
Francesco Guido Mangano
Hardware e software per acquisizione dati, elaborazione, produzione e applicazione clinica hanno ancora costi piuttosto elevati, ma dopo una formazione adeguata si è in grado di scegliere le giuste soluzioni tecnologiche
Il futuro dello studio odontoiatrico è sicuramente il passaggio, per gradi, di tutto il flusso di lavoro da analogico a digitale, coinvolgendo in tutto o in parte anche le lavorazioni da esternalizzare al laboratorio odontotecnico. Certamente in capo all’odontoiatra sarà l’acquisizione dei dati in formato digitale e la loro elaborazione al computer, per integrare diagnosi e dati clinico-strumentali necessari per progettare un piano di trattamento con probabilità di successo migliori rispetto al passato.
A migliorare non è solamente la qualità dei dispositivi, sempre più personalizzati e finalizzati al singolo caso clinico, ma anche la sicurezza di alcuni interventi, a partire dalla chirurgia, e la dinamica medico-paziente, perché quest’ultimo sarà sempre più in grado di comprendere l’iter diagnostico-terapeutico, previsualizzare il risultato e di conseguenza accettare con maggiore facilità il costo di trattamenti anche complessi.
Ne abbiamo parlato con Francesco Guido Mangano, odontoiatra libero professionista in Gravedona (Como) e membro di spicco della Digital Dentistry Society (Dds – www.digital-dentistry.org), che ormai da qualche anno è un punto di riferimento per la formazione in questo ambito.
Dottor Mangano, quali sono i principali passaggi del workflow digitale e di quali apparecchiature necessità?
Il flusso di lavoro digitale può essere diviso schematicamente in quattro fasi: acquisizione, elaborazione, produzione e applicazione clinica.
La prima fase è quella dell’acquisizione dei dati: il passaggio, cioè, dal reale al virtuale. Per la virtualizzazione di parti anatomiche è necessario impiegare potenti scanner 3D. Pertanto, si procede a scansione delle arcate del paziente con scanner intraorale e, laddove necessario – per esempio nel caso di pazienti che dovranno ricevere impianti dentali –, ad esame radiografico 3D attraverso cone beam computed tomography (Cbct). Tale fase di acquisizione viene completata dalle fotografie intraorali con macchina fotografica digitale e, laddove possibile, da scansione del viso del paziente tramite scanner facciale. Questi ultimi apparecchi sono ancora poco diffusi in odontoiatria, ma diverranno presto di uso comune per lo smile design 3D.
La seconda fase di lavoro è interamente virtuale e prevede l’elaborazione dei dati acquisiti attraverso software di computer assisted design (Cad). Per esempio, nel caso di posizionamento di impianti tramite una procedura di chirurgia guidata, la fase di elaborazione o processazione delle immagini prevede la sovrapposizione delle informazioni sui tessuti dento-gengivali raccolte con scanner intraorale alle informazioni sull’anatomia ossea raccolte con Cbct. Si procederà poi alla pianificazione dell’intervento chirurgico in software di Cad chirurgico, decidendo posizione, profondità e inclinazione degli impianti, e disegno della dima per la chirurgia guidata. Nel caso invece di corona o ponte, tali restauri saranno modellati all’interno di software di Cad protesico, partendo dalla scansione intraorale dei monconi del paziente, opportunamente preparati.
La terza fase è quella della produzione. Si passa, pertanto, dal virtuale al reale, fabbricando fisicamente quanto progettato in precedenza. In questa fase entrano in gioco macchinari come fresatori e stampanti 3D. I fresatori sono impiegati per la produzione di corone, ponti, restauri protesici fissi su denti naturali e impianti; le stampanti 3D sono più comunemente utilizzate per produrre modelli delle arcate o dime chirurgiche. La fase produttiva è governata da software di computer assisted manufacturing (Cam) che indicano alle macchine le strategie per ottimizzare la produzione dell’oggetto desiderato.
La quarta e ultima fase, infine, è quella dell’applicazione clinica. L’odontoiatra applica il restauro protesico o procede all’intervento di chirurgia guidata utilizzando la dima chirurgica stampata o fresata, in diversi materiali.
Quanto può essere nel complesso il costo di tutte queste attrezzature? È possibile oggi lavorare con un flusso di lavoro interamente digitale senza dover invesire cifre folli?
Certamente il costo di tutti questi macchinari può sembrare piuttosto alto, ma con le adeguate conoscenze può essere ridotto. Esistono, per esempio, dei software free che permettono di fare cose straordinarie, senza spendere nulla; nel campo della scansione intraorale come in quello delle macchine prototipatrici (fresatori, stampanti 3D) vi è oggi gran fermento e nei prossimi mesi si attendono ulteriori, importanti novità. Ma bisogna informarsi e conoscere, per poter fare le scelte migliori. La conoscenza è, come sempre, la chiave per il successo.
Quali sono i vantaggi che un flusso di lavoro digitale offre? A suo giudizio ripagano dei costi sostenuti per attrezzature e formazione?
I vantaggi del passaggio al digitale sono enormi ed è difficile sintetizzarli in poche parole.
Tra i principali vantaggi inserirei sicuramente una migliore diagnosi e pianificazione del trattamento, con possibilità di studiare e pianificare le nostre terapie nel dettaglio e in 3D, siano esse protesiche, chirurgiche o ortodontiche. Un altro vantaggio è il controllo della qualità dei processi produttivi, con standardizzazione su livelli medio-alti, per esempio, dei restauri protesici in materiale altamente estetico. In chirurgia aumenta la sicurezza attraverso il posizionamento guidato degli impianti (possibilità di full-digital workflow) e l’utilizzo di innesti di sintesi custom-made, personalizzati sul difetto del paziente.
Abbiamo poi una riduzione dei costi, legati non solo ai processi produttivi ma anche ai materiali di consumo; una riduzione dei tempi del trattamento; una percezione di qualità elevata da parte del paziente, con il quale comunicheremo molto meglio. Il paziente vede immagini di qualità, in 3D, può navigare all’interno del proprio progetto “dedicato”, comprende esattamente i diversi passaggi e pertanto è in grado di accettare con maggior facilità le spese legate a trattamenti anche complessi. Nell’era della comunicazione digitale, questo fa la differenza.
Come gestire la trasformazione del lavoro in studio da analogico a digitale?
Il passaggio da analogico a digitale è complesso e presuppone conoscenze adeguate. L’odontoiatra deve guidare questo processo che trasforma radicalmente il workflow operativo dello studio, nei tempi e nelle modalità. Se l’odontoiatra non è adeguatamente formato, questo passaggio può risultare difficile, se non addirittura traumatico.
La società scientifica internazionale Digital Dentistry Society è nata pochi anni fa proprio con questa mission: educare i professionisti e supportarli nel difficile ma affascinante passaggio dal mondo analogico al mondo digitale. Nel 2017 la Dds organizza una serie di eventi, corsi e conferenze. In Italia supporta l’organizzazione del primo Corso di alta formazione in odontoiatria digitale presso il San Raffaele di Milano (www.ddsaltaformazionesanraffaele.it), che andrà ad arricchire l’offerta culturale già ben rappresentata dal Master di II livello in Digital Dentistry dell’Università di Varese, giunto ormai alla seconda edizione. Inoltre, la Dds darà vita a tre giorni di conferenze all’interno dello spazio dedicato al digitale in Expodental Meeting a Rimini dal 18 al 20 maggio: diversi argomenti saranno affrontati, dall’ortodonzia digitale sino alla chirurgia implantare e rigenerativa e l’impiego di materiali estetici in protesi digitale. A livello internazionale, infine, la Dds organizzerà dal 5 al 7 ottobre il suo primo congresso internazionale in Francia, a Lione, in collaborazione con Aria Cad-Cam.
Tutti questi eventi sono importanti, perché permettono al professionista di formarsi adeguatamente sulle tecniche digitali e acquisire conoscenze “super partes” su diverse tipologie di software e macchinari; poter provare con mano e confrontare diversi sistemi è oggi fondamentale, in un contesto nel quale l’offerta da parte delle aziende è vasta e pone il professionista di fronte a scelte difficili. I corsi organizzati dalle aziende sono certamente validi, ma inevitabilmente parziali, perché orientati alla vendita di un prodotto. È necessario poter accedere a una formazione superiore, indipendente, per poter prendere le migliori decisioni per la propria attività clinica. Questo può fare oggi la differenza tra il successo e l’insuccesso dell’attività professionale.
Andrea Peren
Giornalista Italian Dental Journal
SCANNER INTRAORALI IN IMPLANTOLOGIA UN CONFRONTO TRA DIVERSI MODELLI SUL MERCATO_Come sono le prestazioni degli scanner intraorali utilizzati in implantologia? Buone secondo uno studio comparativo pubblicato su PLoS One il cui primo autore è Francesco Guido Mangano, socio fondatore della Digital Dentistry Society.
«La rivoluzione digitale sta cambiando il mondo e l’odontoiatria non fa eccezione – si legge nell’articolo – e gli scanner intraorali sono parte di questa rivoluzione. Gli scanner sono stati introdotti per consentire al dentista di rilevare un’impronta ottica, facendo uso di una fonte luminosa, e di ricavare dei modelli 3D del cavo orale del paziente senza l’impiego dei tradizionali cucchiai, paste e cere di masticazione».
Già diversi studi, in vitro e in vivo, avevano dimostrato la validità degli scanner intraorali nel prendere impronte di monconi, singoli e multipli, in pazienti con dentatura completa, ma serviva un approfondimento che ne valutasse le buone prestazioni in implantologia, specie per restauri protesici ampi. Mangano e colleghi hanno allora preparato due modelli in gesso di maxilla, una parzialmente e una totalmente edentula, rispettivamente con tre e sei analoghi implantari con cilindri in peek avvitati su di essi. I modelli sono stati digitalizzati con uno scanner industriale (D104I IScan) utilizzato come riferimento e con quattro scanner intraorali: Trios2 (3Shape), CS 3500 (Carestream), Zfx Intrascan (Zimmer) e Planscan (Planmeca). Per ciascun modello sono state eseguite cinque scansioni, ciascuna con un diverso scanner e tutti i dati sono stati caricati in un software di reverse-engineering in cui le scansioni intraorali sono state sovrapposte al modello di riferimento, per valutarne l’accuratezza (come somma di verità e precisione, le due caratteristiche più importanti nel determinare la qualità di uno scanner intraorale). La verità (trueness) indica quanto le misurazioni siano vicine alla realtà, rilevando l’impronta in tutti i suoi dettagli; la precisione (precision) è invece la capacità di fornire il medesimo risultato quando vengono fatte più misurazioni del medesimo oggetto.
Nella maxilla parzialmente edentula, la maggiore verità e precisione sono state raggiunte dallo scanner CS 3500 (rispettivamente 47.8 μm e 40.8 μm), seguito da Trios2 (71.2 μm e 51.0 μm), Zfx Intrascan (117.0 μm e 126.2 μm) e Planscan (233.4 μm e 219.8 μm). Anche nel caso della maxilla totalmente edentula, CS 3500 ha confermato valori di verità e precisione superiori agli scanner concorrenti: 63.2 μm e 55.2 μm, rispetto ai 71.6 μm e 67.0 μm di Trios2, ai 103.0 μm e 112.4 μm di Zfx Intrascan, e ai 253.4 μm e 204.2 μm di Planscan.
Non vi sono differenze significative tra le impronte prese nei due modelli, con edentulia parziale e totale, mentre tra i diversi modelli di scanner si è evidenziata una effettiva differenza di prestazioni. Tuttavia gli autori sottolineano come le performance di tutti e quattro gli scanner, seppur diverse, siano da considerarsi adeguate a rispondere già oggi a diverse esigenze cliniche, aprendo alla reale possibilità di diffusione delle procedure di presa di impronta digitale.
In termini pratici lo studio suggerisce come l’utilizzo degli scanner intraorali di ultima generazione possa permettere di rilevare impronte accurate, anche in situazioni difficili; è possibile pertanto impiegare queste impronte per la realizzazione di ampi restauri supportati da impianti. Ma si tratta di uno studio in vitro e la raccomandazione degli autori è di attendere ulteriori miglioramenti tecnologici in termini di accuratezza prima di utilizzare gli scanner intraorali in pazienti completamente edentuli.
Renato Torlaschi
Giornalista Italian Dental Journal
Mangano FG, Veronesi G, Hauschild U, Mijiritsky E, Mangano C. Trueness and precision of four intraoral scanners in oral implantology: a comparative in vitro study. PLoS One. 2016 Sep 29;11(9):e0163107.
Open Access: http://journals.plos.org/plosone/article?id=10.1371/journal.pone.0163107