Per la Società italiana di medicina del sonno in odontoiatria il campo d’azione dell’odontoiatra nella cura delle Osas è prevalentemente quello dei casi lievi e moderati. Limite del trattamento sono le comorbilità pneumologiche
La necessità di lavorare in team è ormai assodata e il settimo meeting annuale della Società italiana di medicina del sonno in odontoiatria (Simso – www.simso.it), non poteva che evidenziare questo aspetto ormai deducibile anche dalla letteratura, che vede allargarsi sempre di più le correlazioni dirette tra Sindrome delle apnee ostruttive del sonno (Osas), patologie cerebro e cardiovascolari, sonnolenza diurna e altre patologie del sonno, come l’insonnia.
La Simso si propone di formare gli odontoiatri e di informare i medici delle potenzialità che ha la terapia odontoiatrica nella cura di questi disturbi; è una piattaforma in cui la multidisciplinarietà viene incoraggiata e il confronto tra discipline viene stimolato così come è accaduto in occasione del congresso, che si è collegato al meeting annuale dell’Associazione italiana di medicina del sonno (Aims), tenutosi nei giorni successivi.
Il campo d’azione dell’odontoiatra
Nell’ambito di questa patologia uno dei ruoli chiave dell’odontoiatra è ancora una volta quello di sentinella nell’intercettare e intervenire prima che le complicanze interessino l’apparato cardiovascolare. Nello studio odontoiatrico infatti già l’anamnesi con questionari validati quali il “Berlino” e lo “Stop Bang” sono utili strumenti in grado di sollevare nell’immediato e prima della visita clinica vera e propria il sospetto di Osas. All’attenzione dello pneumologo vengono riferiti i pazienti con Osas grave, mentre è l’odontoiatra che «dovrebbe trattare i casi lievi e moderati» come sottolineato da Alberto Braghiroli. Il paziente deve essere trattato ed è considerato malato quando presenta più di cinque episodi di apnea o ipopnea all’ora, associate a un sintomo come russamento e/o sintomatologia diurna. Ma qual è il limite del trattamento odontoiatrico? «Quando il paziente presenta comorbidità pneumologiche», come broncopneumopatia cronica ostruttiva e asma.
I trattamenti in studio
La lectio magistralis di Peter Cistulli ha riportato invece lo stato dell’arte della terapia con gli apparecchi orali, una classe eterogenea di presidi: quelli considerati efficaci sono i dispositivi ad avanzamento mandibolare (Mad). L’interessante l’evidenza è che le linee guida statunitensi del 2015 indicano l’utilizzo di “oral appliance” a tutti i livelli della patologia nei pazienti che non tollerano la ventilazione meccanica a pressione positiva continua (Cpap) o che preferiscano una terapia alternativa. Cistulli ha riportato come in letteratura l’esito dell’utilizzo dei Mad a breve non sia inferiore a quello della Cpap sui benefici cardiovascolari e il controllo della sintomatologia e come l’aderenza ai Mad da parte del paziente sia superiore di almeno un’ora e mezza in media per notte. Gli effetti collaterale degli apparecchi orali sono invece da ricercarsi prevalentemente nei cambiamenti a carico dell’occlusione e di un overjet che si riduce, così come l’overbite, nell’arco degli anni.
Paola Pirelli ha parlato dell’espansione rapida del palato riconosciuta per gli effetti scheletrici, i miglioramenti funzionali e i risultati confermati anche nei follow-up. «Abbiamo un incremento del diametro trasversale dei mascellari e l’allargamento delle cavità nasali, che consentono pure il recupero di un’eventuale deviazione del setto. L’espansione si realizza anche a livello della fossa nasale, fino ai processi pterigoidei, questo è alla base dei miglioramenti che possiamo indurre alla funzione respiratoria». Lo studio di riferimento in questo campo può essere quello di Pirelli, Saponara e Guilleminault che hanno indagato 31 bambini fra gli 8 e i 9 anni con indice medio di apnea-ipopnea di 12,2 eventi/ora che a 4 mesi di follow-up al termine dell’espansione, durata dai 10 ai 20 giorni, hanno riportato un indice di apnea-ipopnea < 1 evento/ora con un’espansione trasversale media del mascellare di 4,32 mm e un aumento medio dell’apertura piriforme di 1/1.3 mm, confermando così l’utilità di un approccio con espansore rapido del mascellare. Alla luce dei primi risultati di questi studi si delineano così alcuni punti fermi: l’espansione rapida del palato (Rpe) ha un effetto positivo sui bambini affetti da roncopatia e Osas lieve e in caso di disturbi del sonno è molto importante valutare lo stato del mascellare considerando eventualmente la necessità di un’espansione. L’Rpe è definita quindi come una terapia che cambia le strutture anatomiche con un miglioramento funzionale.
Le linee guida italiane
Riguardo al trattamento delle apnee in età evolutiva uno spunto di riflessione è arrivato anche dal presidente della Sismo Marzia Segù, che ha evidenziato come «le linee guida sono una necessità data dal fatto che siamo negli anni della evidence based dentistry e in quelli dell’appropriatezza» e in questo contesto sono state emanate quelle del ministero della Salute che hanno un significato medico-legale e nascono dalla revisione della letteratura. Secondo queste linee guida l’odontoiatra ha un ruolo chiave nel riconoscere segni e sintomi di propria competenza, ponendo l’attenzione nell’esame clinico, alle caratteristiche cranio facciali connesse, alla respirazione orale, al volto allungato, al mento piccolo e retruso, all’affollamento dentale e al palato alto e stretto. Anche integrare l’anamnesi con dati quali la resa scolastica, la capacità di concentrazione, la presenza di enuresi notturna, lo scarso appetito, l’obesità e le infezioni ricorrenti delle vie aeree è buona norma. Le linee guida nazionali offrono inoltre interessanti spunti anche per quello che riguarda l’uso di dispositivi orali, indicando che: «l’espansore palatale rapido, con varie modificazioni, è utilizzato con successo per la cura delle Osas e del russamento nel paziente in età evolutiva; modificando la struttura anatomica, la terapia ortodontica di espansione rapida del palato ha dimostrato di consentire un miglioramento funzionale nei pazienti affetti da disturbi respiratori, conferendo quindi agli ortodontisti un ruolo importante nella terapia interdisciplinare dei pazienti Osas (Pirelli et al, 2004).
Dispositivi orali e apparecchi funzionali, inoltre, possono essere utili nel trattamento dei bambini con anomalie craniofacciali considerate fattori di rischio dell’Osas (Carvalho et al, 2007); al riguardo, è stato ipotizzato, nei casi di russamento semplice e apnea ostruttiva lieve (AHI > 1 < 5) di bambini non obesi, come il trattamento ortodontico sia la prima scelta (Villa et al, 2012). I potenziali effetti negativi dei dispositivi orali sono transitori e indipendenti dalla forma dell’apparecchio; essi sono dolore, fastidio, difficoltà nell’eloquio, problemi di masticazione e deglutizione, aumentata salivazione (Eichenberger et al, 2014). Qualora al momento della diagnosi il bambino presenti una mandibola corta e/o retroposta e abbia raggiunto un diametro dell’arcata superiore adeguato, può essere utile l’uso di un propulsore mandibolare (Rose E et al, 2006; Villa MP et al, 2012)».
Per quanto riguarda le nuove ricerche e prospettive nella medicina del sonno il tedesco Nikolaus Netzer ha evidenziato come manchino degli studi sugli anziani stratificati per età e ha proposto di modificare il questionario anamnestico di Berlino inserendo l’eventuale nicturia al posto dell’indice Bmi e l’addormentarsi con qualcuno di fianco al posto dell’analoga condizione mentre si è alla guida; a livello diagnostico-terapeutico invece la stimolazione dell’ipoglosso rappresenta un campo di ricerca da approfondire.
Luca Mezzofranco
Odontoiatra