Chi non ha mai sentito Michael Douglas raccontare del suo carcinoma orale e di come la sua comparsa sia stata “influenzata” dalle abitudini sessuali (orali) e dal legame con l’HPV. Chi non sa che Angelina Jolie ha optato per l’asportazione del seno “preventiva”, scongiurando un potenziale futuro sviluppo di tumore, a fronte della presenza di un gene predisponente. L’impatto che i media hanno sulla percezione della malattia e della salute da parte dei pazienti è enorme e molto spesso tenuta in troppo poco conto.
Il carcinoma orale colpisce in particolare i forti fumatori e gli alcolisti, oltre i 45 anni. La diagnosi avviene in un numero significativo di casi a stadi avanzati, a prognosi peggiore, causando circa 400.000 decessi l’anno a livello mondiale. La scarsa consapevolezza, da parte del pubblico, di come si manifesti questo tumore può giocare un ruolo fondamentale, motivo per il quale sono state promosse, negli ultimi anni, campagne di sensibilizzazione. Secondo uno studio, le persone colpite da cancro orale parlano del problema, in prima battuta, con i loro partner, con famigliari o amici, chiedendo l’aiuto di un medico solo tardivamente. Il motivo sembrerebbe risiedere proprio nella mancata consapevolezza.
Tenuto conto che il 95% dei pazienti si informa attraverso i quotidiani e le riviste, va da sé come i mass media possano in qualche modo modificare il comportamento del pubblico. È già successo per la riduzione della guida in stato ebbrezza e il numero di incidenti. Così potrebbe essere anche per il cancro orale, non fosse per il rischio di veicolare, invece, informazioni scorrette.
Proprio su questi aspetti verte l’analisi di alcuni ricercatori britannici, da poco pubblicata. Gli autori selezionarono tutti gli articoli su “cancro orale” e “cancro della bocca” usciti, dal 2011 al 2014, sulle pagine dei più noti quotidiani inglesi (Times, Telegraph, Independent) e tabloid (Daily Mail, The Sun, The Mirror). Furono identificati 239 articoli (78 da quotidiani, 161 da tabloid), a supporto di come il carcinoma orale sia meno affrontato rispetto ad altri tumori.
Si parlava soprattutto di scoperte più recenti, enfatizzandole, però, in modo inappropriato e fuorviante: ad esempio, l’uso dell’aspirina come cura contro il cancro della bocca. Venivano menzionati i fattori di rischio (fumo e alcol), ma raramente si metteva a conoscenza il lettore dei segni e sintomi della malattia o si davano informazioni su come ottenere una visita specialistica. Vi erano poi le storie di sopravvissuti, non comuni e inusuali, a contenuti altamente emotivi. Molti racconti vertevano su mancate diagnosi da parte dei medici e di come si fosse avuto aiuto da Google. Una terza modalità di articoli era rappresentata dagli inserti informativi sulla salute, con l’opinione di esperti. In questo caso, le informazioni erano in linea con le raccomandazioni mediche e si poneva l’accento proprio sull’educazione del lettore al riconoscimento dei segni e sintomi di malattia, con la possibilità di contattare medici e dentisti. Molti, poi, erano i brani che parlavano di personaggi famosi e della loro esperienza di cancro della bocca, proprio come Michael Douglas; celebrità in grado di aumentare l’attenzione del pubblico su questo poco conosciuto problema.
In generale, purtroppo, gli autori concludono come la qualità dell’informazione fosse scadente, mancante di informazioni accurate, spesso in discrepanza con le campagne di sanità pubblica. I media hanno un potere sul proprio pubblico rilevante: aumentare il loro senso di responsabilità sociale e sviluppare indicazioni per migliorare la qualità dell’informazione veicolata rimangono punti saldi da soddisfare per un intervento di successo.
Elena Varoni
Odontoiatra