
Edoardo Brauner
Un team del Dipartimento testa-collo del Policlinico Umberto I ha proposto un protocollo per la gestione odontoiatrica del paziente in trattamento radioterapico. E con uno studio ha definito indicazioni e timing della riabilitazione implantare
«Il carcinoma squamocellulare del dipartimento testa-collo è al sesto posto tra le più frequenti patologie neoplastiche e ancora oggi le terapie disponibili hanno raggiunto un tasso di sopravvivenza a cinque anni solamente del 50-57%». È questa la considerazione da cui sono partiti Edoardo Brauner e i suoi colleghi del dipartimento di Scienze odontostomatologiche e maxillo-facciali dell’Università Sapienza di Roma, diretto da Antonella Polimeni, per un approfondimento presentato come poster all’ultimo congresso del Collegio dei docenti di odontoiatria, che esamina “il ruolo dell’odontoiatra nella riabilitazione dei pazienti in trattamento radioterapico”. Lo scopo dello studio è fornire delle potenziali linee guida per la riabilitazione implantoprotesica di pazienti sottoposti a radioterapia, suggerendo un protocollo (vedi box in questa pagina).
«Risulta subito chiara – affermano gli autori – la necessità di una stretta collaborazione tra le diverse figure professionali coinvolte: oncologi, chirurghi maxillo-facciali, patologi, odontoiatri, radioterapisti, chirurghi plastici, logopedisti, fisioterapisti e molti altri. All’odontoiatra spetta il fondamentale compito di affrontare gli effetti acuti e cronici del trattamento radioterapico, mantenere la salute orale del paziente e occuparsi della sua riabilitazione».
Dottor Brauner, perché è importante disporre di un protocollo per il trattamento odontoiatrico dei pazienti sottoposti a radioterapia?
Come accade in tutti gli ambiti della medicina, un protocollo univoco di trattamento permette di standardizzare le procedure e renderle ripetibili da qualunque operatore. In questo caso è particolarmente importante, poiché i pazienti sottoposti al trattamento radiante del distretto testa-collo devono essere inseriti in un programma di follow-up rigoroso. Ciò permetterà di evitare necrosi ossea per criticità sottovalutate in fase anamnestica e consentirà, una volta terminate le cure, la riabilitazione orale del paziente attraverso dispositivi protesici, in cui l’implantologia gioca un ruolo chiave.
Quanto sono frequenti queste situazioni?
Personalmente ritengo che questi pazienti debbano essere trattati in ambito ospedaliero. Nel Dipartimento ad attività integrata (Dai) testa-collo del Policlinico Umberto I dove lavoro, la percentuale di pazienti trattati si aggira attorno al 7-8% della popolazione che si rivolge al nostro istituto. Per quel che riguarda la fase riabilitativa, abbiamo circa 120-150 pazienti l’anno.
A trattare questi pazienti è coinvolto l’odontoiatra di famiglia o uno specialista che collabora in modo continuativo con gli altri medici?
Certamente questo è un servizio che va svolto in équipe.
Nel nostro Policlinico tutti i malati oncologici di pertinenza odontoiatrica vengono fatti confluire in un ambulatorio apposito chiamato Momax, istituito nel 2015 dal nostro direttore. Qui i pazienti vengono visitati dai vari specialisti: patologi orali, coordinati da Umberto Romeo; protesisti, coordinati da Giorgio Pompa e chirurghi maxillo-facciali, coordinati da Valentino Valentini. Ciascuna scelta terapeutica viene concordata durante un tumor board testa-collo settimanale, gestito collegialmente da Vincenzo Tombolini per la radioterapia, Antonella Polimeni per l’odontoiatria, Marco De Vincentiis per l’otorinolaringoiatria, Valentino Valentini per la chirurgia maxillo-facciale e Silvia Mezi per l’oncologia.
Qual è l’evidenza scientifica in proposito?
La letteratura è un po’ scarna sull’argomento, anche se da anni si discute sulla tempistica dell’inserimento implantare nei pazienti post-oncologici sottoposti a radioterapia. C’è per esempio chi riteneva corretto attendere un anno dal termine del trattamento, chi invece consigliava di lasciarne trascorrere almeno due. Ora possiamo dire con certezza che quello che conta veramente è sapere dove inserire gli impianti in base alla localizzazione e all’intensità dei raggi e che i postumi della radioterapia vanno sempre diminuendo nel tempo, anche se il decremento maggiore si ha durante il primo anno.
In cosa consiste la vostra proposta? Quale tipo di lavoro avete fatto per districarvi tra indicazioni non sempre concordanti e strutturate?
Il nostro modus operandi è dettato dall’esperienza maturata nel corso degli anni, dalla ricerca costante in questo settore e dal confronto giornaliero. Stiamo conducendo dei lavori sul follow-up dei pazienti oncologici allo scopo di poter dettare delle regole aggiornate alle terapie in atto. Abbiamo invece già pubblicato diversi lavori sulla possibilità di inserire impianti in osso irradiato.
La cosa fondamentale, quando un paziente deve intraprendere un percorso oncologico, è eseguire sempre una corretta valutazione del cavo orale e ponderare le criticità sulla base di quello che dovrà essere il percorso terapeutico concordato con i vari specialisti del settore. Ridotti gli eventuali rischi odontoiatrici, il paziente viene avviato alle cure del caso (radio-chemioterapia) rimanendo sempre sotto stretta osservazione dell’odontoiatra. Terminata la fase “acuta” si potrà procedere alla riabilitazione protesico-funzionale del cavo orale, che può prevedere l’utilizzo di manufatti convenzionali come di complesse strutture fissate a impianti endossei.
Quali sono le conclusioni del vostro studio?
In conclusione direi che è fondamentale sapere che ogni paziente può e deve aspirare a un ritorno alla vita normale dopo la malattia oncologica. Questa condizione, cui vogliamo far tendere ciascuno dei nostri pazienti, passa però attraverso un controllo rigoroso, multiplo e interdisciplinare della condizione dell’apparato odontostomatologico lungo ogni fase del trattamento. Solo attraverso un follow-up stretto sarà possibile riabilitare, successivamente a chirurgie demolitive o a trattamenti pesanti, i pazienti con le più innovative metodiche a nostra disposizione e con il minor rischio per la loro salute.
Renato Torlaschi
Giornalista Italian Dental Journal
PROTOCOLLO PER IL TRATTAMENTO ODONTOIATRICO DEI PAZIENTI SOTTOPOSTI A RADIOTERAPIA
Prima della radioterapia
Eliminazione dei focolai di infezione (estrazione dei denti non trattabili e profilassi antibiotica con somministrazione pre-operatoria di 2g di amoxicillina), trattamento di patologie preesistenti (carie, parodontite, candida, restauri incongrui), valutazione del flusso salivare, fluoroprofilassi, educazione del paziente (igiene e salute orale, esercizi fisioterapici, effetti della radioterapia).
Durante la radioterapia
Trattamento delle musositi, fluoroterapia, esercizi fisioterapici, rinforzo dell’igiene orale, impiego di schermi (radiation guard) attorno a restauri metallici che rischiano di essere degli hot spot. Le radiation guard consistono in dispositivi in polivinilsilossano (putty) atti a crare una barriera di almeno 5 mm tra il restauro metallico e i tessuti molli, allo scopo di ridurre il backscatter elettronico dal metallo ai tessuti.
Dopo la radioterapia
Corretta terapia antibiotica, trattamento della carie da radiazioni, igiene orale professionale, controllo dell’igiene dei dispositivi protesici, controllo della xerostomia, mantenimento della salute dentale, rieducazione all’importanza della salute orale e di frequenti visite odontoiatriche, evitare estrazioni dentali, monitoraggio di eventuali recidive locali del tumore.
Timing implantare
Evitare il trattamento durante la radioterapia. Qualora l’inserimento implantare sia programmato prima della radioterapia, questo va effettuato almeno 14 giorni prima dell’inizio della stessa. Nel caso la riabilitazione implantare sia programmata in seguito al trattamento radioterapico, è necessario attendere un periodo compreso tra 6 e 18 mesi dal termine della radioterapia prima di intraprendere la fase chirurgica (Pompa G, Saccucci M, Di Carlo G, Brauner E, Valentini V, Di Carlo S, Gentile T, Guarino G, Polimeni A. Survival of dental implants in patients with oral cancer treated by surgery and radiotherapy: a retrospective study. BMC Oral Health. 2015 Jan 20;15:5).
Dose
Per dosi fino a 50 Gy non si documentano rischi. Per dosi comprese tra 50 e 66 Gy si profila un rischio medio. Per dosi da 66 a 75 Gy si profila un rischio elevato e perciò è consigliabile evitare o ridurre comunque al minimo gli stress chirurgici. Per dosi superiori a 75 Gy è necessario astenersi da qualsiasi trattamento odontoiatrico.