Nella storia del commercio più “spiccio”, tutti noi abbiamo sentito pronunciare la classica frase «il cliente ha sempre ragione», una di quelle frasi preconfezionate che da sempre funzionano quando applicate nel contesto corretto.
Da quando tutto il mondo odontoiatrico si è reso conto che lo studio medico dentistico è per prima cosa una vera e propria impresa, spesso i termini “cliente” e “paziente” vengono accostati o addirittura utilizzati come sinonimi. Senza voler interpellare il Devoto-Oli alla ricerca della locuzione perfetta, ci accontentiamo del nostro più ordinario significato pratico, che ben conosciamo, per identificare ciò che rappresenta il fulcro fondamentale del nostro lavoro quotidiano: il paziente, in qualsiasi modo lo si voglia identificare.
Entra nel nostro studio per scelta e paga una prestazione, quindi gode di molti diritti non solo sanciti legalmente ma anche moralmente. Anche se può succedere che non abbia sempre ragione, deve essere ascoltato con remissiva attenzione, cercando tra le righe il suo pensiero più profondo in modo da coglierne la vera essenza, per poi trasmettergli, con parole a lui comprensibili, che abbiamo capito e cercheremo di aiutarlo per risolvere, ove possibile, ogni suo dubbio o quesito. Questo ascolto attivo rappresenta la base migliore per qualsiasi intesa e dovrebbe essere il vero mantra, non solo per noi dentisti.
Detto questo, però non dobbiamo certo diventare sudditi: lo stesso paziente, al quale riconosciamo importanti e fondamentali diritti, ha anche lui il dovere di ascoltarci con lo stesso impegno.
Il vero problema si pone quando vogliamo accontentarlo ad ogni costo: non sempre infatti è consigliabile compiacerlo in ogni sua richiesta. Ci sono molteplici esempi nel nostro quotidiano e ognuno di noi ha esperienza di richieste a volte assolutamente legittime e a volte particolarmente fantasiose da parte dei pazienti. Se dovesse capitare di farsi strappare un «sì» su qualcosa che sappiamo che si complicherà in futuro, la concessione diventerebbe per il paziente non un favore, ma un dispiacere, in altre parole un’aspettativa delusa. Sarà capitato a ognuno di noi, magari in gioventù, di aver commesso errori di questo tipo e, probabilmente, li commetteremo ancora in futuro, ma almeno avremo acquisito quella consapevolezza dettata dall’esperienza che ci fa identificare e riconoscere l’ingenuità commessa.
Come ci hanno ripetuto molte volte i grandi saggi, la scelta migliore, sia dal punto di vista deontologico che da quello medico legale, è rispondere ad alcune richieste dei pazienti con un semplice e garbato «non-si-può-fare». Se saremo disponibili a comunicare e spiegare con semplicità e massima serenità al paziente i motivi del nostro rifiuto, sarà lui stesso a comprendere che, nel non accontentarlo oggi, stiamo facendo il suo esclusivo interesse nel medio e lungo periodo.
Aldo Crespi
Odontoiatra