Non ha fatto tanto rumore come la caduta del muro di Berlino ma, sicuramente, sta ancora disturbando il silenzio dei dogmi e degli assiomi. La relazione concausale tra ipermobilità articolare generalizzata (Iag) e disturbi temporomandibolari (Tmd), praticamente una certezza dal punto di vista logico, non esiste. Rivelata da alcune indagini cliniche degli anni ‘80 (ad esempio quella di Bates et al. del 1984), citata nei testi più importanti già nei primi anni ‘90 (come nel fondamentale “Management of temporomandibular disorders” di J. Okeson), ma mai inconfutabilmente accertata con indagini strumentali, la liaison tra Iag e, in particolare, sublussazione mandibolare e dislocazione del disco è stata irrimediabilmente recisa da alcune ricerche svolte negli ultimi anni.
A infliggere i colpi più duri a quella che pareva una relazione saldamente a prova di Ebm sono state due semplici ma efficaci ricerche cliniche svolte in Spagna e a Taiwan usando la risonanza. In Spagna l’analisi statistica dei dati su un campione di 66 donne pazienti di un reparto ospedaliero sottoposte a valutazione ortopedica per ipermobilità articolare e a Rnm delle articolazioni temporomandibolari non ha confermato il legame di associazione (1). L’età media del campione era di 32 anni (intervallo compreso tra 11 e 71) e il disturbo più frequente era il dolore in sede temporomandibolare, seguito da dolore associato a rumori articolari e, in pochi casi, da dolore associato a disfunzione. Le pazienti con punteggio superiore a 4 nella scala Beighton (segno diagnostico di Iag; vedi approfondimento) erano praticamente la metà (34 su 66) mentre le restanti 32 non superavano il punteggio soglia. Il successivo passaggio diagnostico (esame delle Atm con risonanza magnetica) ha rivelato una dislocazione anteriore del disco in 46 pazienti (cioè i 2/3 del campione), 26 delle quali superavano il punteggio di 4 della scala Beighton; nulla di patologico risultava invece nelle Rmn delle restanti 20. La conclusione degli autori è che la prevalenza di Iag aumenta nelle donne che riferiscono disturbi delle Atm ma non è possibile collegare causalmente le due cose.
Sostanzialmente sovrapponibili le conclusioni dei ricercatori di Taiwan (2) che però hanno riscontrato due particolari interessanti sia nel gruppo sperimentale (56 donne con dislocazione del disco) sia in quello controllo (40 donne). Il primo è che nel gruppo controllo ben 10 soggetti sono risultate portatrici asintomatiche di dislocazione del disco e sono quindi state incluse nel gruppo sperimentale; questo conferma ancora una volta che l’equivalenza tra rumori/sintomi articolari e dislocazione del disco è oramai da archiviare, dopo aver immeritatamente turbato il sonno di medici e pazienti per tanti anni. Il secondo dato interessante e pure paradossale è che le pazienti con dislocazione del disco risultavano meno mobili di quelle del gruppo controllo nella prova di flessione del rachide dorsale, cioè era per loro mediamente più difficile appoggiare il palmo delle mani sul pavimento mantenendo le ginocchia in estensione.
1. Del Rosario Sáez-Yuguero et al. Joint hypermobility and disk displacement confirmed by magnetic resonance imaging: A study of women with temporomandibular disorders Oral Surg Oral Med Oral Pathol Oral Radiol Endod 2009;107:e54-e57.
2. Wang H jet al Temporomandibular joint structural derangement and generalized joint hypermobility. J Orofac Pain 2012; 26 (1) 33-38.
L’IPERMOBILITÀ ARTICOLARE
Nella diagnosi di ipermobilità articolare ha particolare importanza la scala Beighton basata sulla valutazione di alcuni movimenti, come l’iperestensione passiva >90¡ del quinto dito delle mani (foto), l’apposizione dei pollici sulla superficie volare degli avambracci, l’iperestensione del gomito >90¡, l’iperestensione del ginocchio >90¡, il toccare il pavimento con il palmo delle mani senza flettere le ginocchia. Il punteggio massimo è 9, la soglia di positività è 4.
È necessario tenere conto anche di età, sesso (le donne, soprattutto in età fertile, sono più ipermobili) e fenotipo (gli asiatici sono più ipermobili dei caucasici). Anche nella ricerca citata nell’articolo (1) la giovane età è risultata correlata all’ipermobilità.
Infine, come fanno notare alcuni autori, l’aumento dei dolori articolari legato all’età in parallelo con la progressiva riduzione della mobilità delle articolazioni depone contro la possibile relazione causale tra Iag e disturbi articolari in generale.
L’ipermobilità articolare generalizzata può essere il segno di alcune malattie sistemiche come la sindrome di Marfan e quella di Ehlers-Danlos, causate da difetti ereditari della sintesi del collagene. Si calcola che tra il 4 e il 13% della popolazione mostri un’ipermobilità non associata a malattie sistemiche. L’ipermobilità è stata messa in relazione con una serie di disturbi come mialgie, artralgie, sinoviti e lussazioni.
Cosma Capobianco
Odontoiatra