La nostra paziente L.C.E., di anni 73, viene in studio con la corona su impianto in posizione 2.1 non più in situ, ma in mano (fig. 3).
L’impianto inserito circa dieci anni prima (marzo 2011) non ha mai dato problemi e supporta anche da quel tempo una protesi mobile in Valplast. A un primo esame clinico ci accorgiamo subito che si tratta di una rottura della vite di ancoraggio tra il moncone e l’impianto (figg. 1 e 2).
Per onore di cronaca, e con serena sincerità, impiegando da sempre la linea implantare della Zimmer Dental, non ci è mai capitato in tanti anni di professione. Contattato il tecnico responsabile dell’azienda, ci consiglia, come primo tentativo, di impiegare gli ultrasuoni (fig. 7) e, come secondo, l’acquisto di un kit specifico per la rimozione delle viti fratturate. Da lì l’inevitabile pensiero che l’accaduto è notorio anche se raro. Nulla da obbiettare perché il carico sul centrale, dopo anni di onorato servizio, può certamente portare alla frattura della vite di fissaggio.
Ci conforta che il carico non abbia compromesso l’interfaccia impianto/osseo circostante, che appare in discrete condizioni, con un modesto riassorbimento intorno al collo implantare.
L’aspetto del metallo nella zona di separazione (fig. 2) potrebbe essere anche indice di un difetto all’origine, ma questa è solo la nostra supposizione, l’azienda si è subito resa disponibile a una analisi ultra-strutturale della vite di fissaggio.
Per nostra fortuna la paziente non ha ingoiato il manufatto, permettendoci così il recupero della corona e la sua separazione dal moncone tramite immersione in vasca ultrasonica e inserimento nel forno a bassa temperatura (350 gradi) del nostro tecnico.
Anche gli ultrasuoni sono stati efficaci per la rimozione della vite fratturata, in quanto mancava la tensione dei cinquanta Newton al momento del fissaggio (fig. 7).
Sanificato e deterso l’interno e l’esterno dell’impianto, otteniamo una superficie coerente (fig. 10) per il fissaggio con una nuova vite del moncone in titanio (figg. 9 e 11). Quindi ri-cementiamo la stessa corona e controlliamo con radiografia finale (fig. 14).
Puntualizziamo trattarsi della complicanza più semplice da risolvere, soprattutto visionando in letteratura la gravità di molte complicanze implantari che vanno dalla grave frattura dell’impianto, al danneggiamento del filetto interno, alle separazioni con migrazione, ecc.
La nostra paziente, altamente collaborante, ci è particolarmente grata di aver recuperato al meglio e con semplicità clinica una situazione che avrebbe potuto complicarsi.

Aldo Crespi
Libero professionista