Le tecniche di aumento osseo che utilizzano la rigenerazione ossea guidata (Gbr) hanno mostrato tassi di successo eccellenti e riproducibili per molti anni e hanno assicurato un livello relativamente basso di invasività chirurgica per i pazienti.
I principi della Gbr richiedono l’uso di membrane riassorbibili o non riassorbibili per la creazione di uno spazio sopra un difetto osseo e sotto il periostio, consentendo alle cellule osteoprogenitrici il tempo di colonizzare questo spazio. Gli studi hanno dimostrato risultati ottimi con l’uso di membrane non riassorbibili, in assenza di esposizione durante la fase di guarigione.
Nonostante la fase di rigenerazione ossea sia complessa, appare ancora più delicato l’approccio ai tessuti molli, che richiede una loro accurata gestione al fine di ripristinare una corretta ampiezza biologica perimplantare. Un valido ausilio può essere l’utilizzo di una componente intermedia, tra impianto e manufatto protesico (pilastro transmucoso), che consenta ai tessuti molli di stabilizzarsi senza subire ulteriori stress biologici e meccanici durante le fasi protesiche. Una volta posizionato, il pilastro transmucoso non viene più rimosso e la fase protesica avviene con la connessione ben visibile a livello mucoso, rendendola agevole per il clinico e molto confortevole per il paziente.
Caso clnico
Una paziente di sesso femminile (52 anni), in buona salute ma fumatrice (7-8 sigarette/die), è stata inviata presso la nostra struttura per valutare una riabilitazione implanto-protesica a carico della mandibola posteriore fortemente atrofica. La valutazione radiografica eseguita prima del trattamento (fig. 1) ha confermato che lo spessore e l’altezza dell’osso erano inadeguati per una riabilitazione implanto-protesica.
D’accordo con la paziente abbiamo allora formulato un piano di trattamento che prevedeva una rigenerazione ossea guidata con membrana non riassorbibile, l’inserimento degli impianti, una seconda fase chirurgica per la gestione dei tessuti molli (fig. 2) e la finalizzazione protesica, prima provvisoria e poi definitiva.
La prima fase del trattamento ha previsto una rigenerazione ossea orizzontale e verticale con tecnica Gbr e membrana non riassorbibile in e-ptfe. Il difetto osseo era di 6 mm verticale e di tutta la componente orizzontale (circa 10 mm). L’intervento è stato eseguito in anestesia locale e in regime di ansiolisi secondo il protocollo del Prof. Manani.
Al termine del periodo di guarigione (sei mesi), avvenuto senza complicazioni (fig. 3), sono stati posizionati gli impianti previsti (ImpLassic FT3, Dental Tech). L’osteotomia ha seguito un protocollo di preparazione per osso denso D1-2 in quanto l’osso rigenerato appariva molto corticalizzato.
La guarigione degli impianti ha previsto tre mesi di attesa, al termine dei quali è stata eseguita la seconda fase chirurgica: riapertura degli impianti, posizionamento dei pilastri transmucosi e trattamento dei tessuti molli. Obiettivo del trattamento dei tessuti molli è la formazione di una idonea banda di tessuto cheratinizzato che consenta protezione da accumulo di placca, prevenendo infiammazione perimplantare, recessione dei tessuti e perdita di attacco. Durante questa fase sono stati posizionati dei pilastri transmucosi di altezza 1,5 mm (Dental Tech) al fine di lasciare indisturbato il sigillo epitelio-connettivale perimplantare e spostare la piattaforma di ingaggio degli impianti lontano dal livello osseo (figg. 4, 5, 6 e 7).
Una volta posizionato il tissue pilar non è più stato rimosso, consentendo ai tessuti molli una maturazione ideale e la stabilizzazione dell’ampiezza biologica perimplantare.
Dopo un’attesa di quattro settimane, è stata consegnata una protesi fissa provvisoria in Pmma (fig. 8) che la paziente ha portato per sei mesi.
I successivi controlli clinici e radiografici eseguiti nel tempo hanno evidenziato lo stato di salute dei tessuti molli e una ideale conservazione dei tessuti duri.
Conclusioni
In conclusione possiamo affermare che se la riabilitazione del paziente atrofico nella mandibola posteriore rappresenta, da sempre, una sfida importante per il clinico, dal punto di vista chirurgico le conoscenze protesiche hanno portato a riconsiderare l’importanza del management del complesso sopracrestale per il mantenimento e la stabilizzazione dell’osso perimplantare.

Matteo Bordin
Libero professionista a Terrazzo (Verona)