Le recenti evoluzioni delle tecniche adesive hanno profondamente modificato i protocolli operativi dalla preparazione cavitaria al restauro finale, fornendo all’operatore la possibilità di intervenire con la minor invasività possibile nel risparmio di tutto il tessuto sano presente.
Il caso clinico illustrato è relativo al recupero diretto di un restauro di IV classe, a seguito di un fallimento adesivo ed estetico a carico di 1.1, intervento di elezione per un recupero estetico funzionale di un elemento anteriore con una compromissione medio-piccola. La tecnica di restauro diretta infatti rappresenta la scelta con minore invasività, grazie all’ausilio di sistemi ingrandenti: il sacrificio biologico di tessuto sano è ridotto ai minimi termini (posizionamento di un margine di finitura cavitario localizzato al solo versante vestibolare e la sola lucidatura della superficie cavitaria).
La fase iniziale dell’intervento prevede un set di fotografie che ci aiuteranno nella pianificazione del caso: una valutazione della forma e del contorno periferico, la macro e micro tessitura superficiale e la mappatura del colore. Constatata la congruità del precedente restauro, si esegue una mascherina guida in silicone diretta, che ci guiderà durante la fase di stratificazione delle diverse masse di composito selezionate (fig. 1).
Rimosso il restauro con degli strumenti manuali (escavatore) si procede al posizionamento di un bisello a 45¡ e alla rifinitura con un gommino da lucidatura dell’intera superficie cavitaria (fig. 2). Terminata la procedura adesiva, la scelta del materiale composito viene effettuata su due parametri fondamentali: 1) un materiale a bassa contrazione basato su di una nuova matrice (molecola uretanica), privo di Bis-GMA; 2) un materiale facilmente lucidabile (Venus Pearl, Heraeus Kulzer).
La prima massa selezionata è un clear, molto traslucente, posizionata in uno spessore sottilissimo in modo da garantirci una base sulla quale stratificare le successive masse (fig. 3).
Terminata la fase di polimerizzazione con una lampada a led multi-wave (Translux 2Wave), si procede a posizionare la massa di opaco OMC, che dovrà occupare l’intero margine di preparazione vestibolare, lasciando uno spessore di 0,5 mm per una massa universale e il margine incisale in modo da valorizzare le traslucenze presenti in questa pozione dell’elemento (fig. 4). Il restauro verrà completato posizionando due masse di universale a cromaticità decrescente A3 e poi A2, in modo da desaturare il colore. Terminata la stratificazione, si procede con la manovra di rifinitura in modo da eliminare il leggero sovracontorno ed esporre uno strato di composito correttamente convertito (lo strato di materiale non a contatto con l’ossigeno), infine si accenna la macro tessitura superficiale in modo da rendere la ricostruzione liscia (fig. 5).
Terminato il controllo occlusale, il paziente viene congedato. La fase di lucidatura verrà effettuata dopo 48 ore, in modo da lasciar terminare al materiale composito la fase di post-polimerizzazione. Si completerà la micro-tessitura superficiale in modo da rendere la superfice il più simile possibile a quella dell’elemento dentale. L’integrazione estetica della ricostruzione di IV classe dipenderà fortemente da quanto saremo stati bravi a rendere la superficie del restauro e il contorno periferico il più simile possibile a quella dell’elemento dentale (fig. 6). Il paziente, terminata la fase riabilitativa, verrà richiamato nel tempo per verificare la stabilità cromatica.
Questo tipo di tecnica diretta risulta la scelta elettiva per restauri di queste dimensioni, fornendo al clinico la possibilità di un successivo reintervento a bassa invasività dal punto di vista biologico. Sappiamo infatti che la longevità di una ricostruzione diretta in composito dipenderà da molti fattori legati al paziente (igiene orale, tipo di alimentazione, presenza di parafunzioni, ecc.).

Pier Antonio Acquaviva
Libero professionista a Carpendolo e docente all'Università di Brescia