Mentre si accumulano le prove scientifiche, sembra che ci sia ancora molto da fare per riuscire a traslarle nella pratica clinica. L’odontoiatria di precisione per ora è soprattutto un fertile campo di ricerca, ma le applicazioni cliniche sono dietro l’angolo
Progressi senza precedenti si sono ottenuti recentemente nella genomica, nelle tecnologie di analisi dei dati e nelle biotecnologie, che hanno permesso di inaugurare una nuova era dell’assistenza sanitaria in cui gli interventi sono sempre più ritagliati su misura per ogni singolo paziente. Questo approccio di precisione alla salute, al contrario delle tradizionali strategie adatte a tutti, consente all’individuo di ricevere assistenza sulla base delle proprie caratteristiche che, dal punto di vista genetico, biologico e sociale, sono del tutto uniche.
Gli approcci basati sulla medicina di precisione si possono estendere alla salute orale, che è parte essenziale della salute generale; molte ricerche sono in corso, ma certo l’odontoiatria di precisione deve fare ancora diversi passi avanti prima di entrare in modo ampio e generalizzato nella pratica clinica. La possibilità di sfruttare tutto il potenziale della medicina orale di precisione dipende dunque ancora una volta dalla ricerca, che ha il compito di comprendere in modo più completo i fattori che sono alla base della salute e che possono contribuire allo sviluppo di ciascuna diversa patologia, analizzando il genoma umano (l’insieme dei geni che compongono il Dna e l’Rna), l’epigenoma (l’insieme dei meccanismi di regolazione che consentono l’espressione dei geni utili), il proteoma (il complesso delle proteine espresse da una cellula o da un organismo), il microbioma (l’insieme del patrimonio genetico e delle interazioni ambientali dei microrganismi di un dato ambiente, ad esempio la mucosa orale) e altri complessi sistemi biologici.
Obiettivi di ricerca traslazionale
In un incontro organizzato lo scorso autunno dall’American Association for Dental Research (Aadr) è stata descritta l’evoluzione della medicina di precisione fino ai giorni nostri e i progressi nella ricerca sulla salute orale di precisione. È stata anche l’occasione per fare il punto su un’importante iniziativa strategica lanciata nel 2018 dal National Institute of Dental and Craniofacial Research degli Stati Uniti, chiamata Nidcr 2030 e finalizzata a promuovere e orientare la ricerca nel settore durante i prossimi 15 anni.
Uno dei cinque obiettivi di ricerca istituiti nell’ambito del progetto è quello di realizzare una più profonda integrazione della salute orale con la salute generale, in quanto la personalizzazione degli interventi richiede sì che l’attenzione si sposti verso il singolo paziente, che però deve essere considerato nel suo complesso; un altro obiettivo, strettamente collegato, è di garantire che la prevenzione di precisione, il trattamento e gli interventi di sanità pubblica siano disponibili per tutti in base agli specifici e individuali determinanti genetici, biologici, comportamentali e sociali.
L’istituto sta già lavorando attivamente per raggiungere questi ambiziosi obiettivi, supportando la ricerca sui meccanismi condivisi tra le malattie nella cavità orale e quelle che colpiscono altre parti del corpo. Ovviamente la ricerca era già attiva in questa direzione anche prima dell’istituzione di Nidcr 30. Ad esempio, in uno studio pubblicato nel 2016, che ha visto la collaborazione di ricercatori di diverse università statunitensi, in circa la metà dei pazienti affetti da artrite reumatoide esaminati, si è visto che batteri orali legati alla malattia parodontale causavano l’accumulo di proteine modificate all’interno dei neutrofili, innescando una reazione autoimmune che portava a un’infiammazione aggressiva nelle articolazioni. Dunque, tra pazienti affetti dalla stessa malattia (sistemica), si riconosceva una differenza determinata dallo specifico microbioma orale.
L’accessibilità del cavo orale ha anche permesso progressi nell’utilizzo della saliva nella diagnostica, la cui analisi potrebbe permettere di rilevare condizioni sia odontoiatriche che sistemiche. Per esempio, la saliva contiene potenziali indicatori di malattie cardiache, disturbi da stress post-traumatico, tumori orali e non, immunodeficienze e virus Zika. In aree carenti di cure sanitarie, sono già stati istituiti punti per la diagnosi dell’infezione da Zika attraverso i biomarcatori salivari. Ad ogni modo la composizione della saliva e la flora batterica presente nel cavo orale presentano differenze molto marcate da un individuo all’altro e sarà compito della ricerca capire se questa elevata specificità potrà riflettersi su trattamenti differenziati.
Ancora, i progressi nelle nanotecnologie permetteranno lo sviluppo di biodispositivi impiantabili nella cavità orale che potranno essere utilizzati sia per il rilascio programmato e individualizato dei farmaci che per monitorare la salute orale.
Il dolore rappresenta un’altra area adatta per il miglioramento della medicina orale di precisione e per l’integrazione della salute orale con quella generale. Sono in corso ricerche mirate ad approfondire la conoscenza dei geni e dei meccanismi coinvolti nel dolore orofacciale, nei disturbi dell’articolazione temporo-mandibolare e altre condizioni dolorose. I ricercatori stanno anche testando strategie per implementare l’utilizzo di analgesici oppiacei per la gestione del dolore a seguito di estrazioni dentali, affiancati anche da tool di supporto alle decisioni cliniche in grado di elaborare le informazioni contenute nella cartella clinica odontoiatrica del paziente.
MEDICINA DI PRECISIONE PER I TUMORI DEL CAVO ORALE_I tumori della cavità orale comprendono quasi la metà di tutti i tumori che colpiscono la testa e il collo. In oltre nove casi su dieci si tratta di carcinomi a cellule squamose, che hanno tuttora un basso tasso di sopravvivenza a cinque anni. Tra i numerosi progressi che si sono avuti in oncologia, una recente e sorprendente strategia si affida alla possibilità di conferire allo stesso sistema immunitario del paziente la capacità di attivare una risposta antitumorale. In particolare, i carcinomi a cellule squamose che colpiscono la cavità orale e il cavo oro-faringeo mettono in atto una varietà di meccanismi che permettono loro di non essere riconosciuti dal sistema immunitario, che di conseguenza non può mettere in atto la risposta antitumorale.
Alcuni tumori molto aggressivi, ad esempio, esprimono sulla propria superficie delle proteine che disattivano i linfociti T del sistema immunitario. Di recente sono stati sviluppati nuovi trattamenti antitumorali che riescono a riaccendere la risposta immunitaria contro queste cellule cancerose ripristinando la funzione dei linfociti T. Si tratta di farmaci innovativi e costosi, ma non sempre efficaci: purtroppo funzionano solo su alcuni pazienti, meno del 20%. E oggi purtroppo restano sconosciuti quei fattori che determinano se un paziente risponderà o meno alla terapia. Una linea di ricerca è attiva proprio su questo problema e gli studiosi si aspettano, in un prossimo futuro, di riuscire a individuare dei biomarcatori che permettano di differenziare i pazienti già in fase diagnostica, capire in quali di loro i farmaci possono risultare davvero efficaci e utilizzarli solo in questi casi.
D’Silva NJ, Gutkind JS. Oral cancer: integration of studies for diagnostic and therapeutic precision. Adv Dent Res. 2019 Nov;30(2):45-49.
UN CHIP PER INDIVIDUARE IL RESTAURO PERFETTO, PAZIENTE PER PAZIENTE_Sul versante strettamente orale, un contributo decisivo all’odontoiatria di precisione potrebbe arrivare, più che dalla ricerca di base e traslazionale, dalla tecnologia: in caso di carie, la tecnica “tooth-on-a-chip” offrirà ai dentisti la possibilità di capire quali materiali di riempimento sono più indicati per ogni singolo paziente.
Si tratta di un dispositivo di ricerca: un sistema miniaturizzato costituito da una sottile “fetta” di molare umano posta tra due lamine di gomma trasparente, incise con piccoli canali attraverso cui possono passare dei fluidi. Insomma, il sistema imita un dente reale con una carie, in cui i liquidi e i batteri possono muoversi tra la cavità e la parte interna del dente. I ricercatori usano un microscopio per osservare il dente mentre interagisce con materiali e batteri.
In passato erano stati realizzati altri mini-organi (fegato, polmoni) posizionati su chip a scopo di ricerca, ma quello documentato sulla rivista Lab on a Chip della Royal Society of Chemistry rappresenta una novità: è la prima volta che un dispositivo di questo tipo viene realizzato per la ricerca in odontoiatria.
Ma qual è l’obiettivo di questo dispositivo? Luiz E. Bertassoni, professore alla Oregon Health & Science University di Portland, negli Stati Uniti, e autore dello studio, ha fatto notare che «oggi le otturazioni durano in media dai cinque ai sette anni: non funzionano come vorremmo perché non siamo in grado di capire cosa succede nell’interfaccia tra il dente e il materiale di riempimento; questo dispositivo ci può aiutare, dandoci una visione ravvicinata e in tempo reale». Secondo il ricercatore statunitense, in futuro i dentisti potranno osservare come i materiali di riempimento interagiscono con il dente e scegliere il materiale più adatto, che potrebbe essere diverso da individuo a individuo. Il dispositivo insomma è stato progettato per aiutare gli scienziati a comprendere meglio il funzionamento interno delle cellule dentali nel loro ambiente naturale ma, secondo Bertassoni, «potrebbe anche cambiare il modo in cui facciamo odontoiatria».
França CM, Tahayeri A, Rodrigues NS, Ferdosian S, Puppin Rontani RM, Sereda G, Ferracane JL, Bertassoni LE. The tooth on-a-chip: a microphysiologic model system mimicking the biologic interface of the tooth with biomaterials. Lab Chip. 2020 Jan 21;20(2):405-413.
Renato Torlaschi
Giornalista Italian Dental Journal