L’ipertrofia adenoidea è una delle cause più comuni del ridotto flusso d’aria che passa attraverso il naso e la nasoendoscopia è l’esame standard di riferimento usato dagli otorinolaringoiatri per formulare una diagnosi definitiva di ostruzione nasofaringea. Si tratta però di un esame che esula dall’ambito della pratica odontoiatrica e ai dentisti si pone dunque il problema di capire quali tra le modalità diagnostiche alternative possa fornire loro le migliori informazioni possibili. Un gruppo di ricercatori dell’università di Alberta, a Edmonton, in Canada, ha ritenuto importante approfondire la questione a causa della notevole diffusione di questa patologia e delle numerose conseguenze possibili, dai disturbi respiratori nel sonno alle alterazioni nello sviluppo cranio facciale alle malocclusioni. È stata dunque condotta una revisione sistematica della letteratura scientifica, i cui risultati sono stati riportati sul Journal of the American Dental Association.
Il test ideale dovrebbe essere altamente accurato e caratterizzato da eccellente sensibilità e specificità; nella realtà questo non è sempre possibile, tuttavia «per l’identificazione dell’ipertrofia adenoidea – spiegano gli autori della revisione – un test a bassa sensibilità (ossia con un’elevata percentuale di risultati falsi-positivi) è accettabile mentre, a causa delle conseguenze di una mancata diagnosi, è importante che la specificità sia la più elevata possibile e si abbia dunque un tasso ridotto di falsi-negativi. Detto in altro modo, l’obiettivo è di individuare tutti i casi di reale ipertrofia delle adenoidi anche a rischio di indirizzare un paziente sano all’otorinolaringoiatra».
Nella loro ricerca sui principali database i ricercatori canadesi hanno individuato solo sette articoli. Prima di tutto, è emerso che il semplice esame clinico non è sufficiente per formulare una diagnosi di ipertrofia adenoidea. L’indice di ostruzione nasale (Noi, Nasal obstruction index) è un esame clinico strutturato utilizzato per valutare il grado di respirazione orale e di vocalizzo nasale attraverso uno score standardizzato a quattro livelli. Lo score Noi è piuttosto valido nell’identificare le persone sane, ma la sensibilità di questo esame è scarsa, poiché non è in grado di differenziare ipertrofia adenoidea, rinite, deviazione del setto, polipi nasali o altre possibili cause di ostruzione delle vie aeree superiori: gli autori hanno calcolato una sensibilità del 22% e una specificità dell’88%.
Invece, la diagnosi di ipertrofia adenoidea effettuata con la videofluoroscopia e la TC multislice sono risultate in ottimo accordo con quella formulata attraverso la nasoendoscopia. Entrambi i test hanno mostrato sensibilità e specificità superiori al 90% ma, nonostante l’eccellente accuratezza, entrambi i test sono impraticabili nella maggior parte degli ambiti odontoiatrici, poiché comportano dosi significative di radiazioni.
La diagnosi con cefalometria laterale ha fornito risultati variabili in funzione dell’operatore e del metodo di interpretazione delle immagini: la sensibilità è stata valutata dal 61 al 75 per cento e la specificità dal 41 al 96 per cento; i dati di letteratura suggeriscono che il risultato migliora se, con questo esame, si valuta la dimensione delle vie aeree invece di quella delle adenoidi.
In conclusione, dall’analisi della letteratura risulta evidente che un test perfetto non esiste ma, secondo gli autori, il miglior approccio possibile alla portata del dentista è proprio quello della cefalometria laterale combinata con l’esame della storia medica del paziente.
Giampiero Pilat
Giornalista Italian Dental Journal