Due terzi delle aziende del dentale sono in calo di fatturato da almeno due anni consecutivi: il preoccupante indicatore emerge dalla ricerca Key-Stone che, andando oltre il dato medio nazionale, ha analizzato le performance delle singole aziende.
Nonostante il mercato del dentale nel suo complesso (inteso come prodotto lordo, includendo cioè sia produzione che distribuzione all’ingrosso) faccia registrare circa un +1% nell’ultimo anno, sono in realtà pochissime le aziende che stanno crescendo. Molti operatori del settore, insomma, sono in crisi e la moderata crescita del comparto è merito solo di una piccola parte delle aziende del settore.
È questo forse l’aspetto più significativo che emerge dallo Studio di settore del mercato dentale italiano condotto da Key-Stone per conto di Unidi e presentato da Roberto Rosso il 23 maggio nell’ambito del congresso degli Amici di Brugg a Rimini. «Sta iniziando una vera ristrutturazione del settore» ha spiegato l’esperto.
La salute del settore fotografato nel suo complesso può infatti non coincidere con la salute delle singole aziende che vi operano. E a margine dello Studio di settore Unidi, Key-Stone si è occupata proprio di questo: capire quante delle aziende che operano nel dentale sono in crescita e quante in difficoltà e se il trend positivo – seppur molto contenuto – del settore sia merito di tutti i suoi operatori o se siano in pochi a fare da traino in questa economia comunque di nicchia.
Ecco i risultati. «Il mercato del dentale fa registrare un lieve incremento nell’ultimo anno ma abbiamo scoperto che sono pochissime le aziende che stanno crescendo. Siamo di fatto di fronte a un settore in lieve sviluppo ma con al suo interno una somma di operatori in fase involutiva. E questo è un segnale molto, molto preoccupante – commenta Roberto Rosso, presidente di Key-Stone –. Questi dati (raccolti su un campione di 359 aziende, grafico 1, ndr) ci dicono che, secondo alcune teorie economiche, sta iniziando una vera ristrutturazione del mercato. È preoccupante il fatto che sono poche le aziende che stanno contribuendo alla crescita, che sono soltanto poco più di un terzo del totale. Quanto potranno durare le altre, se la ripresa non sarà più energica e strutturale?» si chiede l’analista di mercato.
I due terzi delle aziende dell’industria dentale infatti stanno marcando un calo del fatturato da almeno due anni consecutivi, e tra queste alcune hanno già chiuso. Se i trend di mercato dell’ultimo triennio sono di sostanziale ristagno, ma la composizione del business vede solo una parte minoritaria delle imprese in segno positivo, ciò significa che il malessere imprenditoriale è piuttosto diffuso e riguarda numerose imprese del settore che, spesso, nonostante le discrete performance della produzione, non riescono a risollevare il fatturato a causa della carenza di domanda interna.
Secondo Roberto Rosso, «la salute del settore si misura anche da quella dei suoi singoli operatori; il segno di lieve ripresa dei dati complessivi è estremamente concentrato in poche imprese e il perdurare di questa situazione potrebbe mettere a serio rischio numerose aziende che non riescono a intercettare questa debole ripresa».
Aziende più performanti non sono le multinazionali
Ma entrando nell’analisi della dimensione d’azienda, quali caratteristiche hanno le aziende in crescita e quali sono le aziende più in difficoltà? Secondo l’analisi di Key-Stone, a differenza di quello che ci si poteva aspettare, non sono necessariamente le aziende più grandi, i colossi internazionali, a guidare la crescita seppur contenuta del settore. «Nell’attuale mercato nazionale dell’odontoiatria, riferendoci alle aziende che rappresentano le marche nel paese (produttori e importatori) e sono dedite principalmente alla creazione della domanda, molto più delle dimensioni d’impresa e del brand, conta avere il prodotto giusto, l’offerta adatta, il saper presidiare la nicchia di mercato. Differente è il tema della distribuzione al dettaglio, quella dei depositi dentali, nella quale la mole di fatturato sembra ormai essere un fattore chiave. Molte delle filiali delle multinazionali hanno patito la concorrenza delle aziende italiane (ad esempio nell’implantologia) o giapponesi (nell’ambito chimico) perché per fare marketing di successo in questo settore è fondamentale la capacità di comunicare il proprio valore aggiunto con una forte penetrazione nelle nicchie del mercato – spiega Roberto Rosso –. Ciò è dovuto – continua l’esperto – ad alcune peculiarità del mercato dentale, che può essere considerato “multi nicchia”, con numerosi mini comparti la cui natura industriale è fortemente diversificata, dal chimico, al farmaceutico, al micromeccanico ecc. Più importante della taglia dimensionale è quindi la focalizzazione e l’eccellenza nel proprio ambito, anche se per sostenere la crescita nei mercati internazionali occorrono organizzazioni sufficientemente dimensionate».
La ricerca dimostra insomma come le aziende con segno positivo operanti in Italia non siano necessariamente le più grandi, mentre per quelle che si dedicano all’esportazione la taglia dimensionale sembra essere un fattore critico di successo.
L’estero sembra invece territorio per le imprese di maggiori dimensioni
Si afferma il “made in Italy” nel mondo, ma solo per i più grandi: la crisi del 2009, con la conseguente caduta della domanda interna, ha indotto un vero e proprio cambiamento nel modello di business dei fabbricanti italiani, che hanno parzialmente riconvertito la loro attività commerciale rivolgendo maggiormente all’estero la propria attività con un trend di crescita dell’export del 5% nel 2014 e un peso dell’esportazione che si attesta a oltre il 60% della produzione. Un interesse per l’estero favorito dal forte sviluppo del settore odontoiatrico in America Latina e nei principali paesi asiatici, anche grazie al rafforzamento del dollaro americano, nonostante la situazione recessiva dei paesi mediorientali a causa dei conflitti in atto.
«Ma un’analisi puntuale delle performance delle singole aziende consente di osservare come solo le imprese di maggiori dimensioni abbiano risultati positivi: per l’export il raggiungimento di massa critica è quindi fattore di successo e di selezione» rilevano da Key-Stone.
Dalla crisi congiunturale alla crisi strutturale
Dal punto di vista economico l’odontoiatria è un settore che ha sempre performato meglio rispetto ai macro economici del Paese e ha abituato i suoi operatori a crescere quasi sempre a due cifre. Un comparto dunque che è sempre andato bene e che ha sofferto leggermente solo nel 2002 a seguito degli attentati di New York, della caduta del clima di fiducia e del crollo della borsa, con la conseguente riduzione del risparmio per milioni di cittadini.
La crisi improvvisa del 2009 ha spaventato molto di più i dentisti, ma gli effetti si sono visti solo molto più tardi. Questo perché durante la crisi molti pazienti erano già in cura e hanno comunque portato a termine le terapie. È per questo meccanismo che i dentisti vedono la crisi sempre con sei mesi o un anno di ritardo. In quell’anno, se gli odontoiatri hanno comunque continuato ad acquistare i materiali di consumo, hanno però bloccato subito l’acquisto di attrezzature, a partire dai riuniti, innescando una prima situazione recessiva del settore: «Questo brusco calo delle vendite di apparecchiature ha provocato una crisi immediata di liquidità dei depositi dentali, non solo per la ineluttabile perdita di fatturato e quindi di margine, ma anche perché il sistema distributivo si finanzia prevalentemente sulla leva finanziaria positiva che si viene a creare nella compra vendita delle attrezzature, che generalmente garantisce tempi di pagamento dilazionati rispetto a quelli di incasso – spiega Roberto Rosso –. I depositi dovettero così smobilizzare le proprie scorte e limitare i loro acquisti, svuotando di fatto i magazzini complessivamente del 20% (fonte ricerca Desk Dealers). Quella del 2009 fu insomma una crisi di forte impatto, ma congiunturale. Un forte spavento seguito da un immediato recupero sin dall’anno successivo» (vedi grafico 2, ndr).
Di altra natura sarà lo shock del 2012, in cui il settore dovrà fare i conti con la sua prima vera crisi strutturale, coincisa peraltro con una forte difficoltà di tutto il sistema Paese. Era l’anno del governo Monti, l’anno in cui il sistema produttivo italiano ha perso un mare di aziende e i negozi nelle vie delle città hanno iniziato a chiudere. «Ci stiamo ancora leccando le ferite. Quella è stata una vera crisi perché non c’è stato un rimbalzo. È stata una crisi strutturale, i cui postumi si stanno osservando nel settore dentale, che attende con ansia una svolta decisa della domanda interna, pena una severa ristrutturazione dell’arena competitiva » ha concluso Rosso.
Andrea Peren
Giornalista Italian Dental Journal