
Gianluca Paniz, libero professionista in Padova, Adjunt Assistant Professor, Tufts University, Boston, Usa
Professore a contratto, Università di Padova
“Nuove esigenze ed opportunità nel rapido evolversi della terapia implantare” è stato il filo conduttore del recente 17° congresso internazionale sulla materia organizzato a Verona da Biomet 3i. In una branca odontoiatrica come l’implantologia, che sta attraversando una rapida quanto inesorabile trasformazione legata a mutamenti socio-economici e a nuovi parametri guida che rispondono a criteri di rapidità e mininvasività, l’aggiornamento costante è evidentemente d’obbligo se non si vuole restare indietro.
La popolazione anziana ed edentula sta aumentando a ritmo sempre più crescente, il paziente implantare è oggi più esigente, informato e comunicativo, oltre che più propenso alle cure. In uno scenario frutto di questi radicali e rapidi cambiamenti sono sorte nuove opportunità, ma sono emerse, inevitabilmente, anche problematiche che hanno modificato profondamente la terapia implantare e l’approccio ad essa: su tali aspetti, e non solo, si è concentrata la tre giorni congressuale veronese.
A margine dell’evento, Italian Dental Journal ha intervistato il dottor Gianluca Paniz per parlare di una condizione facilmente riscontrabile nella pratica clinica quotidiana: quella relativa alla gestione e al trattamento dei pazienti vittime di interventi implantari errati, quali protesi incongrue e impianti malposizionati.
Dottor Paniz, la recente evoluzione delle tecniche in campo implantologico è stata accompagnata anche da un incremento degli errori di trattamento da parte degli operatori. E tra questi i più diffusi sono quelli relativi a impianti malposizionati e protesi incongrue. Quali sono le conseguenze di tali errori per il paziente?
Senza ombra di dubbio l’implantologia ha conosciuto una fortissima accelerazione negli ultimi anni. Se pensiamo ai primi casi di protesi implanto-supportata, infatti, ci riferiamo esclusivamente a pazienti edentuli che potevano essere trattati con protesi totali avvitate su impianti e che avevano come unico obiettivo la possibilità di masticare su denti fissi. Oggi invece parliamo di estetica periorale, di mezzo millimetro di papilla deficitaria, di tessuti molli perimplantari leggermente più scuri del dente naturale adiacente e di comfort accresciuto per il paziente.
Per quello che attiene agli errori umani dell’operatore, nello specifico riteniamo malposizionati tutti quegli impianti che non rispettano un corretto posizionamento tridimensionale in relazione all’anatomia ossea e al progetto protesico. Come conseguenza di ciò possono insorgere problemi biologici legati alla mancata osseointegrazione implantare o alla stabilità dei tessuti perimplantari.
A queste condizioni bisogna porre rimedio per evitare il precipitare della situazione all’interno del cavo orale, con tutte le ricadute negative del caso. Innanzitutto, se non vengono rispettate le strutture ossee circostanti, possono conseguire problematiche biologiche, le quali, alterando l’integrazione o la stabilità dei tessuti perimplantari, nel medio-lungo termine sono destinate a causare la perdita dell’impianto stesso, con possibili ripercussioni anche per i trattamenti futuri. Inoltre, molto spesso la protesi incongrua non garantisce sufficiente resa estetica oltre che fonetica, e un adeguato comfort masticatorio.
Infine, aspetto estremamente importante e da non sottovalutare affatto, l’accessibilità per le procedure di igiene orale domiciliare e ambulatoriale viene compromessa inesorabilmente, limitando sensibilmente il grado di pulizia tra gli elementi dentali: si innescano o accentuano, così, problematiche biologiche di complessa gestione, con risvolti evidenti sulla salute orale.
A proposito di trattamenti eseguiti in maniera scorretta, frutto di errori altrui o propri, come si gestisce il paziente? Qual è l’approccio consigliato?
L’approccio consigliato deve essere inevitabilmente valutato caso per caso, poiché come spesso accade in odontoiatria ogni bocca ha una storia a sé. Sempre e comunque è necessaria un’attenta e scrupolosa diagnosi per poter decidere la giusta terapia da mettere in atto.
In generale possiamo dire che se l’impianto è affetto da problematiche biologiche significative e se la sua posizione è tale da compromettere in maniera incorreggibile la protesi implantare, la rimozione dello stesso può essere considerata come la prima scelta, quella obbligata. Specialmente in considerazione dell’introduzione sul mercato di appositi strumenti che facilitano la rimozione di impianti osseointegrati senza importanti compromissioni delle strutture circostanti, agevolando di molto il lavoro di noi odontoiatri.
Diversamente, se la posizione implantare può essere protesicamente corretta, limitando le problematiche descritte in precedenza, allora devono essere messi in campo tutti gli sforzi per ottenere una buona resa estetica e una sufficiente funzionalità complessiva, senza arrivare alla rimozione radicale dell’impianto.
Spesso però la correzione protesica si associa a procedure chirurgiche complesse, e quindi il percorso terapeutico può essere lungo e dispendioso per il clinico e per il paziente. La scelta, pertanto, deve essere giustamente ben bilanciata in relazione alle considerazioni prettamente odontoiatriche, allo chief complaint del paziente e alle sue specifiche condizioni cliniche.
Se il malposizionamento o la protesi incongrua è stata eseguita da altri, a suo avviso è opportuno coinvolgere l’odontoiatra responsabile del lavoro errato, oppure è preferibile resettare tutto e procedere con un ritrattamento complessivo?
Indubbiamente raccogliere tutte le informazioni possibili per una corretta diagnosi, inclusi i dettagli su quanto è stato fatto dal professionista precedente, può aiutare significativamente nella scelta del percorso giusto da attuare e quindi nella risoluzione appropriata del caso. Quasi sempre, però, il paziente che si presenta alla nostra attenzione preferisce chiudere definitivamente con l’esperienza precedente, magari perché esasperato dal protrarsi di una situazione caratterizzata da fastidi, dolore, e quindi bisogna necessariamente seguire un’altra strada.
Gli errori nell’attività clinica sono dovuti non solo a incuria, superficialità, incapacità, ma sempre più spesso sono frutto delle cosiddette cure low cost. Per quali ragioni nei pazienti mancano la consapevolezza e la giusta percezione delle gravi conseguenze che possono scaturire da tali infausti trattamenti?
Incuria, superficialità e incapacità sono sicuramente alla base di molte problematiche implanto-protesiche frutto di errate terapie e di trattamenti sbagliati. Personalmente però ritengo che la maggior parte degli errori che commettiamo siano legati a diagnosi e pianificazione del trattamento davvero troppo affrettate, due fasi imprescindibili a cui bisogna dedicare massima attenzione e tempo ai fini del buon esito del trattamento.
Detto questo, è indubbio che la qualità dei materiali e delle attrezzatura utilizzate, ma soprattutto la formazione professionale costante hanno un costo che è il primo ad essere tagliato in certe strutture che fanno del prezzo il proprio punto di forza. È altresì evidente, però, che in un momento di difficoltà economica diffusamente avvertito come quello che stiamo vivendo è oltremodo difficile trasmettere la rilevanza di questo aspetto al paziente, ed è anche necessario permettere a tutti i cittadini l’accessibilità alle cure odontoiatriche, con trattamenti che abbiano costi contenuti, ma che al contempo garantiscano sicurezza e qualità adeguate.
Vincenzo Marra
Giornalista Italian Dental Journal