Professionisti uniti per chiedere una legge sull’equo compenso e reintrodurre i minimi tariffari. Aio, Andi e Cao sfilano sotto un’unica bandiera: no a compensi da 7 euro l’ora per i neolaureati e no a prezzi sotto i 60 euro per un’otturazione
Professionisti in piazza a Roma: sabato 13 maggio insieme ad architetti, ingegneri, avvocati, medici, notai e veterinari, gli odontoiatri hanno manifestato sotto l’hastag #noiprofessionisti per promuovere un disegno di legge che introduca il concetto di equo compenso e, in riferimento alle professioni sanitarie, tuteli la qualità dell’offerta di cure. L’idea di un’unione dei professionisti per ristabilire un equo compenso nasce dopo la pronuncia della sentenza n. 532/15 della Corte di giustizia europea che ha affermato la legittimità, in ambito europeo, dei minimi tariffari. Così i circa 140 tra ordini, associazioni e sindacati aderenti alla piattaforma #noiprofessionisti per il giusto compenso sottolineano la necessità di reintrodurre i minimi tariffari, aboliti in Italia nel 2006, replicando magari il modello tedesco, dove le tariffe sono obbligatorie e il mancato rispetto da parte del professionisti è sanzionato a garanzia dei cittadini che hanno dei riferimenti certi.
Per l’odontoiatria a dare sostegno all’iniziativa sono stati in particolare i due sindacati Aio e Andi e la Cao nazionale, che hanno sfilato insieme per affermare che «il concetto di retribuzione adeguata va tutelato in tutti gli ambiti professionali e a maggior ragione per la professione medica e odontoiatrica, che si occupano di tutelare la salute e il benessere di tutti i cittadini».
Il nodo dei compensi
Oggi il problema economico ha raggiunto livelli preoccupanti in molte professioni: i giovani faticano a raggiungere redditi dignitosi mentre i vertici delle categorie subiscono un effetto a cascata causato dal continuo ribasso per le prestazioni. «Spesso – fa notare Gianfranco Prada, presidente Andi – neolaureati e non solo sono costretti a collaborare in strutture odontoiatriche, anche convenzionate con il Ssn, per 7 euro l’ora e questo a tutto discapito della qualità della prestazione erogata, mettendo a rischio la salute del paziente».
Secondo i dati diffusi dagli organizzatori della manifestazione, i redditi degli iscritti a ordini e collegi sono ritornati ad essere quelli degli inizi degli anni ’80 e ad esempio «per le professioni tecniche si oscilla tra i 17.000 e i 30.000 euro annui lordi, registrando dal 2007 al 2014 un calo del 22%». Le professioni dell’area giuridica in sei anni avrebbero perso il 23% del loro fatturato (100 mila avvocati guadagnano meno di 20mila euro lordi l’anno), mentre quelle dell’area tecnica ne avrebbero perso il 15%.
«Nel 2006 abbiamo detto no alla legge Bersani e no all’abolizione delle tariffe minime. Oggi ribadiamo il nostro pensiero dicendo nuovamente no a una cultura che vuole promuovere attraverso il prezzo più basso prestazioni in molti casi addirittura non necessarie – sottolineano Gianfranco Prada (Andi) e Fausto Fiorile (Aio) –. L’alleanza tra medico e paziente che solo professionisti seri e attenti alla salute dei propri pazienti sanno coltivare con attenzione, va preservato come l’unico vero presupposto per poter offrire cure adeguate alle vere necessità terapeutiche del paziente. Non possiamo accettare che una prestazione al prezzo più basso sia pubblicizzata e venduta prima ancora che il paziente sia stato visitato».
Per Giuseppe Renzo «la misura del compenso deve essere adeguata all’importanza dell’opera e al decoro della professione: non lo dicono i professionisti, né le loro organizzazioni pubbliche o private, ma lo dice l’art. 2233 del codice civile, che ho testualmente citato. Non è più accettabile tacere sulle conseguenze negative e addirittura pericolose per la tutela della salute che una cultura fintamente liberista, diffusa da gruppi di potere interessati, sta causando con l’obiettivo di equiparare, senza mezzi termini, i professionisti agli imprenditori e alle società commerciali. È ora di ribadire con fermezza – continua Renzo – che un’attività professionale di carattere intellettuale non può essere ricondotta ai soli schemi economici della domanda e dell’offerta, ma deve porre al centro dell’attenzione l’interesse pubblico dei cittadini garantendo, nel caso delle professioni sanitarie, qualità delle cure, rispetto della deontologia e promozione dell’alleanza terapeutica».
Qualità delle cure
«L’abolizione delle tariffe minime a 11 anni di distanza impedisce di avere dei parametri di valore, in euro, su cui ragionare per stabilire prestazioni di qualità – afferma Fiorile –. Senza riferimenti, e soggetti a spot pubblicitari martellanti, i pazienti sono a rischio inganno. Non è possibile che una prestazione a poche centinaia di euro o a poche decine di euro sia qualitativamente adeguata ed eseguita secondo i protocolli scientifici. Nella libera professione, e soprattutto quando c’è di mezzo la salute, le tariffe minime non vanno viste come un fattore che tiene alti i prezzi, ma come condizioni di garanzia per prestazioni di qualità».
«Gli alti costi dei materiali utilizzati per le cure odontoiatriche – dice Prada – non consentono di scendere sotto determinate cifre e se questo avviene molto spesso è perché vengono utilizzati materiali scadenti, non a norma, provenienti da Paesi stranieri oppure non si dedica il tempo necessario per effettuare quella cura, non si rispettano i protocolli clinici e tutto a discapito della salute del cittadino.
Un tariffario indicativo darebbe la possibilità ai pazienti di valutare ed eventualmente porsi i doverosi dubbi e questo, d’altra parte, varrebbe anche per evitare che vengano richieste parcelle esorbitanti, come purtroppo qualche volta accade».
Per Renzo «un’otturazione non può andare al di sotto di 60-80 euro. Il tariffario minimo serve a non permettere ciò che avviene oggi».
Accanto all’equo compenso c’è anche l’emergenza della pubblicità selvaggia e gli odontoiatri hanno sfilato a Roma anche per «lanciare un messaggio molto chiaro contro forme di pubblicità che proprio nella capitale e nelle grandi città hanno raggiunto il massimo della spregiudicatezza; cartelli sui tram che parlano di impianti a 1 euro, sms che invitano i cittadini a visite gratuite, prestazioni promosse su Ebay. Non si possono comprimere sotto un certo limite i costi che sosteniamo quotidianamente per poter offrire cure di qualità – affermano Renzo, Prada e Fiorile –. Per questo motivo servono delle tariffe a garanzia della qualità delle prestazioni».
Andrea Peren
Giornalista Italian Dental Journal