Per il 90% delle persone intervistate da Euromedia per conto di Aiop
il dentista non è la figura a cui rivolgersi per trattamenti di medicina estetica.
Resistenza culturale o mancanza di informazione?
La conferenza dedicata al sondaggio firmato Aiop – Euromedia Research sul tema della medicina estetica correlata all’odontoiatria, tenutasi nel corso del XXXIII Congresso internazionale dell’Accademia italiana di odontoiatria protesica a Bologna il 21 e 22 novembre scorsi, ha assunto i toni accesi tipici di una puntata di Porta a Porta. E questo non solo per via del moderatore, il giornalista Bruno Vespa, padrone di casa del noto salotto televisivo della rete ammiraglia Rai, ma anche per il dibattito animato che ne è scaturito tra i partecipanti, i quali senza peli sulla lingua hanno espresso pareri e punti di vista anche molto discordanti sul tema. La discussione attorno alla questione legata all’opportunità degli odontoiatri di eseguire trattamenti di medicina estetica sui loro pazienti, limitatamente all’area di competenza del volto, si è svolta dopo l’illustrazione da parte della sondaggista Alessandra Ghisleri, a capo del gruppo Euromedia Research, e del presidente Aiop, Leonello Biscaro, dei dati emersi dall’indagine e delle possibili chiavi di lettura.
La rilevazione su dentisti e pazienti
Ebbene, come sottolineato dalla stessa Ghisleri, tale sondaggio-studio si è basato sull’ascolto di dentisti e pazienti circa le abitudini e le richieste di cure odontoiatriche e di trattamenti di medicina estetica al volto. L’obiettivo principale è stato quello di tracciare una fotografia più chiara possibile dell’attuale scenario domanda-offerta in merito agli interventi di medicina estetica effettuati presso gli studi odontoiatrici.La ricerca così ha inteso rappresentare uno strumento conoscitivo in grado di aiutare i dentisti ad allinearsi con le attuali richieste dei pazienti.
L’indagine ha preso in esame un campione così composto: 400 dentisti italiani (intervistati telefonicamente), 324 dentisti italiani associati ad Aiop (intervistati via web) e 800 cittadini italiani di età superiore ai 30 anni (intervistati telefonicamente).
Crisi economica e richiesta di trattamenti estetici
Innanzitutto è utile, ai fini di una comprensione più precisa dell’argomento, contestualizzare la situazione economica che sta attraversando il nostro paese, in cui dal 2008 al 2014 il potere d’acquisto delle famiglie italiane è sceso del 12%, con un calo di quasi sette milioni in termini di prestazioni mediche private a cui si è rinunciato solo nell’ultimo anno. Se ci si concentra specificamente sull’ambito odontoiatrico, si parla di quasi mezzo milione di visite in meno tra il 2007 e il 2012, con ben un italiano su quattro che nel biennio 2013-2014 non si è recato dal dentista.
Come ha riferito Alessandra Ghisleri, di segno un po’ diverso sono i dati che si inquadrano nell’ottica dei trattamenti estetici, e che registrano 956.500 interventi (di cui il 75% ascrivibile a cure non chirurgiche di medicina estetica) eseguiti nel solo 2013, in aumento del 3,5% rispetto al 2012. La maggioranza di queste cure ha interessato il viso, con esattamente 289.607 trattamenti relativi all’impiego di acido ialuronico e 223.500 di tossina botulinica. L’incremento di nuovi pazienti nel 2013 si è attestato a 126.000 nuove unità.
L’estetica è «superflua»?
Risulta perspicuo quanto la crescente riduzione del poter d’acquisto che coinvolge gli italiani stia mutando sensibilmente le decisioni di acquisizione di beni e servizi, portando a sacrificare la gran parte delle cosiddette spese “superflue”, quelle rimandabili in base a criteri di necessità.
In un quadro che presenta tali caratteristiche, bisogna però fare una distinzione in merito ai pazienti che, invece, mantengono un elevato potere di spesa, anche se ridimensionato dalla crisi, per cui il desiderio di beni e servizi di lusso si mantiene quasi inalterato. Lo testimonia la tendenza dei consumatori di fascia alta a rifugiarsi, in tempo di crisi, nei beni di lusso più accessibili (nel caso specifico, la medicina estetica in crescita rispetto alla chirurgia plastica).
Concentrando la nostra attenzione sugli odontoiatri italiani, durante il dibattito si è evidenziata una sensibile contrazione della domanda di cure dentali, seppure con le dovute distinzioni. Per tale ragione una delle risposte possibili a tale fenomeno da parte degli odontoiatri può essere rappresentata dall’investimento nella propria professionalità, aprendosi alla multidisciplinarietà, ovviamente nel rispetto delle proprie competenze e della legge, ampliando la gamma dei servizi messi a disposizione del paziente, intercettandone il più possibile le mutate esigenze.
Dall’indagine emerge in modo netto quanto l’opinione degli intervistati in tema di medicina estetica applicata all’odontoiatria sia condizionata principalmente da tre aspetti: anzitutto un’accezione particolarmente tradizionale della figura professionale del dentista, inteso esclusivamente come medico dei denti; una non piena conoscenza dell’universo medicina estetica; gli effetti della crisi, che indirizzano gli acquisti solo sul necessario, mentre le spese accessorie rimangono appannaggio di coloro i quali conservano un elevato potere di spesa.
Popolazione divisa a metà sulla medicina estetica
Alla domanda se si è favorevoli o meno alla medicina estetica (intesa come quell’insieme di trattamenti finalizzati alla correzione di inestetismi del viso e del corpo e alla prevenzione dell’invecchiamento generale e di quello cutaneo), su 800 intervistati il 45,8% (366) si dichiara favorevole a dispetto di un 54,2% (434) contrario.
Sulla correlazione medicina estetica e odontoiatria, poi, il 58% afferma di non esserne al corrente, contro un 42% di persone informate. A proposito di tale possibilità, il 37,3% (298 su 800) si è detto d’accordo mentre il 62,7% (502 su 800) esprime contrarietà.
I più aperti in tal senso sono i giovani e le donne, mentre l’età avanzata, un basso status socio-economico e la mancanza di un’attività lavorativa fanno orientare verso una maggiore avversione alla medicina estetica e alle sue possibili correlazioni con l’odontoiatria.
Al quesito specifico: «Se all’interno dello studio odontoiatrico di fiducia le fosse proposto un trattamento di medicina estetica, lei sarebbe propenso ad effettuarlo?», una percentuale bulgara dell’89% fra gli intervistati si rivela non incline, il che dimostra chiaramente una sorta di resistenza culturale verso la medicina estetica in generale.
Solo il 6,8% delle persone interpellate dall’indagine si dichiara propenso o interessato a effettuare un trattamento di medicina estetica al volto, una percentuale che, se proiettata sul totale della popolazione italiana maggiorenne, corrisponde a un bacino potenziale di più di tre milioni di pazienti.
I fattori che guidano verso un percorso di trattamenti estetici sembrano essere legati all’esigenza di migliorare il proprio aspetto, a fronte del desiderio di vedersi e sentirsi più belli, contrastando gli effetti negativi dell’invecchiamento. Non sembrano esserci implicazioni terapeutiche o motivazioni legate alla salute intesa in senso stretto; si entra invece in una dimensione dell’estetica intesa come sentirsi bene sentendosi belli.
L’opinione degli odontoiatri
Spostando la lente sugli odontoiatri intervistati, alla domanda: «Qual è la sua posizione in merito al consolidarsi dei legami tra odontoiatria e medicina estetica nel terzo inferiore del volto?», tra gli associati all’Aiop si arriva al 57,7% di favorevoli, mentre tra i dentisti non Aiop ci si ferma a un più contenuto 31,3%.
Va detto, poi, che si evidenzia un equilibrio coerente rispetto alle risposte fornite dai pazienti a proposito di trattamenti estetici eseguiti all’interno dello studio dentistico: tra gli odontoiatri associati all’Aiop il 21% offre questa possibilità di trattamento, mentre tra i non Aiop la percentuale si abbassa all’11% (tra i pazienti, l’89% conferma di non avere mai ricevuto offerte di poter eseguire trattamenti estetici dal proprio dentista di fiducia).
A proposito di chi all’interno dello studio effettua tali trattamenti, le risposte diventano più articolate. Nel dettaglio: tra gli associati all’Aiop, è il dentista in prima persona ad occuparsene nel 33,8% dei casi; coloro i quali si avvalgono in alcune circostanze della collaborazione di altri specialisti rappresentano il 17,6%, mentre chi usufruisce sempre della collaborazione di specialisti si attesta al 39,7% (tra i non Aiop, le rispettive percentuali sono nell’ordine: 54,2%, 29,2%, 12,5%).
Tra i dentisti legati all’Aiop inoltre si rileva che nel 57,4% dei casi i trattamenti sono richiesti direttamente dal paziente, contro un 41,2% in cui l’imput parte dal professionista o dal team di studio (nel campo degli intervistati non Aiop i dati corrispondenti sono precisamente: 52,1% e 45,8%).
Il dibattito sulle regole
Ma è giusto che gli odontoiatri si occupino anche di medicina estetica del terzo inferiore del voto? Su tale questione di fondo, la discussione tra i partecipanti si è scaldata e ha visto fronteggiarsi favorevoli e contrari.
Tra i primi, si è levata la voce di Ezio Costa, presidente di Poiesis (Perioral and oral integrated esthetic sciences international society), e uno fra i pionieri in Italia della medicina estetica applicata all’odontoiatria, il quale ha sostenuto con forza il suo convincimento: «La legge che istituisce la figura dell’odontoiatra (la 409 del 1985, ndr) definisce le zone di competenza sulle quali il professionista può agire, e cioè denti, bocca, mascelle e relativi tessuti. L’odontoiatra deve curare solo i denti del paziente? Niente di più sbagliato! L’odontoiatra deve occuparsi della persona che sta attorno a quei denti, perché il paziente si rivolge a noi per un disagio, una patologia che lo interessa in toto. Il dentista ha un paziente davanti a sé, non solo una bocca, ricordiamocelo! La riabilitazione di un sorriso – prosegue Costa – non può dimenticare o nascondere le labbra. Interveniamo a sbiancare e pulire i denti e perché mai non possiamo intervenire sull’invecchiamento del contorno labiale, dove sta scritto?».
Di opinione esattamente opposta è Mirco Raffaini, chirurgo maxillo-facciale, docente all’università di Firenze: «Così facendo si apre una voragine, chiunque può pretendere di poter fare una “punturina” sul volto del paziente. Un aspetto che non emerge in questo caso è quello legato al fatto che molto spesso non si tratta di filler a rapido riassorbimento, dietro cui, sottolineiamolo, c’è una voragine di sommerso da far paura, e che non riaffiora in nessuna indagine, ma vengono iniettati idrogenati che hanno una persistenza indefinita, i quali inducono un processo di infezione cronica a bassa attività che è la causa assoluta di tutte quelle desolanti visioni di volti disastrati che vediamo facendo zapping in tv. Questo è effetto di una percezione distorta – ha concluso Raffaini – frutto di una semplificazione inaccettabile della medicina estetica, le cui conseguenze sono sotto gli occhi di tutti».
Sottolineando l’imprescindibile necessità da parte degli odontoiatri di un’adeguata formazione di comprovata qualità sulla materia, attraverso master universitari di secondo livello e corsi di perfezionamento, è stato infine ricordato il parere espresso di recente dal Consiglio superiore di sanità a proposito degli interventi di medicina estetica eseguiti dagli odontoiatri (ne abbiamo parlato sullo scorso numero di Italian Dental Journal): «Devono essere limitati alla terapia delle malattie e anomalie congenite e acquisite di denti, bocca, mascelle e relativi tessuti, quando la cura estetica è correlata all’iter terapeutico proposto al paziente e limitato alla zona delle labbra».
Vincenzo Marra
Giornalista Italian Dental Journal