Il raggiungimento di un risultato immediato e la stabilità del risultato nel tempo sono frutto di molte variabili legate alle caratteristiche del paziente, dell’operatore e del sistema implantare.
Le variabili relative al paziente sono di carattere generale (fattori genetici, malattie sistemiche, farmaci, fumo, abitudini igieniche) e di carattere locale (volume e qualità ossea, fattori microbiologici, parodontiti, biomarker ossei, occlusione, parafunzioni ecc.). Le variabili relative al curante comprendono la formulazione di una corretta diagnosi e di un adeguato piano di trattamento, una precisa esecuzione chirurgica, in particolare disegno del lembo e tecniche di preparazione del sito, una corretta esecuzione protesica (tipo di protesi, modalità di carico, cantilever, gestione dell’ampiezza biologica ecc.). I fattori implantari comprendono: design implantare, macro e microgeometria, superficie, connessione implant-abutment, one o two-piece, tecnica sommersa/non sommersa ecc.
Tali numerose variabili si intersecano necessariamente fra loro: il successo estetico e il suo mantenimento nel tempo sono possibili con una precisa e scrupolosa attenzione a ognuna di queste.
Se molti fattori coinvolti nel rimodellamento osseo perimplantare possono sfuggire al nostro controllo, come ad esempio genetica e abitudini del paziente, alcuni fattori dipendono da noi, come ad esempio la formulazione del piano di trattamento e la corretta esecuzione chirurgico-protesica. Fondamentale appare l’utilizzo di un sistema implantare adeguato e affidabile con una connessione implant-abutment che si contraddistingua per stabilità meccanica, sigillo microbiologico e platform switching.
Caso clinico
Il case report è del 2003 e riguarda una paziente di 44 anni, in cui il piano di trattamento comprendeva la sostituzione per vetustà di una protesi su pilastri naturali 25-27 con elemento in estensione 24. Si è optato per la sostituzione della vecchia protesi 25-27, in lega-resina, con una nuova protesi 25-27 in metal-ceramica senza elemento mesiale in estensione, e per la sostituzione dell’elemento 24 in estensione tramite corona singola a supporto implantare. Il trattamento è stato di tipo bifasico, secondo protocollo tradizionale. La chirurgia è stata eseguita tramite apertura di lembo a tutto spessore: la cresta ossea è apparsa di ridotta ampiezza trasversale, si è eseguita una preparazione osteotomica secondo il concetto REO (Ridge Expansion Osteotomy) di Summers e si è inserito un impianto Exacone (Leone) 3,3×12 mm, pari cresta, con rispetto delle distanze mesio-distali e bucco-linguali (“comfort zones”).
Il controllo radiografico conferma il corretto posizionamento dell’impianto “narrow” per tutta l’altezza ossea disponibile. A distanza di tre mesi si è proceduto alla finalizzazione protesica. Il controllo clinico e radiografico, eseguito a oltre 10 anni di distanza, mostra il mantenimento della stabilità tissutale e dell’estetica iniziale: non sono evidenziabili segni di flogosi (se si esclude una modesta gengivite marginale a carico dei pilastri naturali). Tutti i parametri di successo sono rispettati: in particolare non si è verificata alcuna perdita ossea. Non si è verificata recessione dei tessuti molli. Questo risulta particolarmente importante perché in zona estetica.
Autori:
Alberto Frezzato, libero professionista a Rovigo; Irene Frezzato, libera professionista a Rovigo

Alberto Frezzato
Libero professionista a Rovigo
Caro Frezzato il caso è paradigmatico il sigillo della connessione conometrica ad incastro è insuperabile niente allentamenti di viti di connessione passanti, sicuramente il carico masticatorio è stato ottimamente distribuito ma se si verificasse una frattura del moncone come purtroppo a volte può capitare essendo impossibile rimuovere il moncone si dovrebbe rimuovere l’impianto Bruno Tortorelli Roma
Caro Bruno, la frattura del moncone si può riscontrare in moncone cavi a connessione avviata, come risulta dall’esperienza clinica di tutti noi e da studi diversi (Binon 2004 e 2006 in primis).Il moncone Exacone è di titanio pieno e anche nel diametro più piccolo 3.3 si dimostra molto più resistente al carico rispetto a ogni altro moncone avvitato (Taddei 2004). Nella clinica a tutt’oggi non risulta nessun moncone fratturato. Se anche questo malauguratamente dovesse accadere si può rimuovere il moncone disinconandolo tramite movimenti la termo – laterali, come gli utilizzatori di sistemi cronometro ci sanno. Ti ringrazio del tuo commento è ti auguro buon lavoro.Resto a disposizione. Alberto Frezzato
a me fecero rimuovere l’impianto punto e basta