In base alle attuali evidenze scientifiche, il rischio di danni alla salute dovute ai materiali usati in odontoiatria è basso. Accantonato l’utilizzo del mercurio, sono però emerse preoccupazioni riguardo a possibili reazioni di intolleranza ad alcuni metalli, in particolare al titanio che entra nelle composizioni degli impianti dentali.
I pazienti con un impianto fallito che richiede un intervento di revisione sono considerati a rischio di ipersensibilità a un componente dell’impianto e il test epicutaneo – o patch test – viene utilizzato come standard per determinare la sensibilizzazione da contatto per i metalli. Immunologicamente però la mucosa e l’epidermide differiscono e i test comparativi mostrano che le concentrazioni di allergeni necessarie devono essere 5-12 volte superiori per innescare una reazione mucosa.
Una revisione della letteratura, comparsa sull’International Journal of Implant Dentistry ha riassunto e confrontato la validità e l’affidabilità dei test diagnostici dermatologici e di laboratorio disponibili sull’ipersensibilità al titanio. Gli autori, ricercatori dell’Università Johannes Gutenberg di Mangonza, in Germania, hanno in particolare analizzato gli articoli pubblicati finora sul test epicutaneo, sul test di attivazione dei linfociti di memoria (Melisa) e sul test di trasformazione linfocitaria (Ltt), applicati a pazienti con sospetta ipersensibilità al titanio.
«Il confronto – riassumono gli esperti tedeschi – ha mostrato risultati incoerenti in termini di affidabilità e validità e, pertanto, tali test dovrebbero essere considerati con cautela. Ci sono forti prove che l’ipersensibilità al titanio negli impianti dentali sia associata all’immunità innata: risposte pro-infiammatorie non specifiche dovute all’iper reattività dei macrofagi indotta da particelle o risposte tossicologiche soprattutto verso le nanoparticelle piuttosto che all’attivazione del sistema immunitario adattativo».
Se esposto all’ossigeno, il titanio si ossida e forma immediatamente uno strato spesso uno o due nanometri di biossido (TiO2), che protegge la superficie da ulteriori reazioni. Gli ossidi in generale non possono legarsi alle proteine, non hanno potenziale allergico e mostrano un’elevata resistenza alla corrosione. Cosí, la reazione di intolleranza agli impianti in titanio puro è più probabilmente una reattività pro-infiammatoria dei macrofagi tissutali a contatto con particelle di ossido di titanio disseminate nel tessuto perimplantare: a causa della corrosione per sfregamento piuttosto che una reazione allergica sistemica.
Studi tossicologici sul biossido di titanio hanno del resto rivelato effetti avversi prevalentemente mediati dallo stress ossidativo che porta a risposte pro-infiammatorie. Gli effetti avversi osservati dipendono da numerose caratteristiche chimiche e fisiche delle particelle di TiO2, come dimensioni, struttura cristallina, area superficiale specifica, forma delle particelle, purezza, carica superficiale e solubilità.
In conclusione, i test che rilevano le allergie non sembrano opportuni e i segni clinici infiammatori dovrebbero essere considerati come parametri principali.
Renato Torlaschi
Giornalista Italian Dental Journal