La paziente L. S. telefona alle 23 lamentando un dolore insopportabile a un dente dell’arcata superiore sinistra. Per alleviarne le sofferenze decido di riceverla a mezzanotte, il tempo necessario per raggiungere lo studio e avviarlo.
La paziente localizzava il dolore nel terzo sestante, dove, a un esame ispettivo, tutti gli elementi risultavano protesizzati con corone in ceramica. A un esame radiografico tali elementi risultavano anche essere stati trattati enodonticamente. L’anamnesi recente riportava il ritrattamento di tutti gli elementi del sestante ad eccezione del settimo, che non mostrava apparentemente lesioni all’esame Rx.
La radiografia non forniva alcun suggerimento per la diagnosi, ma all’esame obiettivo il settimo rispondeva positivamente alla percussione e alla palpazione del fornice. Il sondaggio parodontale era negativo. È stata posta diagnosi di parodontite apicale acuta, per la quale si è valutato la possibilità di ritrattare il dente. Per risolvere l’emergenza alleviare il dolore alla paziente, si rendeva necessario un drenaggio e inizialmente è stato ipotizzato un drenaggio transcanalare iniziando immediatamente il ritrattamento. La radiografia presentava, però, un’anatomia canalare complessa e alla rimozione della corona è stato possibile constatare la presenza di due perni endocanalari inseriti nei canali radicolari.
Considerata la necessità di risolvere prontamente l’urgenza dolorosa e vista la complessità del ritrattamento dagli esiti incerti, si è proceduto all’estrazione del dente e al suo reimpianto intenzionale dopo la rimozione del tessuto infiammatorio e a seguito di una apicectomia con retrograda.
Questo tipo di soluzione aveva il vantaggio di essere molto più celere, di sollevare immediatamente dal dolore la paziente, oltre ad avere un esito più predicibile rispetto a un ritrattamento lungo, complesso e dagli esiti incerti. Quindi è stato estratto l’elemento dentario, che presentava tessuto di granulazione apicale, pur non essendo visibile alcuna reazione apicale nella radiografia.
L’elemento è stato sottoposto ad apicectomia e retrograda con Irm. Poi è stato conservato in soluzione fisiologica mentre nel frattempo veniva curettato l’alveolo in posizione apicale, preservando il legamento parodontale sulle pareti. Il dente è stato quindi inserito nell’alveolo e bloccato con un impacco chirurgico. La paziente, consultata il giorno seguente, ha riferito di non aver avvertito più alcun dolore dal momento in cui era stata praticata l’anestesia la sera precedente.
L’impacco parodontale è stato rimosso dopo una settimana e dopo 15 giorni è stato montato il provvisorio. Il caso è stato concluso con una corona in ceramica a distanza di un mese dal provvisorio. A distanza di 6 mesi il controllo radiografico e ispettivo era negativo e il caso è stato considerato concluso.

Luca Boschini
Libero professionista
Bravo!
salve luca, trovo geniale la risoluzione del caso, non avrei pensato ad una soluzione simile, e nemmeno ne avevo mai letto in letteratura. ha avuto altri casi simili in passato con successi a più lungo termine? o è stato anche per lei un estremo tentativo di salvare il dente? non ha pensato inoltre di splintare l’elemento per salvaguardare la mobilità?
grazie, saluti. glauco di giacomo.
ciao luca,complimenti per questo caso.Ho un unico dubbio,e cioè:alcuni anni orsono,ho reimpiantato gli elementi 11 e 21 dopo trauma intrusivo.Ho usato le tue stesse tecniche,però dopo circa 3 anni ho assistito ad un lento ed inesorabile riassorbimento radicolare.Questo avviene probabilmente per la anchilosi che si viene a determinare dopo il reimpianto.Spero che questo non avvenga e non mancherà a tè monitorarlo a dovere.Mi fà piacere che ci siano colleghi che come mè esplorano campi terapeutici sempre nuovi.Ciao a presto.
Carissimi, è da alcuni anni che mi dilettò in quelle che io definisco trasposizioni dentali chirurgiche, ossia reimpianti ed autotrapianti (se dovesse interessarvi nel sito è pubblicato anche un caso di autotrapianti di ottavi). Il follow up massimo che ho è di 7 anni, con meno dell’1% di insuccesso. Posso assicurare che nei casi programmati ed eseguiti in ambulatorio non ci sono i rischi si rizolisi, frequenti invece nei reimpianti post-traumatici. Per quanto riguarda lo splintaggio personalmente lo mantengo per una/due settimane. Normalmente un reimpianto intenzionale non sonda già più dopo 4 giorni, pertanto la stabilizzazione del dente è rapidissima. Nel caso degli autotrapianti ci può volere poco di più.
Se dovesse interessarvi l’argomento e voleste approfondire potete contattarci via mail all’indirizzo info@studioboschini.it
Il prossimo corso che terrò sul tema delle trasposizioni dentali chirurgiche è il 27 dicembre a Rimini (corso teorico-pratico di un giorno).
Eseguo normalmente la tecnica con successo. Per quanto concerne la mobilità questa si risolve rapidamente, perciò eliminò lo splintaggio precocemente. Ho aggiunto qualche altra informazione in un ulteriore commento al caso.
L’anchilosi con conseguente rizolisi non affligge i denti reimpiantati intenzionalmente, ma solo quelli post-traumatici per la difficoltà della gestione dei denti da reimpiantare da parte del soggetto traumatizzato o dei soccorritori. Ho aggiunto qualche altra informazione in un ulteriore commento al caso clinico.
Grazie!
Ciao Luca!
Bel caso, complimenti, ti invidio un po’!