
Francesco Riccitiello
La maggior parte degli insuccessi in endodonzia è imputabile a una scarsa conoscenza dell’anatomia endodontica e non sempre si può rimediare con un ritrattamento. Lo strumentario può aiutare, ma la vera variabile è l’operatore
Anche agli odontoiatri migliori e più scrupolosi non è estranea la penosa esperienza di un fallimento. Diventa a quel punto essenziale un rapporto di fiducia con il paziente, grazie alla cui collaborazione si può spesso risolvere il problema, oltre a evitare che si rivolga ad altri colleghi o addirittura avvii procedure di contenzioso.
Se una certa percentuale di fallimenti è fisiologica, ogni disciplina odontoiatrica presenta specificità ed esistono accorgimenti che permettono di ridurre al minimo questi eventi e poi, quando proprio si verificano, di contenerne i danni: prima di tutto per il paziente e, in secondo luogo, per l’immagine e il prestigio dell’odontoiatra stesso.
Nei prossimi numeri faremo un viaggio nelle diverse specialità odontoiatriche, raccogliendo le esperienze, le opinioni e i suggerimenti di alcuni tra i maggiori esperti. Iniziamo con l’endodonzia e con Francesco Riccitiello, professore di odontoiatria all’Università Federico II di Napoli e presidente della Società italiana di endodonzia (Sie).
Professor Riccitiello, qual è la frequenza dei fallimenti in endodonzia? Esistono dati di letteratura?
La frequenza dei fallimenti in endodonzia riportata in letteratura può variare dal 15 al 40% a seconda dei criteri più o meno rigorosi che vengono presi in esame nei vari studi.
L’ampliamento delle conoscenze in ambito endodontico, il miglioramento delle tecniche e l’impiego di uno strumentario sempre più completo, come strumenti in lega in nichel-titanio (Ni-Ti), microscopio operatorio, fonti ultrasoniche, inserti dedicati e molto altro, hanno già permesso una riduzione degli insuccessi, sia nei ritrattamenti ortogradi che in quelli retrogradi.
Quali eventi rendono tipicamente necessario un ritrattamento?
Le cause che possono portare al fallimento di un trattamento endodontico sono molteplici: dalla mancanza di trattamento di aree intere o parziali di endodonto agli errori iatrogeni. Ma, a prescindere dalla causa, il motivo che fa ricorrere il clinico al trattamento endodontico è la presenza di lesioni periradicolari. Qualche volta, in un piano terapeutico riabilitativo complesso, la richiesta di trattamento o ritrattamento può essere indispensabile per effettuare correttamente terapie parodontali, come rizectomie e altro, o protesiche.
Consideriamo le tre fasi tipiche di un trattamento endodontico: strumentazione, detersione e otturazione del sistema dei canali radicolari. Quali sono gli errori tipici che, in ciascuna di queste procedure, può condurre a fallimento?
Gli errori tipici che condizionano il successo del trattamento endodontico sono legati soprattutto alla scarsa conoscenza dell’anatomia endodontica. La scorretta apertura della camera pulpare, il mancato reperimento dei canali, la mancanza di protocollo operativo standardizzato sono tra le cause più frequenti di insuccesso.
Spesso una conseguenza diretta di questi errori è la frattura degli strumenti endodontici all’interno dei canali radicolari. Si può comprendere così come la maggior parte degli insuccessi sia legata, più che a fattori “esterni”, all’abilità e alle conoscenze dell’operatore.
Come si può agire per ridurli al minimo?
Conoscenza dell’anatomia endodontica, applicazione di un protocollo rigoroso, impiego di uno strumentario adeguato, il tutto “condito” da un continuo aggiornamento: questi sono gli ingredienti per poter ridurre al minimo gli errori durante il trattamento endodontico primario.
Quali sono le criticità dei ritrattamenti e quanto dipendono dalla procedura adottata nel primo intervento endodontico?
La principale criticità dei ritrattamenti sta nel fare una corretta diagnosi. Oggi, con la radiologia volumetrica (Cbct), è possibile fare delle diagnosi precise grazie alla possibilità di andare oltre i limiti della radiografia bidimensionale classica. Sicuramente però il trattamento primario necessita di maggior attenzione. Infatti, nel primo trattamento possono essere compiuti errori che, se non hanno alterato l’anatomia endodontica, possono essere facilmente recuperati in fase di ritrattamento da un operatore esperto. In altre situazioni dove l’anatomia endodontica viene alterata, come perforazioni, stripping radicolari, trasporti apicali e altro, non sempre l’operatore esperto può risolvere il caso.
Quanto conta disporre di uno strumentario adeguato?
È molto importante disporre di uno strumentario completo se si vuole fare un’endodonzia di qualità. È altrettanto vero che l’esperienza dell’operatore è un presupposto fondamentale per poter sfruttare al meglio ciò che la tecnologia e la ricerca ci mettono a disposizione. L’utilizzo di sistemi ingrandenti è oggi diventato imprescindibile nel lavoro dell’endodontista; meglio ancora se viene adoperato il microscopio operatorio, che però comporta per il suo corretto utilizzo di un’adeguata curva di apprendimento.
In che misura il piano di trattamento deve tenere conto del paziente e della sua collaborazione?
La compliance del paziente in endodonzia è molto importante. Oggi i nostri pazienti comprendono sempre di più quale sia l’importanza del mantenimento dei denti naturali e questo grazie anche agli sforzi profusi dalle società scientifiche come la nostra.
L’importanza di una corretta diagnosi e di un corretto piano di trattamento è fondamentale per le decisioni terapeutiche che, ricordo, devono essere prese sempre in modo collegiale con le altre figure professionali: chirurgo, ortodontista, parodontologo e protesista.
Renato Torlaschi
Giornalista Italian Dental Journal