L’inserimento implantare di Tipo 1 (Hammerle et al., 2004) è diventato un trattamento clinico terapeutico comune. Questo approccio chirurgico è stato introdotto nel 1976 (Schulte and Heimke, 1976) come alternativa al classico protocollo chirurgico ritardato proposto da Brånemark (Brånemark, 1983). I sostenitori di questo protocollo affermavano che riducendo l’esposizione chirurgica del paziente si aveva un limitato riassorbimento osseo fisiologico dopo l’estrazione del dente (Paolantonio et al., 2001). Studi istologici sulla guarigione di impianti inseriti in alveoli post-estrattivi hanno documentato che si verificano modelli simili di osteointegrazione nell’uomo (Wilson et al., 1998) e negli animali (Anneroth et al., 1985, Barzilay et al., 1996, Karabuda et al., 1999).
I fattori critici e determinanti per il successo negli impianti post-estrattivi sono ormai universalmente riconosciuti. Presentiamo un caso clinico in cui vengono tenuti in considerazione i parametri fondamentali dell’implantologia post-estrattiva che di seguito elenchiamo.
Processo di guarigione della ferita
Neoformazione ossea e morfogenesi della ferita perimplantare.
Le fasi precoci di formazione e maturazione dell’ampiezza biologica di impianti inseriti in alveoli post-estrattivi sono state valutate tramite l’analisi istologica e istometrica dopo 1, 2, 4 e 8 settimane (Vignoletti et al., 2009c). Dopo una settimana l’epitelio orale era continuo con quello di giunzione che era occasionalmente in contatto con la porzione più coronale della superficie dell’impianto. Il tessuto connettivo era infiltrato da cellule infiammatorie. A 8 settimane l’analisi istometrica rilevava una dimensione media globale del tessuto molle di 4,82 (0,16) mm. Questa barriera di tessuto molle era composta da una porzione di tessuto connettivo che misurava 1,74 (0,23) mm e da una porzione epiteliale che misurava 3,07 (0,39) mm. Nell’aspetto buccale dell’impianto, l’epitelio giunzionale misurava 2,35 (0,84) mm a 1 settimana, mentre a 2 settimane si estendeva a 3,06 (0,97) mm.
Riassorbimento della cresta buccale
L’impatto dell’inserimento immediato di impianto sulle alterazioni del tessuto duro ha prodotto risultati eterogenei in letteratura, con un riassorbimento dell’osso buccale medio che varia da 3,14 (Botticelli et al., 2006) a 0,1 mm (Araujo and Lindhe, 2011). Probabilmente i dati discordano perché i diversi fattori legati a impianto, alveolo e protocollo chirurgico sono stati considerati come rilevanti nell’ambito del processo di rimodellamento osseo dell’alveolo.
Influenza dell’impianto
(superficie, geometria, dimensioni e posizione)
Moltissimi autori (Vignoletti et al., 2009b). (de Sanctis et al., 2009). (Caneva et al. 2010a). (Mangano C, Figliuzzi et al., 2011 e 2016). ( Covani et al., 2012,2015) hanno condotto studi mirati a valutare se superficie, geometria, dimensioni e posizione dell’impianto potessero influenzare il successo dell’impianto post estrattivo. I risultati dei diversi studi hanno concordato che i parametri sopracitati vanno considerati adeguatamente per un buon successo a lungo temine.
Influenza dell’anatomia dell’alveolo
La possibile influenza della larghezza dell’alveolo e dello spessore del piano dell’osso buccale è stata investigata da Araujo et al. sul cane beagle (2006b). Gli autori hanno osservato una minor riduzione dell’altezza dell’osso con l’inserimento di impianti di diametro di 4,1 mm in alveoli di molari rispetto all’inserimento degli stessi impianti in alveoli di premolari. Essi hanno quindi concluso che maggiore sono le dimensioni combinate di parete ossea-difetto e minore è la riduzione del contatto osso-impianto e dell’osso corticale buccale.
Influenza del protocollo chirurgico
Una variabile che confonde e che può interferire con i cambiamenti dimensionali della cresta alveolare e che deve essere presa in considerazione è l’impatto dello scollamento del lembo e dell’esposizione dell’osso crestale sottostante. Tutti gli studi da noi consultati hanno concluso che un sollevamento del lembo a tutto spessore fa aumentare il riassorbimento crestale nell’implantologia post estrattiva. Fickl et al. (2008) Araujo e Lindhe (2009) (Blanco et al.,2008) Caneva et al., (2010b).
Autori
Michele M. Figliuzzi, DDS, PHD
Emilia Iuliano, DS

Michele Figliuzzi
Libero professionista a Vibo Valentia
Gentili colleghi, dalla radiografia iniziale alla finale è evidente un riassorbimento osseo marginale. Era in qualche modo evitabile? E’ possibile inoltre evitare sbuffi di cemento in zone critiche, come evidenziato nella radiografia finale? Non era forse il caso di curare la carie distale sul 21 prima della cementazione della corona sull’impianto? Grazie mille.