Una paziente over 50 si rivolgeva alla nostra attenzione perché insoddisfatta dell’estetica dell’arcata superiore, caratterizzata da ampi diastemi dovuti all’agenesia di 1.2 e alla microdonzia di 2.2 (fig. 1).
Veniva proposto un approccio ortodontico per la chiusura dei diastemi e l’apertura dello spazio in 2.2, per poter successivamente procedere all’inserimento di un impianto in quella sede e alla protesizzazione di 2.2 con corona metal-free.
Al termine del trattamento ortodontico (dottoressa Francesca Capasso, Gaeta, Latina), considerato lo spazio ridotto tra 1.1 e 1.3, si procedeva dapprima all’inserimento di un impianto di diametro 2,75 x 10 mm di lunghezza (JDentalCare Icon) con approccio computer assistito, che tuttavia esitava in fallimento precoce, probabilmente a causa della ridotta superficie di osteointegrazione.
D’accordo con la paziente si decideva di inserire un nuovo impianto, Prama Slim 3,3 mm, short neck, lunghezza 8,5 mm (Sweden&Martina), previa temporizzazione di 2.2 con corona provvisoria in resina mediante approccio Bopt a sette giorni dalla chirurgia (fig. 2). L’impianto veniva pertanto inserito con protocollo computer assistito open flap, mediante software Smop-Swissmeda, utilizzando, in particolare, la programmazione di un anchor pin da 2 mm per la perforazione iniziale, per l’impossibilità di posizionare una sleeve tra i due elementi dentali 1.1 e 1.3.
La preparazione del sito implantare veniva finalizzata con inserti piezosurgery (Mectron) OT4 e IP-3 per la possibilità di un controllo microchirurgico intraoperatorio di asse e profondità dell’osteotomia e gli innegabili vantaggi della preparazione ultrasonica sulla guarigione ossea. Dopo verifica della posizione implantare protesicamente ideale, si posizionava la cover screw e si procedeva alla sutura mediante Ptfe 4-0.
A tre mesi dalla chirurgia, verificata la guarigione ossea e la salute dei tessuti molli, si procedeva alla temporizzazione dell’impianto in 1.2 con provvisorio in resina modellato secondo approccio Bopt, in modo da condizionare i tessuti molli perimplantari e ottenere una nuova parabola gengivale e nuove papille ideali, che venivano preliminarmente impostate sul modello di laboratorio (chirurgia del modello) (fig. 3).
I controlli a 3, a 6 e a 9 mesi dalla temporizzazione evidenziavano la maturazione progressiva dei tessuti perimplantari, con la possibilità, a questo punto, di procedere alla finalizzazione protesica, con corona metallo-ceramica in 1.2 avvitata previa incollaggio su moncone standard e corona in zirconia-ceramica su elemento naturale 2.2 (odontotecnico Giovanni Macone, Gaeta, Latina).
L’utilizzo di un impianto trasmucoso con collo narrow di altezza 1,8 mm ha consentito la stabilizzazione dei tessuti molli grazie alla posizione extra-ossea del microgap e, nel contempo, il loro condizionamento mediante provvisorio Bopt su moncone privo di linea di finitura (fig. 4). In questo modo, in maniera analoga all’elemento naturale 2.2, le forme impostate dall’odontotecnico secondo canoni estetici determinano l’imprinting dei tessuti perimplantari specularmente ad esse, permettendo così di realizzare un restauro biomimetico laddove l’elemento naturale era assente da oltre cinquant’anni (fig. 5).

Giuseppe Sepe
Libero professionista a Fondi (Latina)