferimento intra ed extra-orali, che sono suggeriti dal software, si applicano un sensore intraorale e uno extraorale, si posiziona correttamente la testa del paziente relativamente alla telecamera e si possono registrare tutti i movimenti e le posizioni mandibolari che ci vengono in mente, ma soprattutto possiamo vedere il modo in cui i denti antagonisti si affrontano dinamicamente. Tu hai mai pensato che noi siamo abituati a lavorare al contrario? Cioè gli articolatori funzionano grazie al movimento della branca superiore, che rappresenta il mascellare superiore, non di quella inferiore che rappresenta la mandibola; inoltre consentono di eseguire dei movimenti di apertura e chiusura su un asse, quasi sempre scelto arbitrariamente, e i movimenti escursivi rappresentano più una simulazione di digrignamento che una simulazione di funzione…eppure stiamo parlando di oggetti reali, quindi tridimensionali: manca appunto la quarta dimensione, il movimento reale del paziente.
Dal punto di vista dell’esperienza clinica direi che ne serve sicuramente meno di quella richiesta per eseguire correttamente una registrazione di relazione centrica, che è sempre un po’ uno spauracchio per i neofiti. D’altra parte la competenza acquisita proprio grazie alla confidenza con la relazione centrica è indubbiamente importante per capire come e perché se ne può fare a meno.
Dal punto di vista pratico, che tipo di casi hai affrontato con questo approccio, quali strumenti hai utilizzato e quali risultati hai ottenuto?
Casi di tutti i tipi, con approccio sia conformativo che riorganizzativo, ma soprattutto con un nuovo approccio che mi piace definire “conforganizzativo”. Andiamo in ordine: per l’approccio conformativo (piccola protesi) utilizziamo come posizione di riferimento la massima intercuspidazione del paziente, e in questo caso alcuni scanner intraorali sono in grado di registrare un semplice movimento sufficiente a consentire la costruzione di un restauro che si integra facilmente nel sistema masticatorio. Per l’approccio riorganizzativo distinguiamo due tipologie di casi: dobbiamo iniziare partendo da una posizione di massima intercuspidazione non soddisfacente oppure abbiamo già dei provvisori fatti con approccio riorganizzativo e dobbiamo finalizzare. Nel primo caso, che chiamerei “conforganizzativo” possiamo aumentare la dimensione verticale fermando il movimento lungo il tragitto di apertura/chiusura fisiologico del paziente e trasferiamo al laboratorio un file con i movimenti e con quella posizione, a partire dalla quale verrà progettato il provvisorio; riorganizziamo quindi l’occlusione conformandoci al movimento naturale. Nel secondo caso sfruttiamo sia la posizione data dai provvisori che i movimenti mandibolari del paziente, trasformando quindi l’approccio riorganizzativo in conformativo tanto come posizione che come movimento. In entrambi i casi si può fare a meno della posizione di relazione centrica, che comunque è registrabile o addirittura ricavabile da alcuni movimenti. Ovviamente non servono cere per montare i modelli, e si possono ignorare i valori articolari, anch’essi comunque ricavabili grazie allo strumento e utilizzabili, se necessario, per settare l’articolatore digitale.
Sto lavorando con questa metodica da circa un anno e ho affrontato tutti i tipi di casi: ovviamente un anno non significa niente dal punto di vista del risultato a lungo termine, ma la sensazione clinica è molto molto buona, sovrapponibile a quella che mi ha consentito di avere casi con follow-up ultraventennali.
Magari fra qualche anno ne riparliamo…
Andrea Peren
Giornalista Italian Dental Journal
4D IN PROTESI_Nel video si evidenzia come la combinazione fra i file provenienti dalla registrazione dei movimenti mandibolari con quelli della scansione intraorale, della Cbct e di una scansione facciale consenta di ottenere un’impressionante animazione che altro non è se non la riproduzione tridimensionale della funzione masticatoria.
Dal punto di vista dell’utilità clinica è comunque sufficiente la scansione intraorale delle arcate dentarie che, grazie a due sensori applicati sul paziente, viene accoppiata in modo automatico all’apparato di registrazione, relazionando le arcate al piano dell’orizzonte tramite una semplicissima manovra. Si possono così registrare e riprodurre tutti i movimenti mandibolari, analizzare i contatti dentali statici e dinamici e trasmettere infine al laboratorio odontotecnico un file contenente una serie di informazioni difficilmente ottenibili con tale accuratezza attraverso altri metodi. L’odontotecnico avrà così nel suo computer, all’interno del proprio sistema Cad, la possibilità di progettare il restauro protesico in accordo con i reali movimenti funzionali del paziente.