La riabilitazione dei settori posteriori mascellari e mandibolari caratterizzati da spessori e altezze residui non adeguati richiede spesso procedure chirurgiche maggiori, che aumentano il rischio di morbilità e di complicanze intra e post-operatorie per il paziente. Negli ultimi decenni è stata proposta un’alternativa terapeutica di tipo mininvasivo tramite l’utilizzo di impianti corti e ultra-corti (con lunghezze inferiori a 8 mm): numerose recenti revisioni sistematiche della letteratura hanno dimostrato percentuali di sopravvivenza e successo comparabili con quelle degli impianti di lunghezza standard.
Non sembra però esistere ancora in letteratura un accordo sul tipo di riabilitazione protesica più opportuna in presenza di impianti corti. La maggioranza degli autori, temendo le conseguenze che i rapporti corona-impianto più elevati potrebbero avere sulla stabilità a lungo termine dell’osso marginale, consiglia di splintare gli impianti fra loro. Altri autori sostengono l’idea che gli impianti corti, se caratterizzati da un disegno in grado di distribuire al meglio le forze trasversali e da una connessione in grado di evitare micromovimenti e al contempo esente da micro-gap, possano essere considerati una valida opzione di trattamento non solo in caso di ricostruzioni splintate, ma anche per ricostruzioni singole. Una riabilitazione protesica di questo tipo permette infatti di associare a un’adeguata resistenza ai carichi masticatori anche un migliore accesso per le manovre di igiene orale.
Scopo di questo lavoro è quello di presentare un caso di riabilitazione mandibolare inferiore con impianti corti protesizzati con corone singole.
Caso clinico
Giunge alla nostra osservazione una paziente femmina di 60 anni, non fumatrice, non affetta da malattie sistemiche (Asa status I). La paziente riferisce odontalgia e mobilità degli elementi posteriori in sede III quadrante.
Si visita la paziente e si esegue una radiografia endorale (fig. 1) sulla zona interessata: si denota infezione periapicale degli elementi 34 e 36, unitamente a forte compromissione parodontale degli stessi (mobilità di grado 3 dell’elemento 34 e grado 2 dell’elemento 36). Si informa la paziente della necessità di estrazione di tali elementi, nonché della successiva necessità di riabilitazione funzionale della zona edentula. La paziente propende per una riabilitazione tramite protesi fissa implanto-supportata.
Si programmano dunque le estrazioni e le successive fasi del piano di trattamento concordato. Per una corretta programmazione del piano di trattamento, è stata richiesta una TC a raggio conico del mascellare inferiore. Dato che la situazione clinica e radiografica presenta spessori e altezze ridotte (fig. 2), si opta per l’inserimento di tre impianti Bicon ultra-short di 5 mm di lunghezza e 4 mm di diametro, che si caratterizzano per design a plateau della fixture, presenza di una spalla convergente verso la cresta ossea e connessione impianto-abutment di tipo conometrico.
La preparazione iniziale del sito è stata eseguita con una fresa pilota del diametro di 2 mm; si è poi proseguito con l’utilizzo degli alesatori meccanici a basso numero di giri e in assenza di irrigazione, utilizzando inserti di diametro progressivamente maggiore. Gli impianti sono stati posizionati prima manualmente e poi stabilizzati mediante l’ausilio di un puntale per inserimento associato al manico dell’osteotomo.
Sono state eseguite radiografie endorali intra-operatorie (fig. 3) e si è proceduto alla sutura del lembo. A 14 giorni sono stati rimossi i punti di sutura e a distanza di quattro mesi è stata eseguita la riapertura con rimozione dei tappi provvisori e posizionamento delle viti di guarigione.
Cinque mesi dopo gli impianti sono stati protesizzati con corone singole Iac (integrated abutment crown), in metallo-ceramica, nelle quali la policeramica viene fusa direttamente sul pilastro preparato in laboratorio.
È stata eseguita una TC di controllo (fig. 4). I follow-up clinici e radiografici a distanza di tre (fig. 5) e cinque anni (fig. 6) hanno evidenziato un’ottima guarigione dei tessuti molli e una conservazione della stabilità ossea perimplantare.
Conclusioni
La riabilitazione di settori posteriori atrofici nella mandibola con impianti ultra-corti a corone singole Iac mostra risultati predicibili con follow-up di medio termine. La tipologia di impianto utilizzata, con un design specifico nel favorire il mantenimento dei livelli ossei crestali nel tempo, unitamente alla protesizzazione con corone singole, rappresenta una valida opzione terapeutica mininvasiva nei casi di volumi ossei insufficienti.
Bibliografia
1. Lombardo G, Signoriello A, Simancas-Pallares M, Marincola M, Nocini PF. Survival of short and ultra-short locking-taper implants supporting single crowns in the posterior mandible: a 3-year retrospective study. J Oral Implantol. 2020 Aug 1;46(4):396-406.
2. Urdaneta RA, Marincola M. The Integrated Abutment Crownt, a screwless and cementless restoration for single-tooth implants: a report on a new technique. J Prosthodont. 2007 Jul-Aug;16(4):311-8.
3. Ravidà A, Wang IC, Barootchi S, Askar H, Tavelli L, Gargallo-Albiol J, Wang HL. Meta-analysis of randomized clinical trials comparing clinical and patient-reported outcomes between extra-short (≤6 mm) and longer (≥10 mm) implants. J Clin Periodontol. 2019;46(1):118-142.
Autori
Giorgio Lombardo, Scienze chirurgiche, odontostomatologiche e materno-infantili Università di Verona
Annarita Signoriello, Scienze chirurgiche, odontostomatologiche e materno-infantili Università di Verona
Mauro Marincola, Facoltà di odontoiatria e protesi dentaria Università di Cartagena (Colombia)

Giorgio Lombardo
Scienze chirurgiche, odontostomatologiche e materno-infantili Università di Verona