
Antonello Pulga
L’ossigeno-ozono terapia stenta ad affermarsi in odontoiatria, ma è sostenuta da prove scientifiche e riscontri clinici, in particolare nella cura di parodontiti e perimplantiti. Non manca l’offerta formativa di master universitari e corsi teorico-pratici
L’ossigeno-ozono terapia è un approccio terapeutico innovativo, eppure con una lunga e nutrita storia alle spalle, che annovera esperienze cliniche consolidate e lascia intravedere potenziali applicazioni in quasi tutti gli ambiti specialistici della medicina. L’interesse nei suoi confronti è motivato anche dalla sua estrema versatilità, che si basa da un lato sulla varietà delle attività biologiche dell’ozono e dall’altro sulla molteplicità delle vie di somministrazione possibili, adattabili di volta in volta alle sedi di destinazione e agli obiettivi del trattamento.
L’ossigeno-ozono terapia raccoglie consensi in molte aree specialistiche, ma è ancora un trattamento poco utilizzato. In odontoiatria, a detta degli specialisti che la utilizzano, può condurre a risultati molto positivi e le possibilità di applicazione sono davvero ampie.
A condividere la sua esperienza con questo approccio terapeutico è Antonello Pulga, che lo ha adottato da qualche anno nel suo studio di Asiago (Vicenza) e che a seguito di una approfondita formazione personale oggi è docente per il settore dell’odontostomatologia al master di II livello in ossigeno-ozono terapia dell’Università di Pavia.
Dottor Pulga, quali tra i vari meccanismi di azione dell’ozono si rivelano più utili in odontostomatologia?
La prima e principale proprietà dell’ozono – che si è iniziato a sfruttare in odontoiatria a partire dagli anni Trenta del secolo scorso – è la sua spiccata azione antimicrobica, centoventi volte più potente di quella del cloro. Da questa derivano altri effetti favorevoli, come per esempio l’apertura dei tubuli dentinali, che incrementa la diffusione degli ioni calcio e fosforo facilitando la remineralizzazione della dentina.
Non meno importanti sono, però, tutte le altre proprietà biologiche dell’ozono: il potere antinfiammatorio, antiossidante, antidolorifico, nonché immunomodulante; la capacità di migliorare il microcircolo aumentando la disponibilità di ossigeno a livello dei tessuti; l’effetto di stimolazione della neo-angiogenesi.
Quali sono le attuali applicazioni e quali prove scientifiche ci sono a sostegno del suo impiego?
Oggi l’utilizzo in odontoiatria è prevalentemente connesso con le sue proprietà antimicrobiche. Quindi trova applicazione soprattutto nell’igiene dentale, in odontoiatria conservativa e in endodonzia, ma mi preme sottolineare che le molteplici proprietà biologiche dell’ozono si rivelano preziose praticamente in tutti i settori delle medicina e della chirurgia odontostomatologica.
L’ozono-ossigeno terapia trova conferme molto importanti in varie branche della medicina, testimoniate da migliaia di articoli presenti su PubMed. Restringendo la ricerca al campo “dentistry”, la letteratura scientifica annovera solo 168 lavori, fatto che sta a indicare semplicemente che in campo odontoiatrico c’è ancora molto lavoro di ricerca da fare.
Al momento si trovano evidenze importanti relative a tutte le manifestazioni odontostomatologiche sostenute da microrganismi, che vanno dalle lesioni cariose, alle parodontiti, alle stomatiti di varia origine. Ma si trovano anche riscontri molto positivi e promettenti sull’impiego dell’ossigeno-ozono terapia in condizioni non necessariamente legate a una causa prima infettiva, quali l’osteonecrosi dei mascellari o la patologia dell’articolazione temporo-mandibolare.
Quali sono le indicazioni cliniche principali?
La rimozione della placca batterica nelle sedute di igiene dentale, il cui effetto può essere potenziato con l’utilizzo di acqua ozonizzata; la cura delle lesioni cariose iniziali, la cui evoluzione può efficacemente essere contrastata; la disinfezione endocanalare, dove l’ozono può penetrare più a fondo degli altri trattamenti endodontici nei microtubuli dentinali e rimuovere germi particolarmente resistenti come Enterococcus faecalis; il trattamento delle stomatiti di origine batterica, virale o fungina, ma anche delle stomatiti aftose o del lichen planus; la terapia delle parodontiti; la prevenzione o il trattamento delle alveoliti post-estrattive; la prevenzione e il trattamento delle complicanze nella chirurgia pre-protesica e in implantologia; la cura delle osteonecrosi anche da radiazioni o da bisfosfonati; il trattamento dei disturbi dell’articolazione temporo-mandibolare.

Case report split mouth: si può
notare, a sei mesi dall’intervento,
la migliore conservazione della
cresta alveolare a livello del 16-15,
con estrazioni eseguite dopo un
ciclo di ossigeno-ozono terapia. A
livello del 25-26 le estrazioni sono
state invece eseguite con tecnica
convenzionale e senza l’utilizzo di
ossigeno-ozono
Quali sono le modalità di somministrazione?
La scelta della via di somministrazione deve far riferimento innanzitutto al meccanismo d’azione più adatto per il trattamento scelto.
Se dell’ozono interessa primariamente l’effetto antimicrobico, in campo odontoiatrico trova indicazione soprattutto la via topica, tramite insufflazione, delle tasche parodontali o delle lesioni stomatologiche, oppure tramite l’ausilio di apposite mascherine customizzate che permettono l’applicazione su tutte le arcate mantenendo ampi margini di sicurezza per il paziente, in considerazione del fatto che l’ozono ha come controindicazione assoluta il contatto con le vie respiratorie.
Se, invece, vogliamo sfruttarne le altre proprietà biologiche, allora le modalità di somministrazione sono le stesse utilizzate negli altri campi della medicina.
La grande autoemoinfusione (Gae) in odontoiatria può essere utilizzata in fase pre-chirurgica, allo scopo di facilitare la neo-angiogenesi, aumentare la disponibilità dell’ossigeno a livello dei tessuti periferici grazie a una più favorevole curva di dissociazione dell’emoglobina, migliorare il decorso post-operatorio grazie all’effetto antinfiammatorio e antidolorifico.
La piccola autoemoinfusione (Pae) è particolarmente adatta nel trattamento delle lesioni periorali erpetiche, sia da Herpes simplex che da varicella-zoster.
L’iniezione sottomucosa è indicata in presenza di formazioni ascessuali a qualsiasi livello, peri-apicale, parodontale o dei tessuti molli, sia per l’effetto antinfiammatorio e antidolorifico, sia per le proprietà antimicrobiche.
L’inoculazione peri-articolare e/o intra-articolare è di prima scelta nel trattamento delle sintomatologie algiche dell’Atm dovute a infiammazione della capsula.
L’iniezione intramuscolare è anch’essa idonea nel trattamento dei disturbi dell’Atm quando associati ad alterazioni muscolo-tensive, per risolvere le quali si approfitta dell’effetto miorilassante che l’ozono produce migliorando l’ossigenazione del tessuto muscolare.
L’insufflazione rettale, grazie all’effetto sovrapponibile a quello di Gae e Pae, anche se con tempi più lunghi e un maggior numero di sedute, trova indicazione quando non è possibile reperire un accesso venoso.
Vi è infine, la somministrazione idropinica, che facendo affidamento unicamente sull’effetto antimicrobico trova applicazione nel trattamento locale delle parodontiti e delle stomatiti di origine infettiva, e secondariamente si avvale dell’effetto di riequilibrio del microbiota intestinale.
Da quanto tempo utilizza l’ossigeno-ozono terapia nella sua pratica clinica?
Ho iniziato nel 2015, in verità dopo un’esperienza personale, con risoluzione di un’epicondilite che non rispondeva a nessuna altra terapia fisica e farmacologica.
Allora mi chiesi perché un antinfiammatorio così potente non fosse ancora sfruttato in campo odontoiatrico e iniziai a frequentare i corsi della Società italiana di ossigeno-ozono terapia (Sioot) e di seguito il master in ossigeno-ozono terapia dell’Università di Pavia. Ovviamente, fin dal mio esordio con l’ossigeno-ozono terapia ho sempre fatto riferimento ai protocolli di applicazione ufficiali, stabiliti dalle società scientifiche.
In quali casi ha riscontrato risultati particolarmente soddisfacenti?
Per quel che riguarda l’effetto antimicrobico, gli esiti più soddisfacenti li ho ottenuti nella cura delle parodontiti e delle perimplantiti; invece, per quel che riguarda le altre proprietà biologiche dell’ozono, ho avuto ottimi risultati nella chirurgia rigenerativa, nella preservazione dell’alveolo pre-implantare e nel trattamento delle complicanze post-chirurgiche.
Può fare qualche esempio di condizioni cliniche nelle quali l’ossigeno-ozono terapia può sostituire o quanto meno procrastinare trattamenti più invasivi?
Io direi nel trattamento non chirurgico della parodontite, sia generalizzata che localizzata. Sebbene non vi siano studi che indicano in quale percentuale si riduce la necessità di una soluzione chirurgica in questi casi – anche perché il trattamento delle parodontiti è sempre causale e l’ossigeno-ozono terapia è uno dei tanti ausili che l’odontoiatra ha a disposizione –, posso far riferimento alla mia esperienza personale, ovvero al fatto che già dopo 2-3 sedute settimanali ho visto risultati sorprendenti. A tale proposito, per poter riportare tali risultati in modo metodologicamente appropriato, su questo tipo di indicazione sto conducendo uno studio.
Quanto sono diffusi l’impiego dell’ossigeno-ozono terapia e l’attività di ricerca inerente nel settore odontoiatrico in Italia?
Questo è un tasto dolente: l’ossigeno-ozono terapia è finora stata ingiustamente marginalizzata anche nella medicina generale, basti pensare che fino al 2013 solo l’8% dei medici ne conosceva l’effettivo valore terapeutico.
Oggi la percezione sta cambiando, grazie all’attività della Sioot e alle numerose iniziative scientifiche. Ma in ambito odontoiatrico si è ancora più arretrati: l’ozono è conosciuto, quando lo è, solo per l’effetto antimicrobico, e raramente per le altre prerogative che sono, a mio avviso, altrettanto promettenti e forse ancor più interessanti.
Il problema principale è che questo tipo di approccio terapeutico non è ancora arrivato a interessare le cliniche universitarie odontoiatriche, che potrebbero dare un forte contributo al suo sviluppo e alla sua diffusione e che, tra l’altro, avrebbero lavoro di ricerca da svolgere almeno per i prossimi cinquant’anni.
Per quanto mi riguarda io sto conducendo una raccolta di dati personale e posso dire che dal 2015, da quando ho inserito l’ossigeno-ozono terapia nella mia pratica quotidiana, ho avuto il 100% dei successi nei casi che trovavano indicazione al suo utilizzo.
Monica Oldani
Giornalista Italian Dental Journal