Il paziente F.A., maschio, non fumatore, in buone condizioni sistemiche, di anni 55, si presentò alla nostra osservazione lamentando mobilità di tutti gli elementi e di un bloccaggio protesico superiore in oro-resina esteso da 14 a 24, alitosi e sanguinamento gengivale.
All’anamnesi odontoiatrica riferiva di non essersi più recato dal dentista negli ultimi 25 anni perché traumatizzato dal dolore sofferto per l’esecuzione dello stesso manufatto protesico.
All’esame obiettivo si rilevava una compromissione parodontale gravissima con significativa presenza di tartaro sopra e sottogengivale, sanguinamento gengivale provocato anche dal solo soffio di aria (figg. 1, 2 , 3 e 4).
All’esame radiografico si confermava il gravissimo danno parodontale con vaste aree di riassorbimento osseo alveolare.
La proposta terapeutica fu di eseguire la bonifica totale (estrazione di tutti gli elementi), la toilette chirurgica dei siti interessati dalla patologia, e successiva la riabilitazione implantoprotesica.
La tecnica proposta fu quella secondo il protocollo “Flat One Bridge”, che prevede il posizionamento di otto impianti nell’arcata superiore e sei nell’arcata inferiore, l’uso di un peculiare abutment (il “Flat Abutment”) e l’esecuzione del manufatto protesico definitivo in un tempo massimo contenuto entro le 72 ore (carico immediato, fig. 5).
Da protocollo, gli elementi dentari sono costruiti in composito.
Per quanto la tecnica impiegata consenta spesso di eseguire la protesi con denti “a vivo” ottenendo così un’estetica eccellente come di dentizione naturale, il caso specifico fu finito con flangia gengivale per ovviare alla imponente perdita dimensionale dei processi alveolari (figg. 6, 7 e 8).
Le arcate sono avvitate a un torque di 25Ncm e ciò rappresenta un vantaggio, potendo così facilmente smontare il manufatto sia in caso di una qualunque necessità di reintervento, sia per una ispezione profonda periodica.
Nel caso qui illustrato, essendo la linea del sorriso molto bassa e il rischio di reinfezione dei tessuti più probabile, abbiamo optato per non eseguire la chiusura definitiva dei fori passanti per le viti di fissaggio con composito, così da facilitare la periodica ispezione profonda (ogni sei mesi) (figg. 9, 10, 11 e 12).
Il presente lavoro è stato eseguito con la collaborazione del dottor Alberto Minnici

Vincenzo Bucci Sabattini
Libero professionista